La trattativa fra Tim e Dazn appena conclusa – e che ha portato alla fine dell’esclusiva che legava la app a Timvision con l’impossibilità per Dazn di essere presente in altri set-top-box – attiene a una sfera commerciale «che va tenuta distinta dalla reale portata strategica». Perché «la collaborazione sul versante tecnologico fra Dazn e Tim è preziosa. Non considerarla per il miglioramento della qualità della rete in Italia significherà sprecare un’enorme occasione».
Franco Bernabè – 74 anni, due volte ceo di Telecom Italia, un passato in Eni fra i vari incarichi e attualmente presidente di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) – è da febbraio senior strategic advisor di Dazn. Una figura di consulenza e rappresentanza, la sua, per una società che in Italia è guidata da marzo da Stefano Azzi e che ha vissuto un primo anno complicato come pivot della Serie A (per 840 milioni a stagione Dazn si è assicurata, in partnership con Tim, i diritti esclusivi di tutte le 10 partite a settimana del massimo campionato con tre partite in co-esclusiva con Sky).
Bernabè che racconta il suo punto di vista oggi ad Andrea Biondi per il "Sole 24 Ore" è uno degli imprenditori italiani più illustri del Paese con un’indiscussa esperienza nel settore delle telecomunicazioni; in particolare è stato CEO e Presidente di TIM, il principale gruppo italiano di telecomunicazioni e partner di distribuzione di DAZN. Conosciuto come leader con grande visione strategica e di valori, Bernabè è diventato uno dei dirigenti più affermati d’Italia negli anni ’90 quando è stato ai vertici di Eni, facendola diventare la rispettata multinazionale che è oggi. Successivamente si è occupato del risanamento di TIM, affermando la sua reputazione di CEO esperto di turnaround.
Da allora ha ricoperto posizioni di rilievo nel settore ICT ed è un ambito consigliere strategico e membro di consigli di amministrazione. Le competenze di Bernabè – economista qualificato ed esperto in regulatory affairs – saranno strategiche per un’azienda come DAZN che collabora con le autorità e gli stakeholder nella definizione di nuovi standard per i servizi di streaming over-the-top (OTT) in Italia. Standard che diventeranno benchmark nel resto del mondo, in un momento in cui la trasmissione dei contenuti in diretta sta migrando sempre di più online.
La partenza ha risentito di problemi tecnici che, però, Bernabè si sente di escludere per la nuova stagione di Serie A ai blocchi di partenza:
«Sono stati fatti investimenti importanti. La stessa Autorità ha riconosciuto un cambio di passo con il nuovo management. E sarà una Serie A che partirà senza problemi Quella di Dazn non va considerata solo come l’esperienza di un fornitore di un servizio alternativo alla Tv lineare o attraverso cui fruire di eventi sportivi in maniera differente rispetto ai mezzi tradizionali, piuttosto è un’occasione per il rafforzamento digitale del Paese».
Beh, va detto che al tifoso che paga un abbonamento quello che interessa è fruire dei contenuti senza “rotelline” o interruzioni. Forse è troppo chiedergli un sacrificio in nome della digitalizzazione del Paese.
«Non c’è dubbio. Percezioni diverse fra i clienti che usano tecnologie differenti non sono tollerabili. Tutto quello che è accaduto agli inizi ha comunque rappresentato uno stimolo fortissimo per “dare il la” a un potenziamento tecnologico molto rilevante. Adesso la qualità si vedrà e sarà il frutto di tutti gli investimenti fatti. C’è tuttavia un aspetto più generale da considerare».
Quale?
«Il mercato televisivo si sta evolvendo rapidamente e il modello dello streaming è in fase di definizione. Ma il declino della Tv lineare è sotto gli occhi di tutti».
I broadcaster, a partire da Mediaset, la pensano diversamente ed esibiscono dati di audience e di raccolta pubblicitaria molto importanti.
«In Italia c’è stata una situazione peculiare. La Tv in chiaro da noi ha puntato sulla qualità molto più che in altri Paesi dove quel compito è stato appannaggio delle pay tv. Ma la tendenza a livello mondiale c’è ed è chiarissima. Lo streaming, favorito dalla diffusione delle connected Tv, diventerà la forma più importante di fruizione di contenuti audiovisivi. E quelli sportivi sono contenuti pregiati, sicuramente i più attrattivi.»
Però il primo anno della Serie A su Dazn non è propriamente l’emblema di un successo. L’accordo con Sky, seguito a quello con Tim, non è indicativo delle grandi difficoltà dello sport attraverso lo streaming?
«Come per l’accordo con Tim, occorre distinguere gli aspetti commerciali dagli altri. L’intesa con Sky si traduce in possibilità in più per gli utenti. Ma la validità del modello dello sport in streaming resta centrale. Il tutto all’interno, come ho detto, di un quadro in evoluzione come testimoniano i grandi deal cui stiamo assistendo. Penso ad Amazon che acquisisce Mgm o anche Discovery che fa sua WarnerMedia. Qui però sta il punto: l’avanzare dello streaming non può che avere un impatto sulle reti di Tlc che non erano concepite per un carico così importante. E questo vuol dire investimenti. Degli Ott come Dazn, ma anche delle società di telecomunicazioni, Tim in primis per l’Italia. In questo caso c’è poi tutto un passato di innovazioni e investimenti da ricordare. Il protocollo di streaming video, l’Mpeg, è stato sviluppato grazie a Telecom Italia e al suo centro di ricerca di Torino: lo Cselt. »
A proposito di sostenibilità e futuro, il gruppo Dazn sta collezionando perdite. In Uk si è vista superare da Discovery nel deal con Bt Sport. E sono ricorrenti le voci di una vendita da parte di Len Blavatnik.
«Lei pensa che chi ha investito 4,3 miliardi abbia intenzione di buttare via l’investimento colossale che ha fatto? Io penso invece che lo streaming rappresenti il futuro e un modello di business di successo. Che sarà trainato dai contenuti sportivi»
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