News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Digital-Sat (original)
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HiTech
venerdì, 23 aprile 2010 | Ore: 00:00
Come cambia l’approccio alla televisione se questa riesce, tra le altre cose, a collegare lo spettatore sulla rete internet? E come i contenuti possono adeguarsi alla realizzata “convergenzaâ€, non più solo basata sul personal computer, bensì sui sempre più sofisticati e al contempo user friendly apparecchi televisivi? Da queste domande parte la nostra riflessione nel nuovo VENERDÃŒTORIALE di Digital-Sat.
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Si fa un gran parlare in questi giorni delle nuove potenzialità dei televisori di ultima generazione messi in commercio di recente da Samsung, Sony e altri produttori, facendo principalmente leva sul fatto di poter finalmente vedere nel salotto di casa la tv in 3D. Un passaggio quasi obbligato dopo che l’HD si era già ben radicato nelle nostre case, complice anche il passaggio graduale al digitale terrestre che ha invitato un buon numero di persone a sostituire i vecchi televisori analogici con nuovi, fiammanti modelli.Â
Ma ora arrivano quelli ancora più innovativi. E il merito non è solo del 3D. Fino a quando gli operatori televisivi italiani non decideranno che sia arrivato il momento di investire serialmente sul 3D, gli occhialini rimarranno nelle loro custodie perché ci sarà ben poco da vedere. È pur vero che la maggioranza dei televisori ha un convertitore dal 2D ma la resa non è sicuramente quella di un prodotto nativo.
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L’innovazione però si presenta anche per altre caratteristiche che presto – almeno questo è l’augurio dei produttori di tv ma non solo – saranno sempre più presenti nelle nostre abitazioni, come ad esempio la possibilità di collegarsi ad internet tramite il proprio televisore. I già citati Samsung e Sony hanno lanciato in questi giorni le rispettive campagne promozionali e le abitudini di milioni di italiani stanno per cambiare nel profondo. Almeno così sembrerebbe…Â
La tecnologia dei “widgetâ€, termine molto comune in rete e paragonabile al concetto delle "App" tipico dell’iPhone, permette un accesso ad internet abbastanza condizionato, per non dire completamente. Solo tramite queste ‘apps’ sarà infatti possibile usufruire di un certo numero e tipo di servizi web based, tra cui i più gettonati per diffusione sono i “classici†del web 2.0, come Youtube, Facebook, Twitter, Skype o Flickr.
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Nulla di nuovo dunque? Per ora no, anche se l’aspirazione di chi punta su questi brand è quella di riconquistare il pubblico giovane che sempre più abbandona gli schermi tv preferendo quelli del pc: «Quello che fa la televiÂsione è aggregare delle comuÂnità , quello che noi siamo in grado di aggiungere è la possiÂbilità di fare interagire queste comunità », così parlava al Mip di Cannes Chloe Sladden, direttrice della media partnership di Twitter, come riportato lunedì da Repubblica Affari & Finanza.
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Non è un caso che una sorta di presentazione ufficiale dei vari progetti sia avvenuta proprio a Cannes dove annualmente i produttori di contenuti mettono in mostra i nuovi progetti da esportare. È infatti in questa direzione che le “internet tv†possono giocare un ruolo fondamentale, in primis in termini di interazione con il pubblico, da un lato semplificando lo scambio di informazioni, dall’altro con il rischio di trasformare la fruizione televisiva semplicemente in un qualcosa da “condividereâ€, ora anche in rete.Â
Desta infatti una certa perplessità il fatto che gli strumenti di social networking, tipicamente gestiti in rapporti molto personalizzati e individuali con il mezzo, finiscano per essere uno dei veicoli per la diffusione dei modelli più evoluti (e di solito più costosi). La prossima sfida sarà sicuramente giocata – ancora una volta – sul piano dei contenuti: come per la tv digitale a fronte di nuovi canali servono necessariamente nuovi prodotti con cui riempire adeguatamente i palinsesti, per le “internet tv†dovrà essere trovato il giusto equilibrio tra un utilizzo personale, che via via dovrebbe andare perdendosi, e il ritorno in auge dell’utilizzo collettivo, arricchito però di tutta una serie di prodotti disponibili esclusivamente in rete e accessibili, previ accordi commerciali tra le parti, sui televisori predisposti. Pensiamo ad esempio a casi come Hulu, o qualunque servizio di video-on-demand free o a pagamento, che cambierebbe notevolmente – come già succede con le prime esperienze italiane di Mediaset Premium e Sky – l’approccio all’apparecchio.
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Qui però si riaprirebbe la “dolente nota†della banda larga, necessaria per il corretto funzionamento di tutta questa serie di servizi. E in questo senso la discussione non è, purtroppo, così sviluppata come la tecnologia delle internet tv... anzi...
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Giorgio Scorsone
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