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Diritti tv, così il Governo metterà pace in Lega Calcio

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Fonte: Tuttosport

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Alla fine vivranno tutti felici e scontenti. O infelici e contenti. Con la medicina amara del Governo da inghiottire per evitare di implodere. Il finale delle prove di scissione nella Lega di A tra grandi e piccoli-medi club sulla questione dei diritti tv non sarà scritto da chi aveva (ha ancora) mesi di tempo per trovare una soluzione interna, ma dall'(ex) odiato tandem Melandri-Gentiloni. La "battaglia del grano" si combatterà coi numeretti che solo i decreti delegati in fase di ultimazione nei due ministeri interessati (Sport e Comunicazione). L'invasione di campo sarà, alla fine, gradita da quasi tutti: Cellino e Galliani, Cobolli e Ruggeri, Moratti e Zamparmi. Con il risentimento per chi vorrebbe fare l'abbuffata dei soldi delle big per progettare il proprio assalto allo scudetto (a Firenze ne parlano da mesi...) con la redistribuzione più punitiva possibile, quella che stando ad alcune tabelle porterebbe via una trentina di milioni alla Juventus (la più tartassata: il vero obiettivo di un certo gruppo di presidenti rampanti).
 
Venerdì a Roma si terrà il consiglio federale della Figc, ma per lo stesso giorno Matarrese potrebbe convocare un consiglio di Lega e l'assemblea di B (in queste ore gli "acchiappacontratto" di via Rosellini cercano di stringere con Rai e Sky, a Roma: oggi pomeriggio l'incontro, in salita): il tema dei diritti è ormai il principale, forse l'unico in agenda. Si attende ad ore che i ministeri parlino ufficialmente. E che si capisca, dopo gli assalti alla diligenza (il ko di Cobolli) e le riunioni carbonare se esiste una possibilità che Matarrese riesca - come sta provando a fare - a tenere uniti i pezzi del puzzle.
 
Ma in cosa consiste la medicina Melandri-Gentiloni? Intanto nel riconsiderare la tabella degli introiti: dentro tutti i diritti tv, comprese opzioni e amichevoli lautamente pagate, ma fuori tutto il baraccone delle varie mutualità (B, C, settori giovanili, stadi). La torta, attualmente, ammonta a 850 milioni di euro, il 18 per cento circa se ne va nei rivoli di sostegno del movimento e allora le quote e la ripartizione devono essere calcolate al netto di questo 18 per cento. Il concetto base è quello della gradualità: più aumentano le risorse complessive del sistema "calcio in tv" più alto sarà il trasferimento di denaro ai medio-piccoli club, con compensazione delle perdite per le grandi con l'aumento della torta. E così tre scaloni e diverse percentuali a seconda se si resterà agli attuali 850 milioni o si passerà, come prevedono gli analisti (già oggi la serie A incassa 180 milioni in meno di quanto valga) a 1 miliardo o 1,2 miliardi (valore potenziali di qui al 2010).
 
Eccoci quindi al gioco dei numeretti: la parte ugualmente divisa non supererà il 50 per cento (Cellino e qualche altro massimalista sognava il 70 per cento), la scomposizione di percentuali da 30 e 20 per cento sarà determinata da risultati sportivi nell'ultimo anno e negli ultimi 5, dall'essere capoluoghi di provincia o regione (più soldi), dall'audience e dalla tifoseria rilevati da società di revisione. In funzione di questo lavoro parcellare si stanno effettuando proiezioni anche su divisioni 45-30-25.
 
Al capitolo mutualità e maggiori introiti per le piccole, ecco presentarsi gli obblighi: soldi in più con obbligo di reinvestimento, magari nello stadio o nelle infrastrutture societarie (una licenza ministeriale con una vera e propria certificazione per lo spettacolo tv). Perché le tv non accettano più lo spettacolo indecoroso di certi impianti di serie A. Per la B e la C i soldi arriveranno se queste accetteranno progetti del tipo "valorizzazione dei giovani italiani" (più giovani, più soldi).
 
Le piccole, così, non rischierano abbuffate di milioni (di risarcimento per il passato, dicono i Robin Hood della parabola). Le grandi non subiranno un salasso. Lamentandosi tutti. Molti presidenti dicono: magari finisse così.
 
Alvaro Moretti
per "Tuttosport"

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