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Digitale terrestre, i broadcaster non ci credono quasi più

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Fonte: Opinione.it

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Digitale Terrestre
Le nozze con i fichi secchi. Quelli che oggi applaudono i pretesi grandi trionfi della tv digitale terrestre dopo il parziale switch off sardo devono essere rimasti raggelati dalle parole non proprio fiduciose del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni: “L'obiettivo del completo passaggio alla nuova tecnologia nel 2012 è realizzabile solo se i grandi broadcaster, come Rai e Mediaset, realizzeranno prodotti e programmi per il digitale. Senza una nuova programmazione ad hoc, il digitale non andrà da nessuna parte”. Cioè, in parole ancor più povere: cari duopolisti, se non tirate fuori i soldi, il Dtt rimarrà un pio desiderio e un giorno o l'altro sarete fagocitati dallo squalo australiano griffato Sky. Il fatto è che a fare apparire il digitale terrestre come il cugino sfigato del digitale satellitare sono proprio quei broadcaster che, almeno in apparenza, avrebbero tutto l'interesse a vederlo decollare.

La Rai, che promette di far nascere un canale dedicato ai bambini sulla scorta del Boing di Mediaset, alza le mani di fronte alla chiara imposizione del nuovo contratto di servizio, che pure si è affrettata a firmare, laddove si prevede che entro un anno la concessionaria del servizio pubblico arrivi ad assicurare la copertura dell'85% della popolazione con il sistema digitale terrestre.

“Un conto – ha spiegato il presidente Petruccioli – è garantire una quota pari al 70-75%. Se dobbiamo aumentare la copertura all'85%, i costi fatalmente lievitano in modo insostenibile”. Un bel problema, a conti fatti, visto che fino al momento in cui la percentuale degli “esclusi” non diverrà residuale, cioè ampiamente al di sotto del 10% della popolazione, sarà assolutamente impossibile cominciare a cancellare dalle tv tradizionali interi canali di grande ascolto. Il Biscione, da parte sua, è concentrato sin dal principio sulla sua offerta pay, ma anche in questo caso il mercato, pure interessante, si è assestato su numeri non esattamente da fenomeno di massa, e di investimenti sul versante free se ne vedono pochissimi.

I canali esistenti, d'altra parte, non sembrano godere di ottima salute. Messi in soffitta esperimenti non troppo riusciti, come il Costanzo Show relegato in un sottocanale di Canale5 versione Dtt, stanno mostrando la corda quelle reti costruite in economia assoluta, come Rai Utile, che non hanno la possibilità materiale di accalappiare quote minimamente interessanti di telespettatori e a volte si è addirittura arrivati alla chiusura. È il caso di La7 Sport, che Telecom Italia Media ha deciso di mandare in soffitta qualche giorno fa, scatenando le ire del Cdr. Non troppo convincente la veste positiva che l'azienda ha voluto confezionare per indorare la pillola: “Il nuovo Pacchetto Estate permetterà, a 19 euro e per un mese dal giorno dell’attivazione, di vedere tutti i programmi offerti dal palinsesto di La7 CartaPiù: vela, calcio, motori, telefilm. Questa nuova offerta vedrà impegnate anche parte delle risorse precedentemente dedicate al canale digitale La7 Sport”.

L'impressione è che siano magre anche le vacche sul versante pay e che dunque sia Mediaset che Telecom stiano cercando nuove strade per vendere i loro contenuti, confezionando pacchetti abbonamento vantaggiosi che riescano a dissuadere l'utente tentato dalle offerte di Sky. A sproposito, poi, gli ultrà del Dtt hanno levato i calici per brindare al numero di decoder venduti fino ad oggi.

Cinque milioni possono essere considerati infatti un buon risultato per un mercato avviato, molto meno per una piattaforma che da anni pretende di soppiantare la vecchia televisione (qualcuno si ricorda ancora della mitica data di switch off del 31 dicembre 2006?). Soprattutto, però, bisognerà verificare quanti dei decoder venduti vengano realmente utilizzati e quanti, al contrario, abbiano presto fatto la fine del Commodore Vic 20. Si accettano scommesse.
Francesco Lener
per L'Opinione.it

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