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Rai, da piano news a Anac due anni sulla graticola per il dg Campo Dall'Orto

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Fonte: Ansa

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Economia

 Rai, da piano news a Anac due anni sulla graticola per il dg Campo Dall'OrtoL'avventura in Rai di Antonio Campo Dall'Orto, che poche ore fa ha rimesso il mandato nelle mani dell'azionista, era cominciata il 6 agosto 2015, quando il nuovo dg si era presentato al settimo piano di Viale Mazzini in completo e cravatta blu, zaino porta computer in spalla, in perfetto stile Leopolda. Pochi giorni prima Matteo Renzi lo aveva incontrato per lanciarlo verso la sfida del rinnovamento dell'azienda. E sembra passato un secolo da quando l'allora premier lo definiva «uno dei più interessanti innovatori della tv pubblica».

Da allora i rapporti con gli esponenti del Pd e, secondo le indiscrezioni, con lo stesso segretario si sono via via raffreddati. Fino allo stop del cda al piano news di lunedì scorso, che ha messo fine alla sua era. I rapporti al vertice di Viale Mazzini si sono con il passare dei mesi logorati, forse anche come conseguenza di una situazione normativa transitoria che assegna al dg gli ampi poteri previsti per l'amministratore delegato nella riforma voluta dal passato governo, lasciando però intatta la composizione dell'organismo collegiale di diretta espressione della commissione di Vigilanza e quindi dei partiti. I due membri eletti dal centrodestra Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca hanno da subito criticato la gestione di Campo Dall'Orto, ritenuta troppo schiacciata sul centrosinistra, poi però anche Guelfo Guelfi, Rita Borioni e Franco Siddi, indicati dal Pd, hanno marcato la loro distanza dal vertice. A pesare è stata anche la differenza di vedute, andata via via a crescere, con la presidente Monica Maggioni, che ha dato il colpo di grazia con il clamoroso no al piano dell'informazione su cui il dg si giocava gran parte del mandato. Già il predecessore Luigi Gubitosi aveva dovuto tribolare sul suo progetto per le news, che prevedeva due newsroom, ed era stato contestato dall'interno e poi archiviato.

Campo Dall'Orto aveva deciso di affidarsi, per portare a termine l'impresa, a Carlo Verdelli, costretto però a dimettersi a gennaio dopo che la sua bozza, che prevedeva tra l'altro il trasferimento del Tg2 a Milano, era stata giudicata inadeguata dal cda. Non è servito al dg avocare a sé la riscrittura del piano. Gli attacchi sono diventati quotidiani, soprattutto dai renziani, capitati da Michele Anzaldi, all'indomani dell'apertura di un'indagine dell'Anac sulle nomine esterne, a partire da quella del capo alla sicurezza Genseric Cantournet, finita nel mirino per conflitto di interesse. Le durissime parole del presidente dell'Autorità Raffaele Cantone, che ha parlato della Rai come «il suo più grande insuccesso», hanno reso ancor più pesante l'atmosfera. Proprio questa inchiesta, che ha portato il collegio dei sindaci a ipotizzare un possibile danno erariale, ha spinto alle dimissioni il consigliere centrista Paolo Messa. Alla fine, per paradosso, a difendere il dg è rimasto solo Carlo Freccero, consigliere indipendente indicato dai 5 Stelle. Insieme a lui, tutti gli esponenti di spicco del Movimento si sono schierati con il dirigente, accusando il Pd di volerlo defenestrare perché poco accondiscendente.

Campo Dall'Orto ha difeso quotidianamente il suo lavoro, la nascita di Rai Play che ha lanciato l'offerta on demand e il rinnovamento dei palinsesti con il lancio di programmi come Nemo e la satira di Virginia Raffaele, le sperimentazioni su Rai2, la cultura in prima serata sui canali generalisti (come la danza su Rai1 con Roberto Bolle, le serate divulgative di Alberto Angela, la recente 'orazione civile' con Fabio Fazio su Falcone e Borsellino). Ma sono state, come da tradizione, le trasmissioni di informazione il vero campo di battaglia. La chiusura di Virus con Nicola Porro è stata vista come uno sgarbo al centrodestra, quella di Ballarò con Massimo Giannini come un favore ai renziani, che non hanno però mandato giù il debutto in prime time di Bianca Berlinguer. Nel mezzo il flop di Politics di Gianluca Semprini, ma prima ancora la politica aveva affilato le armi contro l'ospitata dei Casamonica a Porta a Porta e il pasticcio del Capodanno 2016 tra anticipi orari e bestemmie.

Il cammino è stato accidentato anche sotto il profilo dei conti aziendali: il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha più volte contestato al dg, oltre all'assenza di un vero piano industriale, un'insufficiente azione sul fronte dei risparmi e degli investimenti in grado di favorire la crescita della tv pubblica anche all'estero, nonostante i maggiori introiti derivati dall'introduzione del canone in bolletta. Una mazzata per le tasche dei dirigenti è stata poi l'introduzione del tetto di 240 mila euro agli stipendi in Rai. L'estensione del limite anche agli artisti ha fornito materiale per l'ultima ondata di polemiche, ancora non chiusa, con l'azienda schierata in difesa della propria libertà imprenditoriale e della permanenza dei volti noti e la gran parte degli esponenti politici, ancora una volta sul fronte opposto, in prima linea contro i mega compensi delle star.

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    Televisione
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