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Per la veritàa quei tempi di mestieri strani Capello ne fece anche un altro: il manager berlusconiano, con doppiopetto blu, cravatta regimental e valigetta d'ordinanza come il capo richiedeva. E fu proprio quel Fabio, tutto Fininvest che diede a Silvio l'ispirazione temeraria e geniale: quella di affidargli il Milan del dopo-Sacchi. E lànacque la leggenda del vincitore cinico che mette sempre i punti davanti ai sorrisi. Vinse in rossonero 4 scudetti in 5 anni, ma Berlusconi si stufò dei suoi tanti 1-0, pensò che Fabio fosse passato di moda e che San Siro avesse bisogno di un Milan più spettacolare. Non ci volle molto perché Silvio si pentisse.
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Il Capello che ricompare alla Rai per spargere tecnica sulle telecronache azzurre, e fare opinione alla «Domenica Sportiva» ha alle spalle esperienze colossali. Oddio, certe seconde voci tecniche sarebbe meglio lasciarle ai loro primitivi mestieri, ma con Fabio il microfono non è mai sprecato. Ha competenza, conosce uomini e fatti del calcio intemazionale e si astiene da ogni tipo di piaggeria e opportunismo: dice le cose come stanno, di qua e di là. Bravo Aquilani, siamo sopraffatti sul piano fisico, gran gol di Juhasz, Cannavaro non doveva fare quel fallo, non ci siamo più, ahimé la Francia è vicina. Insomma, brutta Italia e buon affare per la Rai anche perché ipotizzo che il contratto di Capello costi come un caffè nella Gran Via di Madrid. Il direttore Massimo De Luca strizza l'occhio e conferma.
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Questo Capello di manica larga sarebbe un inedito assoluto. Gli statistici di virtù e debolezze umane sostengono che il Capello di manica larga è un inedito. Certo, la scienza è anche un po' noiosa, la voce di Fabio monocorde. E se la partita è fiacca, se gli azzurri crollano, Capello dovrebbe cantare per tenerci attenti e allegri. Non è il caso. A noi, Francia.
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Candido Cannavò
per "La Gazzetta dello Sport"
per "La Gazzetta dello Sport"