Leggerezza dell'incontro a parte, il giovane impresario cinematografico, all'epoca trentaquattrenne, aveva già allora una storia interessante alle spalle. Madre francese di origine corsa, emigrata in Tunisia, cattolica e poi convertita all'Islam e sposa di un avvocato tunisino poi diventato diplomatico. Una zia, Wassila Bourguiba, moglie di Habib Bourguiba, il primo presidente della Repubblica indipendente di Tunisia proclamata nel 1957. Bourghiba ha fatto la storia della Tunisia moderna, nel segno di un progressismo laico respirato nelle università francesi e che negli anni della sua presidenza era riuscito a promuovere leggi senza precedenti per i paesi arabi musulmani: come l'abolizione della poligamia e la proibizione del ripudio della donna da parte del marito, facendo così della Tunisia un paese guida sul terreno dell'emancipazione femminile.
Tarak è dunque cresciuto in un ambiente laico e pacifico, antiintegralista e aperto alla cultura degli altri. La strada per la carriera politica o diplomatica era in effetti spinata ma lui, fin dai tempi dell' Università a Washington, ha il chiodo fisso del cinema. Tornato a Tunisi s'inventa un mestiere nuovo: promuove il suo paese come luogo ideale per le riprese cinematografiche che negli anni '50 e '60 avevano scelto la Spagna o l'Italia. In questa veste Tarak nel 1971 riesce a convincere Francesco Rosi a girare il "Caso Mattei" nella sua terra e poi riesce ad arrivare a Roberto Rossellini con il "Messia" del 1975.
Il fiuto da imprenditore si vede già nei primi passi: invece che farsi pagare a consulenza Tarak chiede di partecipare con piccole quote di minoranza alle produzioni diventando così anch'egli coproduttore. Anche se la sua prima uscita in proprio, come capo della della Carthago Film, non è delle migliori. "Les Magiciens" di Claude Chabrol si rivela un film modesto che fa flop ai botteghini e rischia di soffocare sul nascere la neonata avventura di Tarak il quale commenterà così il passo falso: «Ho capito che il contenuto è più importante del finanziamento. Se non avessi conosciuto l'insuccesso nel primo film sarei diventato odioso. Oggi, cerco di restare autentico, il più grande rimpianto sarebbe scoprire di essere diventato arrogante».
I noti legami tra Arafat e Bettino Craxi originarono un'operazione che ha lasciato il segno anche nella carriera di Tarak. Secondo la sua ricostruzione dei fatti, fu Craxi a chiedere a Berlusconi denaro per sostenere la causa palestinese in quegli anni difficili. Il patron di Canale 5 non voleva esporsi direttamente in quanto in affari con gli americani e allora chiese l'intermediazione di quel Tarak conosciuto qualche anno prima sulle spiagge di Hammamet. Il produttore, che aveva già buona dimestichezza con i diritti cinematografici, s'incaricò così di vendere un pacchetto di diritti della library de La Cinq del valore di 200 miliardi di lire. Berlusconi era stato da poco respinto con perdite nella sua avventura transalpina e Tarak sembrava la persona ideale per recuperare un po' di soldi e nello stesso tempo rispondere alla chiamata di Craxi.
L'accordo era semplice: per la sua intermediazione Tarak avrebbe richiesto una percentuale più alta del normale, il 15% invece del 5%. La differenza, cioè circa 20 miliardi, doveva essere girata all'Olp di Arafat attraverso un passaggio per la All Iberian, la società off shore di Berlusconi che all' inizio degli anni '90 finì nel mirino della magistratura milanese in quanto cassaforte estera del Biscione con tanto di versamenti su conti correnti riconducibili a Craxi. Nel processo di primo grado, conclusosi nel luglio 1998, il tribunale aveva condannato Craxi a 4 anni e Berlusconi a 2 anni e 4 mesi con l' accusa di finanziamento illecito certificato da bonifici per circa 10 miliardi dalla All Iberian a favore dell'uomo politico. Tarak viene chiamato a testimoniare ma si rende disponibile solo a Parigi in presenza dei suoi avvocati. La deposizione non avvenne mai ma l'idea che la provvista della All Iberian costituita dalla vendita di diritti tv fosse in realtà indirizzata ad Arafat non convinse mai gli inquirenti che considerano la storia di Tarak una copertura a favore di Craxi e Berlusconi. Lui sostiene invece di aver mandato ai magistrati tutte le carte che comprovano quella operazione di vendita e ristorno dei diritti, compresa la ricevuta firmata da Arafat per aver percepito circa 20 miliardi di lire. In appello, nell'ottobre 1999, Craxi e Berlusconi vengono dichiarati non punibili in quanto il reato viene prescritto, sentenza poi confermata anche in Cassazione.
L'incidente di percorso non ferma la parabola ascendente dell' imprenditore franco tunisino che nel frattempo è riuscito a diventare consulente del principe saudita Al Waleed e poi del magnate dei media Rupert Murdoch. Al primo propone di investire in Mediaset poco prima della sua quotazione in Borsa, quindi in Germania nell'impero di Leo Kirch e poi nella stessa News Corp di Murdoch. Due operazioni su tre si rivelano azzeccate (Kirch fallì nel 2000) e così la credibilità dell' uomo d'affari tunisino cresce col tempo. Negli anni più recenti Tarak porta Murdoch ad acquistare Telepiù dai francesi di Vivendi e poi a fonderla con Stream per lanciare la pay Tv di Sky Italia. Si arriva al 2004 quando porta il finanziere bretone Vincent Bolloré ad incrementare la sua presenza nel capitale di Mediobanca fino alla battaglia senza esclusione di colpi con le banche italiane che portò all' uscita traumatica di Vincenzo Maranghi dall'istituto di Piazzetta Cuccia. Oggi Tarak è consigliere di Mediobanca e in quella veste ha giocato un ruolo chiave nella scelta di Franco Bernabé per il vertice di Telecom Italia grazie a un'alleanza trasversale che ha visto gli investitori francesi convergere sulle posizioni di Intesa Sanpaolo guidata da Giovanni Bazoli, il banchiere amico di Prodi e odiato da Berlusconi.
Quanta strada potrà ancora fare Tarak è difficile prevederlo perché il suo ruolo tra Francia, Italia e Tunisia è ormai a tutto tondo, sia negli affari che nella politica. Quando i libici hanno inveito su Calderoli possibile ministro del governo Berlusconi lui è volato da Gheddafi per far tornare nei ranghi la questione, così come nel mezzo della campagna elettorale è stato Tarak a mandare un messaggio a Sarkozy sull'Alitalia da parte di Berlusconi.
Ma la sfida più difficile è quella partita pochi giorni fa dalla Croisette: portare nei paesi del Maghreb la cultura della Tv commerciale, la stessa lanciata da Berlusconi in Italia negli anni '80.
Giovanni Pons
per "La Repubblica - Affari e Finanza"
(26/05/08)
per "La Repubblica - Affari e Finanza"
(26/05/08)