Facciamo un esperimento situazionista. Prendiamo l'audio di una tappa di Giro o Tour commentata dal duo
Bulbarelli-Cassani. Qualsiasi tappa di qualsiasi Gire o Tour. E poi sovrapponiamolo alla tappa in corso. Scopriremo d'aver realizzato il miracolo: un sottofondo telecronistico cadenzato da un ritmo un po' jingle e un po' relaxing music. Non il semplice "fuori sincrono" alla Enrico Ghezzi, ma qualcosa di più scientifico; una sorta di standard sonoro da associare a qualsiasi gara ciclistica,
la premessa per la robotizzazione dello sport televisivo. In quelle telecronache, infatti, trovate le stesse sonorità che porreste incontrare nello spogliatoio di un qualsiasi sauna-club mentre cavate i calzini dall'armadietto. Il medesimo pathos, soprattutto.
Scordatevi l'epica del ciclismo, e pure le imprese. Cosa c'entrano Coppi e Bartali, e Anquetil, e Merckx, se lo Zeitgeist ciclistico è incarnato dai Riccardo Riccò? Ogni epoca ha i suoi "heroes", e soprattutto i "villains" che si merita. Il duo Bu-Ca l'ha capito, e si adatta. Lo fa raccontando l'incedere del gruppo come fosse il corteo di un funerale di terza classe; o cantando un fuga solitaria col tono di un aggiornamento del "CIS - Viaggiare informati"; o mettendo nel racconto di un arrivo in volata un pathos da telepromozione di Mastrota. Forse non ci hanno mai pensato, o forse non hanno il coraggio di farlo. Ma se volessero potrebbero brevettare la loro medietà televisiva, quella virtù attenuante e scolorante che neutralizza le insidie poste dalla cronaca e dagli accadimenti. Che dove si è detto mai che i fatti in televisione non debbano essere governati, e addirittura debbano dettare l'agenda emozionale. Seguite le performance di Bulbarelli e Cassani, e diteci se quei due fanno mai una piega. La loro prova al microfono sembra un playback, e invece non lo è. Nelle loro telecronache c'è una verve da centrale dei taxi o da call center di multinazionale delle marmitte catalitiche. Il mito e l'epica non solleticano più nessuno, e di eroi sportivi la gente non sa che farsene, eccezion fatta per la carne da reality e gossip o per i testimonial di telefonia mobile e acqua che fa fare "plin plin". Perciò loro smitizzano. E raffreddano. Soprattutto, livellano.
Certo, dice che il Giro d'Italia è cambiato sicché non potevano non cambiare anche i suoi cantori. Più esatto dire che se il Giro d'Italia è cambiato è anche un po' a causa loro. Che al racconto della corsa più amata nell'immaginario popolare hanno imposto un timbro da estimo catastale, e quel timbro l'hanno diffuso attraverso il mezzo di comunicazione che con maggior diffusione racconta la corsa rosa. C'è stato un Giro narrato da Ferretti, e uno narrato da De Zan; entrambi avevano delle connotazioni precise. Adesso c'è un giro narrato da Bulbarelli-Cassani. Che forse una connotazione ancora la cerca, ma intanto ha imposto un mood. Il mood dell'anti-Giro. Quello per cui qualunque cosa succeda in gara non è il caso di scalmanarsi, o di stupirsi, o di alzare la voce. La gente a casa deve godersi lo sbadiglio, perché interromperle quell'emozione?
Pippo Russo
per "Il Riformista"
(10/05/09)