YouTube vara la pubblicit nei video, si cerca la tregua con gli editori
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Italia Oggi
I
Internet e Tv
Da nemico da combattere a suon di querele multimilionarie a partner con cui fare affari grazie alla pubblicità in rete. Ancora i tempi non sono maturi, ma YouTube sta tendendo la mano agli editori di contenuti, gruppi televisivi in primis, offrendo loro la possibilità di inserire pubblicità nei video che gli utenti mettono sul sito.
Finora, secondo il New York Times, stanno testando il nuovo servizio nomi del calibro di Cbs, Universal music, Lionsgate, Electronics Arts, mentre altri gruppi hanno rifiutato di collaborare. E quindi ancora da vedere se questa sia la chiave per risolvere i conflitti che da tempo, giustamente, sorgono tra chi i contenuti li produce e quindi ne detiene i diritti, e YouTube, il maggiore sito di video al mondo che vive proprio grazie all'inserimento dei filmati da parte degli utenti.
Il meccanismo è semplice: il portale che appartiene a Google ha messo a disposizione da qualche mese un sistema chiamato VideoId che è in grado di stabilire la proprietà del video inserito in rete. L'editore che abbia aderito al programma è in grado subito di sapere se un video sui cui detiene i diritti si trova su YouTube e di chiedere che venga eliminato oppure
che venga visualizzato con una pubblicità. Gli introiti delle inserzioni vengono poi divisi fra l'editore e il portale di video.
Finora la quota di filmati su cui è stata inserita la pubblicità è davvero minima, appena il 3%. Non bisogna dimenticare, infatti, che ogni minuto sul sito vengono caricati più di 13 ore di video e che finora sono solo 300 i partner che hanno aderito a questa iniziativa.
Il fatto che fra loro ci sia però anche Cbs è sintomatico. La casa madre del network televisivo, Viacom, ha infatti in corso una causa da un miliardo di dollari contro il portale di Google e ha già annunciato che non ci rinuncerà, perché si tratta di violazioni che riguardano il passato. Anche se Cbs sta sperimentando il nuovo sistema, per altro, Viacom non ha ancora sciolto le riserve.
In pratica, il vantaggio per gli editori e le tv sarebbe quello di guadagnare dalla base utenti di YouTube, nella maggior parte dei casi molto maggiore di quella dei propri siti e di trovare un modo per sfruttare i propri contenuti che comunque apparirebbero in qualche modo on-line. Nel momento in cui vengono caricati i filmati c'è una sorta di filtro, secondo quanto dichiara lo stesso portale, tendente a bloccare ciò di cui gli utenti non hanno i diritti (cioè l'80% del materiale), ma molto riesce ancora a filtrare.
Da parte sua, YouTube riuscirebbe a trovare la quadratura per il proprio business, evitando, per altro, molte delle cause che l'affliggono ultimamente (vedi anche quella italiana intentata da Mediaset).
Non è detto, però, che tutti i produttori trovino conveniente usare questo metodo. Se da una parte Time Warner e News Corp. stanno testando la piattaforma anche se non sembra abbiano ancora messo on-line la pubblicità, Nbc Universal e Disney si sono invece rifiutate, preferendo bloccare i filmati e sfruttare appieno i propri siti ufficiali.
Finora, secondo il New York Times, stanno testando il nuovo servizio nomi del calibro di Cbs, Universal music, Lionsgate, Electronics Arts, mentre altri gruppi hanno rifiutato di collaborare. E quindi ancora da vedere se questa sia la chiave per risolvere i conflitti che da tempo, giustamente, sorgono tra chi i contenuti li produce e quindi ne detiene i diritti, e YouTube, il maggiore sito di video al mondo che vive proprio grazie all'inserimento dei filmati da parte degli utenti.
Il meccanismo è semplice: il portale che appartiene a Google ha messo a disposizione da qualche mese un sistema chiamato VideoId che è in grado di stabilire la proprietà del video inserito in rete. L'editore che abbia aderito al programma è in grado subito di sapere se un video sui cui detiene i diritti si trova su YouTube e di chiedere che venga eliminato oppure
che venga visualizzato con una pubblicità. Gli introiti delle inserzioni vengono poi divisi fra l'editore e il portale di video.
Finora la quota di filmati su cui è stata inserita la pubblicità è davvero minima, appena il 3%. Non bisogna dimenticare, infatti, che ogni minuto sul sito vengono caricati più di 13 ore di video e che finora sono solo 300 i partner che hanno aderito a questa iniziativa.
Il fatto che fra loro ci sia però anche Cbs è sintomatico. La casa madre del network televisivo, Viacom, ha infatti in corso una causa da un miliardo di dollari contro il portale di Google e ha già annunciato che non ci rinuncerà, perché si tratta di violazioni che riguardano il passato. Anche se Cbs sta sperimentando il nuovo sistema, per altro, Viacom non ha ancora sciolto le riserve.
In pratica, il vantaggio per gli editori e le tv sarebbe quello di guadagnare dalla base utenti di YouTube, nella maggior parte dei casi molto maggiore di quella dei propri siti e di trovare un modo per sfruttare i propri contenuti che comunque apparirebbero in qualche modo on-line. Nel momento in cui vengono caricati i filmati c'è una sorta di filtro, secondo quanto dichiara lo stesso portale, tendente a bloccare ciò di cui gli utenti non hanno i diritti (cioè l'80% del materiale), ma molto riesce ancora a filtrare.
Da parte sua, YouTube riuscirebbe a trovare la quadratura per il proprio business, evitando, per altro, molte delle cause che l'affliggono ultimamente (vedi anche quella italiana intentata da Mediaset).
Non è detto, però, che tutti i produttori trovino conveniente usare questo metodo. Se da una parte Time Warner e News Corp. stanno testando la piattaforma anche se non sembra abbiano ancora messo on-line la pubblicità, Nbc Universal e Disney si sono invece rifiutate, preferendo bloccare i filmati e sfruttare appieno i propri siti ufficiali.
Andrea Secchi
per "Italia Oggi"
(19/08/08)
per "Italia Oggi"
(19/08/08)
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