Oggi, durante le discussioni in Commissione al Senato riguardo alle prospettive di riforma del calcio italiano, sono state ascoltate le testimonianze di rappresentanti delle principali emittenti italiane che operano nel mondo del calcio. Uno dei contributi più rilevanti è stato quello di Federico FERRI, direttore di Sky Sport.
Le parole di Ferri si concentrano su diverse sfaccettature cruciali del calcio italiano e delle sue riforme necessarie. Egli evidenzia l'importanza di guardare oltre i risultati puri delle competizioni, sottolineando che essi non riflettono interamente la salute del movimento calcistico. Nonostante successi recenti dei club italiani in Europa, il problema fondamentale risiede nella qualità e quantità dei giovani talenti italiani emergenti, spesso sovrastati da stranieri nei campionati nazionali. Viene poi criticata la diminuzione del gioco spontaneo tra i bambini, attribuendo parte del declino alla prevalenza delle scuole calcio come unica porta di accesso allo sport.
Questo fenomeno, secondo lui, limita la formazione di talenti naturali e contribuisce a un calo dell'interesse giovanile nel calcio. La comparazione con altri sport in Italia, come il tennis o l'atletica leggera, che stanno vivendo un periodo d'oro, mette in luce la mancanza di modelli ispiratori nel calcio moderno. Il discorso sottolinea anche l'importanza di ripensare ai valori fondamentali del calcio e alla sua comunicazione, indicando che la passione per il gioco deve essere riaccesa per garantire un futuro sostenibile all'industria calcistica italiana. Infine, Sky esprime preoccupazione per il fenomeno della pirateria sportiva, che minaccia gli investimenti nel calcio e la sua capacità di innovare e crescere. In conclusione, si invita a un ritorno al gioco come fulcro dell'industria calcistica, suggerendo che solo riscoprendo e celebrando il gioco stesso sarà possibile rivitalizzare il calcio italiano a tutti i livelli, dai talenti emergenti fino alla competitività internazionale.
«Grazie Presidente, grazie per quest'opportunità. Anche alla luce degli interventi che mi hanno preceduto in questi mesi sulle prospettive di riforma del calcio italiano, provo ad affrontare questo tema dal punto di vista che mi è più congeniale, dal mio osservatorio, ovvero di quello di chi ha il privilegio di di guidare, ho visto che siamo in tema di allenare la squadra di Sky Sport che amiamo definire la casa dello sport e dunque anche del calcio perché ci occupiamo non solo ma sicuramente tanto, tantissimo di calcio, lo raccontiamo sette giorni su sette, 365 giorni all'anno e dunque vorrei sottoporre alla vostra attenzione qualche spunto che è legato fattori che emergono dal racconto quotidiano del calcio, dalla sua componente sostanzialmente agonistica, ma anche a tutto quello che c'è intorno e che è veicolato dall'informazione, dai media e anche dalla comunicazione diretta e non intermediata dei giocatori, dei detti elavori e dei club.
Quando la commissione ha avviato queste audizioni dal punto di vista dei risultati non era ancora successo quello che poi abbiamo visto adesso in questi giorni all'europeo con l'uscita dell'Italia di ottavi di finale arrivavamo già da due mondiali senza Italia con l'intermezzo di un Europeo vinto allora ci possiamo chiedere quanto i risultati possano fotografare lo stato di salute di un movimento? Beh, secondo quello che vi ho detto, ovvero un'alternanza di due mancate qualificazioni, di un europeo vinto e adesso di una pessima figura, probabilmente la peggiore negli ultimi 25 anni di una squadra, di una nazionale italiana in una grande manifestazione calcistica, ci lascia pensare che no. Il risultato non può completamente descrivere lo stato di salute di un movimento e nemmeno una vittoria magari episodica.
Questo vale anche per i club. Se guardiamo ai risultati delle squadre italiane in campo europeo nelle ultime due stagioni troviamo una squadra finalista in Champions League, due in Europa League, una per due volte in Conference League e una di queste l'Atalanta ha vinto Le squadre italiane hanno conquistato il diritto di avere cinque squadre nella prossima Super Champions League, dunque una in più di nazioni che hanno campionati in questo momento di livello più alto del nostro. potremmo dire che i risultati nelle ultime due stagioni sono certamente positivi, ma questo non presuppone il fatto che il movimento calcistico che sta alla base, a maggior ragione per quanto riguarda i club, sia completamente in salute e sappiamo che non lo è. Torniamo però alla nazionale perché certamente è lo specchio dei problemi del calcio italiano o perlomeno ha l'effetto di essere un evidenziatore di questi problemi.
