D'altronde: i reality non piacciono più; i varietà hanno fatto il loro tempo poiché in tv tutto è varietà e poi costano troppo, come i film più recenti; le idee nuove sono un' incognita e quindi nessuno le finanzia; persino le partite, quando non decisive, paiono aver stancato. Che resta dunque (nelle prime serate, si capisce, il resto va in autonomia)? Resta la fiction, sceneggiati e telefilm, squisito «specifico televisivo», che non a caso imperversa su reti pubbliche e private, generaliste e tematiche. Troppa grazia. Da quando hanno capito che le storie colpiscono facilmente l'emotività di investitori pubblicitari e spettatori, di storie ci invadono.
Pure Sky ne approfitta: ormai non si può più seguire una serie senza essere continuamente interrotti dalla pubblicità. Una raffica di sport imponente, martellante, per la quale si sborsano i soldi dell'abbonamento. Che succede? Stanno esagerando: dalle emittenti a pagamento non si accetta con serenità la stessa pubblicità, se non maggiore, di quella che passa su canali percepiti come gratuiti, quali i canali Mediaset.
E dunque, a proposito di storie: l'altra sera Lunetta Savino, appena terminato Raccontami è tornata su Raiuno con Il figlio della luna, dove ha interpretato la «madre coraggio» di un ragazzo handicappato, che arriva a laurearsi in fisica nucleare. Appunto una bella storia, diretta con mano ferma da Gianfranco Albano. E dire che tutto cominciò con le saponette: con Sentieri, che ha compiuto 70 anni giusti. Nacque alla radio, sostenuta dalla reclame del sapone. Di lì le «soap opera», croci e delizie di ogni tv.
Alessandra Comazzi
per "La Stampa"