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Nicol Carosio, una voce nel pallone

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Fonte: Quotidiano Nazionale

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Televisione
  mercoledì, 14 marzo 2007

«Amici italiani in ascolto, qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta...».

Ha dato la voce al calcio, e lo ha fatto grande, di tutti. Era il primo gennaio del 1933, al Littoriale di Bologna. L'Italia batte tre a uno la Germania, gol di Meazza, Costantino e Schiavio. La partita non passerà alla storia per la vittoria, ma per l'esordio a bordo campo di un giovanotto palermitano, secco, con i baffetti, un microfono sul tavolino.

La prima delle tremila radiocronache di Nicolò Carosio. Da quel giorno, l'Italia cominciò a diventare un immenso stadio, aperto a tutti. I baffetti, il cappello, la cravatta, il microfono, gli stessi raffigurati nel francobollo celebrativo in uscita domani, per il centenario della nascita del primo, grande, a suo modo unico radio-telecronista.

Figlio di un funzionario di dogana genovese e di una pianista inglese, il giovane Carosio entrò in contatto con il grande calcio britannico di allora grazie alle conoscenze della madre, e fu in occasione di un soggiorno a Londra nel '31 che sentì per la prima volta commentare una partita di calcio alla radio da Herbert Chapman, l'allenatore che aveva inventato il Sistema, una famosa tattica di gioco. Ne rimase folgorato, e cominciò ad esercitarsi nel retrobottega di un piccolo negozio di radiofonia.

Il Francobollo dedicato a CarosioStavano per nascere con lui i radio-days di quell'Italia lontana, fra i «tuli-tuli-tuli-pan» del Trio Lescano, il «Baciami piccina» di Rabagliati, e l'immancabile usignolo che ne scandiva i programmi e quei romantici spazi pubblicitari, altro non era che un richiamo da caccia, acquistato per caso in un negozio di Faubourg St.Honorè da un dirigente dell'Eiar in viaggio a Parigi.

Quell' Eiar dove Carosio entra nel 1932, quando gli abbonati alla radio del regime sono poco più di duecentomila (sarebbero diventati un milione nel giro di cinque anni), dopo aver superato un provino con una cronaca simulata del derby di Torino.

La voce forte, elegante, calda, quel modo di raccontare il calcio, anzi narrarlo, come una battaglia. Prima di lui, c'era il «trasmettitore ufficiale» dell'Eiar, un «certo» ragionier Trinchieri».

All'inizio, Carosio non si fidava del nuovo lavoro, non abbandonò subito il suo impiego alla «Shell».

Cominciò a cambiare idea quando raccontò a milioni di italiani, incollati alla radio, il primo titolo mondiale nel '34, la finale con la Cecoslovacchia, la sua voce che arrivava con il fruscio in sottofondo delle trasmissioni in onde medie:

«Meazza scatta, fornisce a Guaita un pallone perfetto, Guaita scorge Schiavio ben appostato...un passaggio millimetrico...Schiavio è sfinito, chiama a raccolta l'ultimo fiato, aggira il terzino è tira, la palla batte sulla faccia interna del palo e rotola in rete», la sua radiocronaca del gol decisivo. Epica pura, per il calcio.

Quattro anni dopo, per il bis mondiale di Parigi, c'era sempre lui, Carosio, ai microfoni. Una postazione che ha mantenuto per oltre trent'anni, passando alla tv nel 1954, anche se era stato con la radio che aveva fatto sognare gli italiani.

Capace  anche di intervistare Meazza prima del fischio d'inizio di una partita internazionale, cose impensabili se confrontate con i sistemi attuali, o di nascondersi fra i bagagli della squadra in Jugoslavia, nel '39, per sfuggire ai proiettili.

Carosio che inventò l'immortale «quasi gol», che viveva e descriveva la sua partita, non sempre coincidente con quella reale, nello stile di allora, molto diverso da quello di oggi, con una cronaca mai strillata, che spesso si limitava ai nomi dei giocatori, ma in modo sempre appassionato.

Quella passione che lo portò fuori strada in occasione di Italia-Israele nei mondiali del 1970 in Messico, quando gli scappò in diretta «ma cosa vuole quel negraccio?» rivolto al guardalinee etiope che aveva annullato due gol di Riva. L'ambasciata etiope protestò, Carosio fu richiamato e l'Italia venne affidata a Nando Martellini, che l'avrebbe accompagnata fino al terzo titolo mondiale, nell'82 in Spagna.

Un incidente, anche se rischia di essere ricordato come l'episodio più importante della sua carriera da romanzo. Pensionato Rai dall'anno successivo, continuò a prestare la sua voce a radio e tv private e tenne anche una rubrica su Topolino, diventando popolare fra i ragazzi che non avevano sentito le sue telecronache.

E' morto nell'84, lasciando il ricordo e il fascino della sua voce, di quel momento di attesa e di festa quando arrivavano le sue prime parole: «Amici sportivi italiani in ascolto, qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta...».

Alessandro Fiesoli
per "Quotidiano Nazionale"

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