Fine di tutte le certezze: la Rai non si troverà più sui mitici tasti 1, 2 e 3. E la stessa sorte potrà toccare a Mediaset e a La7 che da decenni si tengono strette le casacche numeriche a portata di dito di milioni di famiglie italiane.
E l'esito immediato della sentenza del Tar che lo scorso 26 gennaio ha dato ragione a Sky, sospendendo le regole dell'Autorità per le comunicazioni sull'assegnazione dei tasti sul telecomando televisivo digitale.
Ma quali sono le ragioni del provvedimento che porterà ben presto alla giungla delle tv e a una sorta armageddon in grado di destabilizzare tutto il sistema in vigore dai tempi del decreto Craxi sulle tv prima ancora che si pronunci in secondo grado il Consiglio di Stato?
Alcune fonti ministeriali vicine al dossier, contattate da MF-Milano Finanza, in attesa di studiare il ricorso d'urgenza che l'Agcom sta predisponendo per evitare la slavina televisiva, provano a dare un'interpretazione. Il nodo è semplice.
Con la sentenza, il Tribunale amministrativo del Lazio ha smontato pezzo per pezzo la delibera dell'Agcom e tolto ogni certezza di assegnazione: la decisione dell' authority guidata da Corrado Calabro aveva infatti stabilito che sui tasti della tv digitale dall' 1 al 9 andassero le vecchie televisioni analogiche, dal 10 al 19 quelle locali, dal 20 in poi e generaliste e le semi generaliste su scala nazionale.
Un principio che aveva mandato su tutte le furie Sky che aveva messo in discussione l'intera architrave della decisione (ora NewsCorp Italia è sul tasto 26 del telecomando) pretendendo per sé, come canale preesistente seppur sul satellite, una posizione vicina al tasto 10.