Abbiamo parlato in questi giorni di giovani, di pochi giovani, di tanti stranieri È tutto vero, c'è del vero, ma se andiamo a vedere i numeri un po' più nel dettaglio, si è parlato anche di un centinaio di giocatori selezionabili per Spalletti tra gli italiani che giocano in Serie A. In realtà sono un po' di più, sono 218 nell'ultima stagione, ma poco cambia da questo punto di vista. Sono appena il 35% del totale dei calciatori che giocano in Serie A. E' poco, soprattutto se il talento di questi giocatori non è eccellente, ma dobbiamo dire che nel campionato che noi oggi riteniamo, secondo me, correttamente il migliore d'Europa, la Premier League, la possibilità di scelta per il CT Southgate è del 32%, quindi ancora inferiore rispetto a quello che ha avuto Spalletti. Il problema è che questo 32% ha evidentemente un livello di talento più alto e non solo. Ci sono le esperienze dei giocatori all'estero che certamente aiutano non soltanto la nazionale inglese, ma anche le nazionali più forti, un po' meno per quanto riguarda quella italiana.
Cè un problema dunque non solo di numero di giocatori ma di qualità di giocatori italiani e della base di quantità che permette di sceglierli e selezionarli e di portarli all'agonismo di alto livello che è un'altra cosa è un'altra vita è un altro mondo rispetto a quello di livello minore e in generale alla pratica sportiva dunque produciamo pochi giocatori di alto livello e questo vale prima ancora del fatto che siano italiani o stranieri come utilizzo nei campionati. Se avessimo uno Yamal italiano, che il giocatore che ieri ha segnato quel gol meraviglioso è il più giovane giocatore ad aver segnato un gol nell'europeo che ha contribuito alla qualificazione della Spagna contro la Francia, quasi sicuramente lo faremmo giocare. Non ce l'abbiamo. In questo momento non riusciamo neanche a arrivare vicino alla formazione di un giocatore del genere e mi permetto di dire anche all'educazione, all'agonismo e al professionismo di giocatori del genere. e nemmeno li andiamo a cercare nel potenziale bacino dei nuovi italiani, arricchendoci di talenti come ad esempio fa la nazionale di atletica leggera che abbiamo visto straordinaria ai recenti europei a Roma. Il punto è che, senza bisogno di tanti numeri, appare evidente che i bambini, i ragazzi, giocano di meno a pallone.
Qualche giorno fa il Presidente della Lega di Serie C, Matteo Marani, mi ha riportato una cosa che gli aveva detto il Vice Presidente Gianfranco Zola, che è uno dei più grandi giocatori come talento della storia del calcio italiano, un po' provocatorio, gli ha detto che quando ero piccolo io mi ricordo che giocavo 6-7 ore al giorno, adesso giocano 6-7 ore alla settimana quelli che frequentano una scuola a calcio, perché ha fatto questa provocazione per esprimere comunque una verità, ovvero che la scuola calcio è l'unica porta di accesso allo sport e al calcio ormai. Come diceva il direttore Jacopo Volpi, questa porta di accesso ha dei limiti. Intanto merito alle scuole calcio, merito agli istruttori, merito enorme a chi spende, a chi fa sacrifici per l'attività di base e a chi trasmette i valori attraverso le scuole calcio.L'assenza del cortile, l'assenza della strada, l'assenza dell'oratorio, da questo punto di vista, porta i ragazzi a giocare di meno. Come abbiamo sottolineato prima, non si può giocare a calcio a scuola. difficilmente in alcuni casi si fa educazione motoria, figuriamoci giocare a calcio, prendete il modello degli Stati Uniti dove invece il calcio è considerato un'attività altamente formativa per i ragazzi, anzi per i bambini, è uno dei sport più praticati a livello di scuola dai bambini e soprattutto dalle bambine e qui non affrontiamo il problema del calcio femminile che a mio parere è messo peggio. ancora rispetto al calcio maschile. Sono accaliorato per questo tema visto che a Sky Sport siamo stati per anni broadcaster del calcio femminile, che a mio avviso è messo peggio del calcio maschile.
Ma c'è ancora una questione più profonda che a mio parere va considerata. Un articolo sul quotidiano "Il domani" di Angelo Carotenuto mi ha riportato alla memoria un'indagine che avevo letto qualche anno fa, della De Agostini, che segnalava che il messiere del calciatore non era più al primo posto, diciamo, nei sogni dei bambini. Era scivolato al quarto. Ora, quei bimbi sono cresciuti, guardano meno calcio, magari fanno sport diversi, o vogliono fare i cantanti, i chef, mi cito un po' i nostri programmi, gli influencer bravi, ma al di là di questo dubito che i risultati oggi di una inchiesta del genere sarebbero molto diversi. Dunque, a mio parere, quando parliamo di riforme del calcio, credo che non possiamo non affrontare il tema del sistema valoriale che sta alla base del calcio. Perché il calcio è fatto anche dalle famiglie, è fatto anche dai genitori che spingono i bambini a fare uno sport o a farne un altro. E questa riforma non è meno importante di quelle, diciamo, che chiamiamo della politica sportiva o del sistema.
