E’sempre l'ora di Beautiful. In estate, però, il fenomeno diventa più vistoso, persino imbarazzante per gli altri programmi. Beautiful è quasi ogni giorno lo show più seguito dell'intero palinsesto, in passato ha battuto il Grande Fratello, porta Canale 5 in testa alle classifiche, arriva al trenta per cento di share. Date cioè cento persone che guardano la tele, trenta seguono la regina delle soap opera, letteralmente, «opera-saponetta ». La definizione deriva dai primi sponsor del capostipite del genere, Sentieri, ancora radiofonico: produttori di saponi e detersivi. E' caratterizzata da un tipo di produzione a basso costo, registrazione di una puntata al giorno, divisa su più set, senza particolari interventi registici.
Però Eric Forrester in persona, cioè John McCook, spiega il successo con l'estrema professionalitàdegli interpreti: «Lo so benissimo che non sto recitando Tennessee Williams né Arthur Miller, ma la serietàmia e dei colleghi è la stessa. Tanto le storie di Beautiful sono pazze, inverosimili, incredibili, quanto noi attori recitiamo in modo rigoroso, impeccabile, tradizionale. Proprio questo contrasto estremo tra la follia del racconto e la nostra serietà, è uno dei più trucchi di tanto successo».
Talvolta qualche puntata si gira in Europa, e i protagonisti vengono accolti con immutato affetto dovunque essi vadano. A Parigi, Mc- Cook è stato festeggiato quale veterano: interpreta il personaggio da vent’anni, su Canale 5 dal 1990.
Non è stanco del ruolo?
«E' lavoro. Un lavoro che mi permette di crescere i figli serenamente, di avere tempo libero e di visitare luoghi meravigliosi, come adesso Parigi. Inoltre Eric Forrester si evolve: da quando ha scoperto che Ridge (il famoso «mascellone », n.d.r.) non è suo figlio, è diventato molto più arrabbiato».
Dopo tutti questi anni, non ne potràpiù dei colleghi.
«Cerchiamo di andare d'accordo: con tutto il tempo che stiamo insieme, se ci mettiamo a litigare è un disastro. Soprattutto non lavoriamo più bene».
Lavoro, lavoro: lei è uno stakanovista?
«Al lavoro ci tengo, certo, e ci tengo ad Eric Forrester: visto che mi dàla possibilitàdi vivere bene, di cantare e suonare il pianoforte nel tempo libero, di fare set a Portofino, a Venezia, a Parigi. Voglio intepretarlo nel modo migliore. Rispettarlo, farlo crescere e invecchiare: nella piena consapevolezza della sua perfetta follia».
Un convinto «travet» della soap regina d'estate. Proprio in questa stagione partì, in sordina, per colmare la pausa vacanziera di Quando si ama. Dal debutto, anno 1987, titolo originale The Bold and the Beautiful, le storie si sono susseguite secondo uno sviluppo che niente deve alla credibilità. Si intrecciano rapporti d’affari, matrimoni, agnizioni, incesti, aborti. La stessa donna sposa uno dopo l’altro tutti i componenti della famiglia, poi viene ripudiata, poi ricomincia ad amare e torna in societàmentre il suocero, che è anche suo marito, si riprende la vecchia moglie.
Ben poco di realistico si trova nelle vicende narrate, ma in questo caso nulla di realistico il pubblico chiede. Può essere che seguire gli sviluppi di queste storie nello stesso tempo inverosimili, volgari e amorali, rappresenti una sorta di catarsi, come accadeva, se fosse lecito paragonare le grandi alle piccole cose, nella tragedia greca: io guardo tutto questo, che è altro da me, ma potrebbe anche essere parte di me, e guardando mi purifico.
Inoltre, la struttura modulare fa sì che ogni spettatore si possa agganciare quando meglio crede. Potràsempre capire a che punto è arrivata la storia, e eventualmente cominciare ad appassionarsi.
E' appena uscito un libro, Morellini Editore, che rende bene l'idea: si intitola 101 motivi per non smettere di guardare Beautiful. L'ha scritto Giustina Porcelli, che normalmente disegna fumetti ed era adolescente quando la soap debuttò. Adesso analizza con dovizia di particolari e buon umorismo i motivi di un successo, personaggio dopo personaggio.
Sentenza fulminante: «Cos'è Beautiful?
E' l'apostrofo rosa pallido fra trash e cool».
Alessandra Comazzi
per "La Stampa"