
Al contrario i giudici di merito hanno affermato che l'apparecchio incriminato non è null'altro che una innovazione tecnologica, per la quale non a caso è stato richiesto il brevetto, che si limita a potenziare la resa del funzionamento del sistema originale, l'unico in grado di decrittare i segnali codificati. Secondo il collegio di Trento obiettivo della card sarebbe quello di poter racchiudere in un'unica smart card originale più ricevitori in ambito domestico a diposizione di chi aveva sottoscritto un regolare contratto con Sky e aveva quindi ricevuto il via libera per accedere al bouquet di canali concordati e per utilizzare più apparecchi televisivi.
Un ascolto «formato famiglia» senza «intrusioni o manipolazioni di sorta» che, si spinge a dire la Corte d'Appello, sarebbe addirittura nell'interesse dell'emittente. Ma Sky non la pensa così e la Corte di Cassazione le dà ragione. Il collegio di piazza Cavour precisa che lo splitter mette i decoder, collegati con altri apparecchi televisivi, nelle condizioni di decifrare direttamente il segnale proveniente dalla parabola. Gli ermellini bollano poi come illogica e contraddittoria l'affermazione dei togati di Trento secondo i quali l'ascolto con lo splitter sarebbe nell'interesse di Skay. «Idea», spiega la suprema corte, che non si concilia con l'offerta della formula "multi vision" lanciata da Sky nel 2006 per consentire la sottoscrizione di più abbonamenti a prezzi ridotti. Al contrario, conclude la Cassazione, è evidente il danno provocato all'emittente che perde l'occasione di beneficiare di nuovi abbonamenti.
Articolo tratto da
"Il Sole 24 Ore"