Quel sogno, quell'ambizione di diventare atleti, di diventare agonisti importanti nel mondo dello sport oggi è occupato da altri modelli, da nazionali e campioni che primeggiano in altri sport, questo può accadere nella dinamica del tempo che che cambia, dei campioni che cambiano, però abbiamo in questo momento il miglior momento della storia nel tennis italiano con campioni come Yannick Sinner o Jasmine Paolini che stiamo celebrando proprio in questi giorni. Abbiamo una nazionale atletica che è la più forte di tutti i tempi in ambito europeo e anche per i risultati ovviamente ottenuti in ambito mondiale e olimpico. Abbiamo due nazionali che possono andare a vincere il titolo di volley a Parigi adesso, alle prossime Olimpiadi. Una nazionale di nuoto straordinaria, la valanga rosa nello sci con Goggia e Brignone. Ne cito soltanto alcune di queste eccellenze però come abbiamo detto prima il punto non sono soltanto i risultati e dunque dovrebbe valere anche per questo.
Il tema centrale però è che questi campioni sono stati in grado di creare un meccanismo ispirazionale che il calcio in questo momento difficilmente riesce a creare e questo ha anche ricadute sul sistema economico del calcio perché questi campioni stanno creando praticanti, stanno creando affezione nei confronti del gioco, stanno creando, e lo dico essendo appunto orgogliosamente da questo punto di vista la casa dello sport, nell'ambito degli ascolti televisivi nel mio lavoro quotidiano a Sky Sport mi rendo conto, se voi andate a vedere i titoli di Sky Sport 24 degli ultimi due anni, lo spazio occupato dagli altri sport è stato nettamente in crescita, non soltanto per scelte diciamo editoriali, ma anche proprio dettate dai risultati sportivi, dalle storie che questi campioni raccontano, dall'esempio che questi campioni trasmettono.
E allora da questo punto di vista il luogo comune che sia affermato nel mondo del calcio, anche a proposito dei valori trasmessi dai calciatori, rischia di avverarsi e non è giusto e non è così, perché se andiamo a vivere il calcio, se andiamo a vivere questo mondo, e come detto un luogo comune, da questo punto di vista l'età dell'oro degli altri sport deve dare al calcio un insegnamento, perché quella passione intorno al calcio, allo sport, continua ad esserci. Dobbiamo certamente ripartire dai valori e anche da come il calcio comunica, come racconta, dall'immagine che dà di sé, perché abbiamo visto, senza voler parlare in questo momento di centri federali, di strutture che devono cambiare, dei lavori affrontati anche in questa Commissione, ripeto dove non torno, però penso che la necessità nell'ambito di un'industria, perché il calcio è un'industria, non possa prescindere dal fatto che l'industria si basa sul gioco.
Non sono alternative le due cose, ma c'è un problema, senza il gioco scompare l'industria e noi dobbiamo parlare del gioco, dobbiamo raccontare il gioco e raccontarlo negli aspetti che possiamo celebrare anche come positivi, cioè portarlo nelle case in modo da farlo vedere, da fare appassionare di nuovo i ragazzi al calcio. Da questo punto di vista credo che sia molto importante quello che è stato detto prima, togliere mezzi, strumenti ai club, a chi lo racconta, ai broadcaster attraverso il parassita della pirateria è drammatico per il nostro futuro, è drammatico per quello che il calcio deve diventare e per gli strumenti che deve avere per cambiare. E come nel doping, l'antidoping è sempre più forte rispetto a chi lo combatte, c'è il dovere, e qui devo ringraziare quello che sta facendo questo Parlamento in questo senso, di continuare a rincorrere, di continuare a provare ad arrivare vicini alla pirateria.
Però ripeto, torno a dire, si parla poco di gioco. Il gioco deve tornare al centro, il gioco deve tornare a essere l'elemento attraverso il quale l'industria del calcio tornerà e deve tornare, perché in questa situazione questa china è certamente pericolosa, ad essere quella che ci può portare anche dal punto di vista dei risultati agonistici a tornare al vertice.»
Articolo di Simone Rossi
per "Digital-News.it"
(twitter: @simone__rossi)