«La crescita dell’ascolto di Rete4 credo sia la diÂÂmostrazione che si posÂÂsa fare una tv di qualità, non volgaÂÂre e non urlata, facendo risultati imÂÂportanti. Merito anche della nostra domenica mattina e di serie tv coÂÂme Tempesta d’amore, che è il vero fenomeno della stagione tv».
GiuÂÂseppe Feyles, ex insegnante di filoÂÂsofia e docente alla Cattolica, da maggio è il nuovo direttore di Rete4.
«La tv commerciale – spiega – deve fare anche servizio pubblico. Per la rete che dirigo, ponendo anche grande attenzione a quella larga fetÂÂta del Paese che si riconosce nei grandi valori e nelle tradizioni».
 Per il marketing di Mediaset però «la televisione è un’attivitàcomÂÂmerciale e, come tale, è al servizio dei pubblicitari. Il pubblico è imÂÂportante solo come audience da riÂÂvendere alla pubblicità». Come si concilia con la sua idea di tv?
 «Si può conciliare. La sfida che cerÂÂchiamo di sostenere quotidianaÂÂmente è proprio quella di manteÂÂnere un rapporto di fiducia con i noÂÂstri telespettatori, rispettando le neÂÂcessarie regole commerciali di una televisione che non ha canone e che si basa sugli introiti dovuti dalla pubblicità».
 Per chi fa tv gli ascolti sono imÂÂportanti. Ma l’impressione è che ormai il duopolio televisiÂÂvo si regga solo sui risultati AuÂÂditel, come se da soli questi baÂÂstassero a spiegare tutto e a giuÂÂstificare qualunque volgaritào errore di palinsesto.
 «Non credo che l’attenzione agli aÂÂscolti sia necessariamente così neÂÂgativa. E poi occorre distinguere: la tv commerciale ha una funzioÂÂne diversa da quella pubblica».
 Prendiamola da un’altra angolaÂÂzione: secondo lei, deve esistere uÂÂna morale nel fare televisione?
 «Certo, per chi fa televisione il rifeÂÂrimento morale deve essere lo stesÂÂso di qualsiasi altra attività, tenenÂÂdo però conto della condizione in cui essa deve esercitarsi. Cioè, per noi di Mediaset, in uno strumento di comunicazione che ha regole e condizionamenti di carattere commerciale».
 Rete4, che ha un obiettivo di ascolÂÂto più basso delle altre due reti MeÂÂdiaset, è la tv commerciale meno urlata e volgare. Come se davvero tra ascolti ed eccessi ci fosse una relazione.
 «A Mediaset ragioniamo come una squadra, per offrire tutte le sere uÂÂna programmazione che possa sodÂÂdisfare varie tipologie di pubblico, con etàe gusti diversi. Un’offerta vaÂÂriegata che tutto sommato è specÂÂchio di tutto quello che il pubblico desidera e della realtàitaliana».
 Tra le novitàin arrivo su Rete4 c’è «Destini-La seconda volta». Di coÂÂsa si tratta?
 «Saràun esperimento che incroceràstorie di persone con storie di granÂÂdi avvenimenti italiani e mondiali che hanno inciso sulla coscienza collettiva, dall’11 settembre all’alÂÂluvione di Sarno, alla morte di Wojtyla. Fa parte di un progetto di nuovi prodotti per la prima serata, in linea con la nostra rete».
 Come «Attenti al lupo»?
 «Sì, Attenti al lupo saràun proÂÂgramma, condotto da Edoardo RaÂÂspelli, in cui racconteremo come ci si può difendere nella nostra societàdalle mille trappole e truffe che la criminalitàpiccola e grande ci tenÂÂde ».
 Lei ha detto: «La religiositàè il feÂÂnomeno meno correttamente traÂÂsmesso dal mondo televisivo». Ma la sua Rete ha appena proposto speciali su Fatima e padre Pio, e il 12 ne proporràuno su san FranceÂÂsco. Sembra una contraddizione...
 «È difficile parlare di religiositàin tv perché c’è il rischio di banalizzarla, di renderla spettacolare o di ridurÂÂla a sentimentalismo. Riteniamo tuttavia che si possa dare spazio a testimonianze, storie e personalitàreligiose in modo rispettoso e corÂÂretto ».
 C’entra qualcosa col tempo di NaÂÂtale che si avvicina?
 «Natale è ovviamente un tempo forte, intriso di spiritualità, ma la nostra attenzione a certi temi è più ampia. Da tempo, per esempio, trasmettiamo tutte le domeniche mattina la Santa Messa. OvviaÂÂmente non ha alcun rientro comÂÂmerciale, ma è un servizio che ofÂÂfriamo, molto gradito e molto seÂÂguito dal nostro pubblico».
 La prossima stagione Canale 5 le ruberà«Forum», uno dei capisaldi di Rete4. Chissàcome si è arrabÂÂbiato...
 «Mi sono arrabbiato, ma poi ho caÂÂpito il motivo per cui l’azienda proÂÂponeva questa scelta e che rientraÂÂva nel gioco di squadra tra le reti tv del gruppo che le dicevo prima».
 Se potesse, cosa ruberebbe alla concorrenza?
 «Non do dubbi: da Raiuno, SuperÂÂquark di Piero Angela; e da La7, OtÂÂto e mezzo di Giuliano Ferrara».
 È vero che state pensando ad un nuovo programma giornalistico da mettere in prima serata?
 «Sì, ci piacerebbe rendere Tempi moderni ancora più efficace e porÂÂtarlo in prima serata, così che posÂÂsa fare informazione per il granÂÂde pubblico».
 Lei ha insegnato storia e filosofia per nove anni, poi è entrato nel mondo della tv. Le è mai venuta voÂÂglia di tornare indietro?
 «A volte sì, perché il lavoro dell’inÂÂsegnante è uno dei più importanti. Se c’è un’emergenza in Italia, è quelÂÂla educativa».
 Colpa anche di certa tv, però.
 «La tv ha un compito informatiÂÂvo. L’educazione è compito delÂÂla famiglia e, in secondo luogo, della scuola».
 Eppure, sembra che certa tv non solo non educhi ma ostacoli il laÂÂvoro educativo quotidiano dei geÂÂnitori.
 «Io la vedo diversamente. Credo che un’educazione forte non posÂÂsa essere scalfita neanche dalla più pazza televisione. Magari cerÂÂta tv avràun’influenza temporaÂÂnea, ma alla lunga la veritàfiniràsempre per vincere».
Gigio Rancilio
per "Avvenire"