
Leggere in un comunicato ufficiale che Andrea Scrosati affiancherà l'amministratore delegato Tom Mockidge assumendo il ruolo di vicepresidente Corporate and Market Communications fa quindi alzare le antenne e spinge a dare un'occhiata all'andamento del colosso satellitare in Italia.
È bene dirlo con chiarezza: qualche mal di pancia c'è. Un anno fa, in concomitanza con il debutto dei primi (e forse ultimi) Mondiali griffati Sky, si faceva il conto alla rovescia per festeggiare il raggiungimento di quota quattro milioni di abbonati, forti anche della nuova offerta legata all'alta definizione.
Oggi, se è vero che il tetto è stato sfondato, non sembra che si sia riusciti ad andare molto oltre e gli affezionati alla visione HD sono ancora una nicchia di eletti. Non solo: la sospiratissima pubblicazione dei dati di ascolto da parte dell'Auditel ha prodotto smarrimento e delusione in chi si aspettava cifre in qualche maniera comparabili ai risultati delle vecchie e incrostatissime televisioni analogiche tradizionali.
A tutto questo si è aggiunta una certa perdita di quello slancio pionieristico tipico delle fasi di start up, un rallentamento che gli utenti hanno in buona parte percepito anche per via di certe sviste curiose, come la stampa e l'invio in milioni di copie di una consistente parte dello Sky Magazine relativa all'anno 2006, anziché al 2007. Un disservizio banale, legato all'indice analitico dei film trasmessi, tamponato da un tardivo “errata corrige”, per lo più spedito solo a una parte degli abbonati. L'operazione Scrosati assume così i caratteri di un avvenuto svezzamento, un passaggio di Sky all'età adulta, ora che lo zoccolo duro è conquistato e che non è necessario usare effetti speciali e colori ultravivaci per stupire. In realtà, Scrosati, con tutta la sua Mn, lavora da anni all'interno di Sky: la formalizzazione del suo ruolo può essere vista, così, come un'azione di continuità, più che di discontinuità, e come una logica razionalizzazione dei meccanismi di gestione. Certo, la semplice lettura delle sue nuove responsabilità (Relazioni Esterne, Public Affairs, Ufficio Stampa, Regolamentare, Eventi, Sport Marketing, Sky Magazine, area Promo&Promotions, area Analisi Ascolti e portale internet Skylife) fa venire il sospetto che, accanto a questa mega promozione, si sia voluto alleggerire l'onnipresente Tullio Camiglieri da un bel po' di fardelli quotidiani.
“Una sottrazione più quantitativa che qualitativa”, assicurano dalla base. Forse, ma, vista la tendenza delle strutture di Murdoch ad assumere forme rigorosamente piramidali, sembra evidente che il confermatissimo portavoce di Sky oggi è un po' meno solo. Anche perché lo stesso Andrea Zappia, dall'alto della sua competenza in campo di marketing e comunicazione, ha rafforzato il proprio ruolo, sottraendo al (probabile) partente Giovanni Bruno la responsabilità sulle strategie relative agli acquisti dei diritti sportivi e sullo sviluppo delle attività future di Sky nell'area dello sport. Ed è proprio lo sport, curiosamente, uno dei principali crucci dei top manager di Sky. La mossa a sorpresa dell'acquisizione dei diritti della Formula 1 non ha apparentemente prodotto spostamenti nei telespettatori da Rai Uno verso la piattaforma satellitare nei due week end di “rodaggio”. Gli sforzi produttivi espressi in concomitanza di eventi clou, come l'utilizzo del multivision per seguire i vari campi di Wimbledon, non sempre ottengono i ritorni sperati e l'acquisto dei diritti costituisce uno dei maggiori capitoli di spesa in assoluto.
E qualche volta anche le sorprese più gradevoli assumono i contorni della beffa. Giorni fa, ad esempio, è venuta fuori la notizia che, subito dopo il calcio, gli ascolti non premiano né il tennis, né il basket, né i motori, ma le fumose partite di poker commentate dai fratelli Caressa in vena di “Show Time”. Il segnale che se il pubblico di Sky continua a rappresentare comunque solo una nicchia, per quanto corposa, quando si trova la nicchia scoperta, per quanto piccola, si ottiene un risultato migliore rispetto alla disperata ricerca di audience generaliste. Quelle, per intenderci, che in occasione del Gran Premio del Canada di Formula 1, hanno regalato all'ammiraglia Rai un sonoro 49% di share.
Francesco Lener
per "L'Opinione.it"
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