Il calcio italiano si trova in una fase di profonda trasformazione, spinto dalla necessità di innovare sia sul piano tecnologico che su quello della fruizione dei contenuti. Luigi De Siervo, riconfermato come amministratore delegato della Serie A, illustrerà nel corso del panel inaugurale dei Mir, Il percorso evolutivo dei contenuti sportivi. Case study: Lega Calcio Serie A.
L’obiettivo principale, anticipato nell'edizione odierna del Corriere della Sera, è valorizzare il prodotto Serie A, rendendolo sempre più competitivo a livello internazionale e appetibile per un’audience globale. Questo processo passa attraverso una narrazione televisiva più immersiva, con l’adozione di tecniche cinematografiche per esaltare lo spettacolo sul campo, e una strategia mirata a intercettare le nuove modalità di consumo dei tifosi, che variano sensibilmente tra le diverse generazioni.
La Lega Serie A punta su una distribuzione multilingue e su una presenza capillare sui social media per ampliare il proprio bacino d’utenza, affrontando al contempo sfide strutturali come il rinnovamento degli stadi e la lotta alla pirateria. Parallelamente, l’attenzione alla competitività rispetto ad altre leghe europee impone una gestione efficiente delle risorse e un’espansione nei mercati chiave come Stati Uniti e Medio Oriente, dove il calcio italiano gode di un grande seguito. In questo scenario complesso, l’utilizzo della tecnologia non si limita solo agli aspetti televisivi, ma diventa anche uno strumento essenziale nella lotta al razzismo e alla sicurezza negli stadi
De Siervo, ci spiega l’itinerario per la valorizzazione del prodotto calcio?
«Abbiamo messo la tecnologia al servizio dei contenuti per standardizzare il livello di immagine. Ci serviamo di registi che seguono le stesse direttive, guidati da un tutor che proviene dalla Premier League. In pratica non offriamo solo la narrazione classica con la camera 1, che segue lo sviluppo del gioco. In aggiunta abbiamo inserito un numero maggiore di telecamere per offrire un racconto più cinematografico dell’evento, che indugi maggiormente sui protagonisti».
La Lega ha una sua Cinecittà di riferimento?
«Abbiamo investito nel centro di produzione di Lissone, siamo una lega all’avanguardia. I primi ad aver introdotto il Var, la Goal line technology, il Saot, il fuorigioco semi-automatico».
Lo step successivo?
«Intercettare le modalità di fruizione del prodotto, che cambiano a seconda della generazione dei telespettatori. Target diversi implicano prodotti differenti. La Lega Serie A sui vari social conta 40 milioni di followers e declina i vari contenuti in otto lingue diverse. Abbiamo l’obbligo di inseguire i tifosi sulle varie piattaforme: siamo solo a metà del percorso, cerchiamo di offrire un prodotto che sia il più sexy possibile».
Come cambiano i linguaggi a seconda dell’età?
«Per soddisfare le diverse esigenze non possiamo ignorare che cambiano gli strumenti di informazione. I boomers guardano la partita su un device tradizionale e leggono quotidiani. La Generazione X oltre alla tv fa uso della radio. I Millennials viaggiano su YouTube, la Generazione Z su Twitch e TikTok».
Sembra un’opera mastodontica assecondare le inclinazioni dei vari spettatori.
«Lo è. Per ogni segmento di clientela occorre pensare un prodotto differente. C’è chi segue l’evento live e chi preferisce limitarsi agli highlights. I più giovani amano l’interazione, infatti l’applicazione di Dazn, Fan Zone, sta riscuotendo notevole successo».
Come si può essere competitivi con Leghe infinitamente più ricche?
«Certamente la Liga e la Premier possono contare su un numero più elevato di dipendenti. Cerchiamo di essere più efficienti attraverso una struttura agile e sfruttando al meglio le risorse interne. Abbiamo aperto due uffici, uno a New York e l’altro ad Abu Dhabi, perché gli Stati Uniti e il Middle East sono i nuovi mercati da conquistare. Poi, sulla modalità di aprirci al mondo, c’è un altro discorso da fare».
Ovvero?
«La frammentazione dell’audience è ancora più evidente, per lingua e per fuso. Non basta produrre contenuti in inglese da esportare, ma pur nella stessa lingua devono essere diversi a seconda del Paese in cui si esportano. Per gli Stati Uniti mi servirò di un influencer che sarà differente da quello per il mercato australiano».
È ampia la fetta di clientela a cui vi rivolgete?
«Recenti studi rivelano che il calcio italiano è seguito da 743 milioni nel mondo mentre in Italia il 69% dei maggiorenni, vale a dire 33 milioni di persone, è interessato al pallone. Il nostro campionato continua a essere un prodotto appetibile, sebbene il problema degli stadi sia atavico. I nostri impianti hanno 75 anni di media, sono fra i più vecchi d’Europa e da anni aspettiamo un piano di rinnovamento per tutte le infrastrutture».
Prossimi passi?
«Abbiamo già fatto molto nella lotta alla pirateria, ora attendiamo che la Guardia di finanza commini le multe da 5.000 euro agli utenti finali del pezzotto per dimostrare che chi sbaglia paga».