Il caso delle frequenze televisive diventa ogni giorno più aggrovigliato. Ecco la storia. Paolo Gentiloni attende dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera la risposta alla sua interrogazione parlamentare: il deputato Pd vuole sapere se è vero che le frequenze destinate a beauty contest (che le regalava agli operatori televisivi esistenti) siano in realtà già occupate, come segnala il promotore del primo catasto dell'etere italiano, Antonio Sassano, e se lo Stato italiano dovrà pagare per liberarle.
L'orizzonte è giugno - Secondo le informazioni di CorrierEconomia , il ministro risponderà confermando che si tratta effettivamente di frequenze assegnate alle stazioni che hanno fatto ricorso al Tar. Nessuna assegnazione, sarà precisato, è però definitiva: e sono comunque destinate a decadere, tutte, entro giugno, quando sarà completato lo switch-off televisivo dall'analogico al digitale.
Ricapitoliamo l'antefatto - Nel settembre scorso, l'asta della banda 800 megahertz per operatori mobili si chiude con un incasso record per lo Stato: 4 miliardi. Hanno pagato cari gli «immobili», dunque gli appartamenti saranno liberi, direte voi. Invece no, sono occupati da emittenti locali, che, per lasciarsi sfrattare, chiedono 400 milioni di euro. Dopo trattative serrate, il prezzo del «risarcimento» viene fissato in 175 milioni, secondo un criterio che mette sullo stesso piano chi ha costruito impianti e chi non ha investito.
Poi, con il decreto del 20 gennaio, il governo Monti mette uno stop di 90 giorni al beauty contest, dichiara di non voler regalare il patrimonio pubblico a nessuno e si riserva di decidere il modo migliore per valorizzarlo, per esempio organizzando una nuova asta con il coinvolgimento di altri protagonisti hi-tech. Ed è proprio in quel decreto che le frequenze in questione vengono definite «indisponibili», cioè libere, mentre oggi si riconosce che, seppur temporaneamente, non lo sono.
Edoardo Segantini
per "Corriere Economia"