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Gene Gnocchi: 'Lascio il calcio in tv, vado a giocare davvero'

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Fonte: Il Venerd di Repubblica

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Televisione
Dice Gene Gnocchi che quando uno nasce calciatore muore calciatore. A scanso d'equivoci: se gli dovessero porre un aut aut tra Artù, il nuovo programma che in autunno condurrà su Raidue e giocare nel Parma, che l'anno scorso a marzo lo ha ingaggiato e quest'anno lo ha ritesserato per tutto il campionato in serie A, sceglierebbe «la seconda che hai detto».
«Non ci penserei un attimo, ma vuoi mettere? Se mai scenderò in campo, credo che piangerò come un vitello. Ho promesso la maglia a tutti gli amici che verranno. Ne dovrò mettere una cinquantina».
 
Siamo a Fidenza, nell'ufficetto di Gene. Gli escavatori hanno messo sotto sopra i portici e per capirsi bisogna coprire il rumore che fanno le macchine al lavoro, unica colonna sonora di un classico meriggio padano di mezz'estate che, altrimenti, sarebbe solarmente spettrale. «Ormai» esordisce «alla gente non importa niente della tv. Mi chiedono solo quando farò questi benedetti cinque minuti in serie A che sono diventati una fissazione».
 
O una turba senile?
«La senilità è iniziata da tempo. Però è una storia bizzarra, nata per scherzo con Simona Ventura. Si veniva da Calciopoli, abbiamo pensato di lanciare un messaggio diverso, il calcio che si riappropria del suo aspetto più ludico. Per un deficiente di cinquantadue anni che ha giocato a calcio, può starci. Poi quando ti alleni è tutta un'altra cosa. Io mi alleno qui a Fidenza con diciottenni che non hanno, letteralmente, nessuna pietà. Il diciottenne ti entra dentro, ti dà randellate. Si torna ragazzi».

E com'era ai suoi tempi?
«Quando stavo nel Guastalla, per sapere come avevo giocato, al lunedì dovevo andare a Mantova a comprare il giornale. Quando giocavo da dilettante, la Bassa Padana me la sono fatta tutta, dal Viadana al Castiglione delle Stiviere, tutte squadre dignitose. Venivo pagato. Oggi, quando sono in giro con le mie serate, c'è sempre qualcuno che alla fine dello spettacolo viene e mi chiede "Ti ricordi quando giocavamo assieme?". E io mi ricordo di tutti. Sono gli unici di cui mi ricordo. So il ruolo e la squadra».
 
Il suo ruolo?
«Mezz'ala, regista. A sedici anni volevo fare quello».
 
Schiappa?
«Me la cavavo, feci anche un provino al Milan, ma quell'anno non se ne fece niente. Quando si trattò di decidere tra la laurea e continuare a giocare in serie C, con mio padre decisi, visto che eravamo in sei fratelli, che era meglio fare legge».
 
Ma poi non fece l'avvocato.
«Mamma mia, fino a 35 anni ho tenuto duro, ma alla fine ho scelto di fare il comico. Avevo già moglie e figli, ma sentivo che quella dell'avvocato non era la mia vita. I primi tempi non è stato facile. C'era mia suocera che mi diceva: "Dove vai a fare il cretino stasera?". Mia moglie no, mi ha sempre supportato».
 
Come ha convinto il Parma ad ingaggiarla?
«Ho fatto provini un po' ovunque, poi a marzo ho chiesto a Ghirardi se poteva tesserarmi e, sebbene fossero ultimi in classifica, mi ha detto si. L'anno scorso ho fatto solo due mesi giocando in un'amichevole a fine stagione, con il Carpenedolo, in  C2. Il patto era che avrei giocato solo se fossero stati salvi prima dell'ultima giornata. Cosa che non è successa».
 
La pagano anche?
«Mille e cinquecento euro netti al mese: quello che prendeva Vieri all'Atalanta. Ovviamente non li tengo. Ma l'anno scorso quando è arrivato il bonifico in banca non ci potevo credere».
 
Sarà in panchina ogni domenica?
«No, resto a disposizione. Ma quest'avventura è proprio una bella storia, tanto che abbiamo deciso di girare un documentario».
 
Una novità...
«Sì, è la mia storia: questo cinquantenne che vuole giocare in serie A. Storia che potrebbe interessare anche la Rai. Filmeremo tutto quest'anno, compreso il mio privato, il lavoro in teatro, in tivù fino al debutto, se ci sarà, in serie A. Ci sono anche ri-flessi esistenziali: uno che si confronta con i ventenni, è quasi un pretesto per un discorso generazionale. Potrebbe finire al cinema, lo produce l'Itc».
 
La partita che sogna?
«Contro il Milan. Con Berlusconi in tribuna, fargli goal. Andare sotto la curva, togliermi la maglia e fargli vedere la scritta: sono di rifondazione comunista».
 
Il numero della maglia?
«È il 52, come i miei anni. C'è scritto Gnoccao, ma quest'anno forse terrò Gnocchi. Forse, aggiungerò 52 e sei mesi».
 
I colleghi che dicono?
«Fabio Caressa di Sky, mi ha detto che se mi faccio crescere le sopracciglia posso sostituire Bergomi».
 
Perché ha chiuso con Quelli che il calcio?
«Dopo quindici volte che ti viene Valeria Marini e tu l'hai già massacrata in ogni modo, che cosa le dici? Per qualsiasi altro progetto con Simona, sono pronto. Lì era finito un ciclo. Tra l'altro mia suocera a mezzogiorno ha sempre fatto lo stracotto con la polenta e io non sono mai riuscito a mangiarlo. Sette anni senza lo stracotto con la polenta di mia suocera sono mortali».
 
Mai messo piede al Billionaire con la Ventura?
«Briatore mi sta simpatico. Ma non saprei cosa mettermi. Lì hanno le ciabatte cifrate d'oro, quando ho provato un perizoma di Cavalli mia moglie ha cambiato faccia».
 
E dove va in vacanza?
«Da 25 anni a Sestri Levante. Andiamo tutti, moglie, suoceri, cognati, siamo una tribù con ritmi immutabili. Mio suocero che stappa la bottiglia ad una certa temperatura, alla sera si beve il Nocino e lui racconta di quando era alI'Ibm, e inizia questa litania, con cui noi ci addormentiamo. Tipo ninna ninna».
 
Poi da settembre al giovedì in seconda serata inizia Artù: di che si tratta?
«Non è un format, ma un programma comico che si occupa d'attualità. Un esempio: sulla nuova 500 farei disamina su come si tromba li. Chiamerei il tecnico, a cui chiederei quali sono le posizioni del kamasutra che si possono fare. Oppure: un pitbull attacca un bambino. Chiedo ad un biogenetico: è possibile far nascere un pitbull senza denti? Non ci saranno ospiti famosi».

E dentro a una Rai immutabile.
«Mi sono proposto come giurista per dirimere il "nodo Petroni" e risolvere la questione delle nomine del Cda. Ma non mi pagano abbastanza».
 
E questo governo di sinistra, come le pare?
«Sembra una scena de L'ultima follia di Mel Brooks: quando i protagonisti sono in un camper, in bilico, e basta che si sposti un'oliva per farlo pendere da una parte o dall'altra»
 
Elena Martelli
per "Il Venerdì di Repubblica"

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