No, il dibattito no. Coi colleghi, poi, non se ne parla proprio. E soprattutto: non nel dopopartita, che è già intasato di suo, con tutte quelle interviste, quelle televisioni che pagano diritti per il chiaro, il satellitare e il digitale, poi pretendono in cambio risposte e minuti preziosi, e nel frattempo fanno domande impertinenti su questioni tattiche, infine vorrebbero pure metterti a confronto con gli altri allenatori. No, basta così, ha detto José Mourinho: bisogna darci un taglio.
Però, dato che evitare le interviste non si può (ballano i milioni di euro delle tv, con cui i club si garantiscono la sopravvivenza), il tecnico ha chiesto, attraverso l'Inter, di evitare almeno una tappa della via crucis del post-partita: il confronto a distanza con gli altri allenatori, cioè quei siparietti che a volte vengono improvvisati in diretta con due tecnici, che magari si fanno i complimenti oppure si punzecchiano, come è accaduto un anno fa tra Luciano Spalletti e Roberto Mancini.
In sostanza, Mourinho ha chiesto (e con ogni probabilità lo otterrà) di rispondere solo alle domande dei giornalisti, non di dialogare coi suoi colleghi. Il motivo ufficiale della richiesta è che il dibattito a distanza, con gli studi collegati o con gli altri allenatori, allunga i tempi già dilatatissimi delle interviste, cosa che ha creato più di un problema negli stadi in queste prime giornate di campionato: in effetti ormai gli spogliatoi sono un suk, gli allenatori devono rispondere alle domande in diretta di almeno cinque diversi soggetti che hanno pagato i diritti tra tv e radio, oltre a quelle che vengono formulate in zona mista o nella sempre più malinconica sala stampa, dove i tecnici arrivano ormai stremati da un'ora di domande e rispondono con un filo di voce. Proprio Mourinho, quando domenica scorsa è stato intervistato dall'inviato di Rai International ha risposto, ma quando poi hanno provato a fargli domande dallo studio ha salutato tutti: ne aveva abbastanza di dibattiti.
Ma ci sono anche le letture più maliziose della questione. La prima è che Mourinho, il Migliore per autoproclamazione, non abbia così tanta voglia di parlare con tutti i suoi colleghi, insomma che tenti di snobbarne più d'uno, ma magari è una spiegazione troppo maligna.
L'altra lettura invece prende le mosse da un episodio di domenica scorsa. Mourinho, collegato dagli spogliatoi di Torino, si è accorto che da Cagliari era pronto anche Ranieri e con un gesto rapidissimo, quando ha sentito che da studio annunciavano «vediamo i gol, poi andremo con le interviste a Ranieri e Mourinho», si è tolto l'auricolare e se n'è andato, dicono, nel suo spogliatoio a razziare il buffet, colto da un'improvvisa crisi di fame. Crisi provvidenziale, perché quando è tornato in postazione, i gol erano stati trasmessi e Ranieri aveva finito di parlare... In sostanza, a molti è sembrato che il portoghese abbia voluto evitare di parlare con il collega juventino, col quale c'era stata una dura polemica in estate.
E la richiesta formulata ieri sembra andare nella stessa direzione: il tecnico interista teme che prima o poi riusciranno a metterlo in mezzo con Ranieri o con qualcun altro, magari già stasera, così ha ritenuto opportuno mettere dei paletti, cioè niente confronti coi colleghi. Del resto il portoghese l'aveva detto una settimana fa: «L'Italia non mi cambierà», e rimane sulla sua posizione. Al punto da cercare di cambiare lui, con il suo carisma, le regole del gioco televisivo nel folle mondo del calcio italiano. Ci riuscirà?
Però, dato che evitare le interviste non si può (ballano i milioni di euro delle tv, con cui i club si garantiscono la sopravvivenza), il tecnico ha chiesto, attraverso l'Inter, di evitare almeno una tappa della via crucis del post-partita: il confronto a distanza con gli altri allenatori, cioè quei siparietti che a volte vengono improvvisati in diretta con due tecnici, che magari si fanno i complimenti oppure si punzecchiano, come è accaduto un anno fa tra Luciano Spalletti e Roberto Mancini.
In sostanza, Mourinho ha chiesto (e con ogni probabilità lo otterrà) di rispondere solo alle domande dei giornalisti, non di dialogare coi suoi colleghi. Il motivo ufficiale della richiesta è che il dibattito a distanza, con gli studi collegati o con gli altri allenatori, allunga i tempi già dilatatissimi delle interviste, cosa che ha creato più di un problema negli stadi in queste prime giornate di campionato: in effetti ormai gli spogliatoi sono un suk, gli allenatori devono rispondere alle domande in diretta di almeno cinque diversi soggetti che hanno pagato i diritti tra tv e radio, oltre a quelle che vengono formulate in zona mista o nella sempre più malinconica sala stampa, dove i tecnici arrivano ormai stremati da un'ora di domande e rispondono con un filo di voce. Proprio Mourinho, quando domenica scorsa è stato intervistato dall'inviato di Rai International ha risposto, ma quando poi hanno provato a fargli domande dallo studio ha salutato tutti: ne aveva abbastanza di dibattiti.
Ma ci sono anche le letture più maliziose della questione. La prima è che Mourinho, il Migliore per autoproclamazione, non abbia così tanta voglia di parlare con tutti i suoi colleghi, insomma che tenti di snobbarne più d'uno, ma magari è una spiegazione troppo maligna.
L'altra lettura invece prende le mosse da un episodio di domenica scorsa. Mourinho, collegato dagli spogliatoi di Torino, si è accorto che da Cagliari era pronto anche Ranieri e con un gesto rapidissimo, quando ha sentito che da studio annunciavano «vediamo i gol, poi andremo con le interviste a Ranieri e Mourinho», si è tolto l'auricolare e se n'è andato, dicono, nel suo spogliatoio a razziare il buffet, colto da un'improvvisa crisi di fame. Crisi provvidenziale, perché quando è tornato in postazione, i gol erano stati trasmessi e Ranieri aveva finito di parlare... In sostanza, a molti è sembrato che il portoghese abbia voluto evitare di parlare con il collega juventino, col quale c'era stata una dura polemica in estate.
E la richiesta formulata ieri sembra andare nella stessa direzione: il tecnico interista teme che prima o poi riusciranno a metterlo in mezzo con Ranieri o con qualcun altro, magari già stasera, così ha ritenuto opportuno mettere dei paletti, cioè niente confronti coi colleghi. Del resto il portoghese l'aveva detto una settimana fa: «L'Italia non mi cambierà», e rimane sulla sua posizione. Al punto da cercare di cambiare lui, con il suo carisma, le regole del gioco televisivo nel folle mondo del calcio italiano. Ci riuscirà?
Andrea Sorrentino
per "La Repubblica"
per "La Repubblica"