Roma, il rebus delle frequenze pesa sul percorso verso il digitale terrestre

Roma, città aperta al digitale terrestre, non senza problemi. Primo fra tutti, la difficoltà di trovare una frequenze digitale a ciascuna emittente in attività.

Nel 2009, secondo il programma approvato dal Governo, la tv analogica sarà spenta in aree territoriali densamente popolate come Torino e Napoli. In queste zone, tuttavia, non vi sono le complessità che presenta la transizione al digitale nel Lazio e a Roma, che dovrà completare lo switch-off entro il prossimo novembre. Questo per una serie di motivi convergenti, alcuni specifici che si sommano ad altri validi in tutte le regioni, a partire dalla richiesta della commissione Ue di assegnare con procedura competitiva almeno cinque frequenze-multiplex a livello nazionale (e, quindi, in ciascuna regione).

La prima specificità dell'etere romano è data dal numero delle emittenti locali. Il sito Otg-tv rileva ben 71 segnali diversi nell'etere romano (crescono a 158 calcolando anche i segnali che debordano da altre regioni). Eliminando i canali nazionali e le duplicazioni - vi sono canali che trasmettono su più frequenze - si può stimare che le emittenti locali distinte che usano frequenze su Roma siano all'incirca 26.

In Sardegna ciascuna emittente locale ha avuto una frequenze-multiplex, ovvero la capacità trasmissiva di un'intera rete digitale per cinque sei programmi tv. Le associazioni delle tv locali, dalla Frt ad Aeranti-Corallo, chiedono che si faccia lo stesso nelle altre regioni. Non aver assegnata una frequenza ma limitarsi a trasmettere su un multiplex altrui porterebbe a una riduzione del valore patrimoniale dell'emittente e impedirebbe l'eventuale vendita successiva del loro diritto d'uso.

I canali in teoria utilizzabili per la trasmissione tv, in ciascuna regione, sono 55. Oltre al numero di tv locali vi è la seconda specificità di Roma e del Lazio: per la Francia la regione è una zona dichiarata di possibile interferenza con le frequenze utilizzate in Corsica, in particolare per le trasmissioni regionali. La Campania, ad esempio, nonio è: si potranno utilizzare tutti i 55 canali per la tv. Salvo che, come in Europa, non si riservino alcuni canali quale dividendo digitale per nuovi servizi di Tlc: non è detto che in Italia sarà così.

La trattativa con la Francia è in corso. In ogni caso, un certo numero dicanalinonpotrà essere utilizzato a Roma e nel Lazio dalle tv italiane. Quanti? Al momento è impossibile definirlo. Poniamo, tirando a indovinare, che siano otto-dieci: si dovrà ripartire da 45-47 frequenze. Se cinque andranno messe a gara, alle tv esistenti ne spetteranno 40-42 (perché, allora, non assegnarle tutte e con procedura trasparente e non discriminatoria?). Quante ne servono alle tv nazionali nel Lazio? Rai e Mediaset in Sardegna ne hanno avuto sei a testa. Dopo la richiesta della garaper cinque frequenze e di un tetto per ciascun gruppo da parte della commissione Ue, è credibile che a Rai e Mediaset ne siano assegnate cinque per altrettante reti.

Telecom Italia Media potrebbe scendere dalle quattro della Sardegna a tre. Restano disponibili 29 frequenze: tra le altre tv nazionali, Rete A ne ha avute due in Sardegna e difficilmente ne cederà una. Una ne spetterà a D-Free, una ad H3G per la tv mobile, una a ReteCapri e ma a Europa 7, per un totale di 24 frequenze-multiplex assegnate alle tv nazionali. Ne restano disponibili, in questo calcolo teorico, 23, sempre se la Francia si accontenterà di otto frequenze e se Rai e Mediaset non ne chiederanno sei a testa anche nel Lazio, sfidando la commissione Ue.

Attenzione, però: al Vaticano spettano tre frequenze, utilizzate a Roma in bassa potenza, che possono interferire in alcune zone della capitale. Non ci sarebbe spazio, insomma, per tutte le emittenti locali. Le quali avranno comunque, anche nel Lazio, una capacità trasmissiva superiore alla loro capacità produttiva, a meno di non trovare nuove risorse e nuovi partner.

Marco Mele
per "Il Sole 24 Ore"
(25/02/09)