Juve-Inter su Sky: il lusso di una normale serata di calcio
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Tuttosport
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Sky Italia
Difficile affrontare la partita dell'anno come se niente fosse. Anche perché Juve-Inter non è solo la partita dell'anno: ma è qualcosa, o molto, di più a seconda dei punti di vista. A Sky ne erano perfettamente consci e non è che tale consapevolezza avesse risolto tutti i problemi: come si affronta quella che non e la partita dell'anno ma molto di più e a ben vedere anche di altro? La si spara nell'aere come se fosse una finale mondiale? No, sarebbe eccessivo e fuori luogo.
Verrebbe dadire che sul terreno dell'Olimpico c'è tutta l'Italia calcitica e invece non è così: ce ne sono due ampissime fette ma non l'interezza. Bisogna tenere un tono da commentatore politico e di quel ruolo bisogna rinvangare i contenuti dando così stura alle rimembranze di quanto è successo dalle prime moggesche interpretazioni in poi? Sarebbe inutile e magari qualche abbonato potrebbe essere sfiorato dalla tentazione di pigiare il tasto del bottoncino e passare su un canale cinema.
E allora? In apertura di collegamento il telecronista Caressa, in quelli che ormai sono le sue prove d'attore più riuscite, gigioneggia, fa come Pippo Baudo quando rientrò in Rai dopo il primo sfortunato passaggio a Mediaset: mette il naso fuori dal sipario e chiede: ci siete? Siete pronti? E potrebbe dire: non siete andati via nell'arco di questi mesi dove s'è visto tutto e il contrario di tutto? Avete ancora voglia di vedere in tv non una partita di calcio qualsiasi ma questa partita? Quella che mette insieme gli accusatori e gli accusati? I protagonisti spesso involontari di una tragicommedia calcistica come mai s'era vista nella storia?
E' l'incipit giusto che farà da prologo ad una serata di telecalcio che magari non sarà ricordata perché è stata quello che le migliori teste pensanti speravano che fosse: una serata di calcio normale. Con l'analisi dei numerosissimi fuorigioco proposte in tempo reale e con una percentuale di efficacia da far impallidire le diagnosi del dottor House; con tante panoramiche del terreno di gioco realizzate dalle dolly dietro alle porte, ma mai invasive, solo spettacolari, leggere come leggeri sono i pensieri puri legati allo sport: i sogni di vittoria di un bambino, per esempio.
Leggerissimi sono Caressa e Bergomi nel loro raccontare, super leggerissimo è Beppe Bergomi conscio di essere, nell'occasione, in una delle giornate più delicate della sua carriera di uomo televisivo. Leggero è Gianluca Vialli che gli fa da contraltare sull'altra sponda, diciamo così, di fede. Il risultato è che il match per sua natura più pregno di tensioni e di significati, «lo» spettacolo televisivo per eccellenza, una sorta di Superbowl italico, ridiventa improvvisamente una partita di calcio dove si parla di grinta e di schemi, di un grande portiere e quant'altro.
La domanda è: forse la tv avrebbe voluto o vorrebbe la riproposizione all'infinito del contatto-archetipo Ronaldo luliano? Vorrebbe in etemo discussioni convulse da basso impero come quella (imperdibile) consumata fra Corsi e Tempestilli? Vorrebbe gettare in pasto a commentatrici il mai tanto citato derby d'Italia al fine di scarnificarlo e produrre un mostruoso volume di berciarne vario? Per una volta, domenica sera, si è avuta la sensazione che tutti abbiano compiuto un passo indietro. Che telecronisti e commentatori più o meno nobili, intervistatori d'assalto e assaggi d'intervistatori abbiano deciso di guardare una partita di calcio e raccontare cosa stava succedendo.
Forse è stata paura, forse dignità, forse coscienza. O forse è stata solo una fuggevole sensazione. Va bene lo stesso: per un'ora e mezza si è palesata nel cervello di molti la speranza che in tv non tutto sia destinato a deperimento, come lo yogurth.
Verrebbe dadire che sul terreno dell'Olimpico c'è tutta l'Italia calcitica e invece non è così: ce ne sono due ampissime fette ma non l'interezza. Bisogna tenere un tono da commentatore politico e di quel ruolo bisogna rinvangare i contenuti dando così stura alle rimembranze di quanto è successo dalle prime moggesche interpretazioni in poi? Sarebbe inutile e magari qualche abbonato potrebbe essere sfiorato dalla tentazione di pigiare il tasto del bottoncino e passare su un canale cinema.
E allora? In apertura di collegamento il telecronista Caressa, in quelli che ormai sono le sue prove d'attore più riuscite, gigioneggia, fa come Pippo Baudo quando rientrò in Rai dopo il primo sfortunato passaggio a Mediaset: mette il naso fuori dal sipario e chiede: ci siete? Siete pronti? E potrebbe dire: non siete andati via nell'arco di questi mesi dove s'è visto tutto e il contrario di tutto? Avete ancora voglia di vedere in tv non una partita di calcio qualsiasi ma questa partita? Quella che mette insieme gli accusatori e gli accusati? I protagonisti spesso involontari di una tragicommedia calcistica come mai s'era vista nella storia?
E' l'incipit giusto che farà da prologo ad una serata di telecalcio che magari non sarà ricordata perché è stata quello che le migliori teste pensanti speravano che fosse: una serata di calcio normale. Con l'analisi dei numerosissimi fuorigioco proposte in tempo reale e con una percentuale di efficacia da far impallidire le diagnosi del dottor House; con tante panoramiche del terreno di gioco realizzate dalle dolly dietro alle porte, ma mai invasive, solo spettacolari, leggere come leggeri sono i pensieri puri legati allo sport: i sogni di vittoria di un bambino, per esempio.
Leggerissimi sono Caressa e Bergomi nel loro raccontare, super leggerissimo è Beppe Bergomi conscio di essere, nell'occasione, in una delle giornate più delicate della sua carriera di uomo televisivo. Leggero è Gianluca Vialli che gli fa da contraltare sull'altra sponda, diciamo così, di fede. Il risultato è che il match per sua natura più pregno di tensioni e di significati, «lo» spettacolo televisivo per eccellenza, una sorta di Superbowl italico, ridiventa improvvisamente una partita di calcio dove si parla di grinta e di schemi, di un grande portiere e quant'altro.
La domanda è: forse la tv avrebbe voluto o vorrebbe la riproposizione all'infinito del contatto-archetipo Ronaldo luliano? Vorrebbe in etemo discussioni convulse da basso impero come quella (imperdibile) consumata fra Corsi e Tempestilli? Vorrebbe gettare in pasto a commentatrici il mai tanto citato derby d'Italia al fine di scarnificarlo e produrre un mostruoso volume di berciarne vario? Per una volta, domenica sera, si è avuta la sensazione che tutti abbiano compiuto un passo indietro. Che telecronisti e commentatori più o meno nobili, intervistatori d'assalto e assaggi d'intervistatori abbiano deciso di guardare una partita di calcio e raccontare cosa stava succedendo.
Forse è stata paura, forse dignità, forse coscienza. O forse è stata solo una fuggevole sensazione. Va bene lo stesso: per un'ora e mezza si è palesata nel cervello di molti la speranza che in tv non tutto sia destinato a deperimento, come lo yogurth.
Piero Valesio
per "Tuttosport"
per "Tuttosport"
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