Nessun risarcimento se la Rai ti assilla con la richiesta di pagare il canone Rai, malgrado tu l'abbia già fatto. Lo ha stabilito la Cassazione che ha negato il risarcimento ad una donna, che chiedeva la condanna della Rai a pagarle 100 euro come danno esistenziale. Al centro della controversia, tre lettere con cui l'azienda, le aveva a torto comunicato più volte che il suo nominativo non figurava negli elenchi degli abbonati.
Le tre lettere erano datate luglio 2001, luglio 2002 e settembre 2005. Il giudice di pace di Amantea aveva accolto l'istanza di risarcimento, ritenendo la Rai responsabile "di aver insistentemente e ripetutamente perseguitato" la donna con richiesta di "pagamenti non dovuti": per questo, la signora, secondo il giudice, aveva subito un danno esistenziale "insito nel fatto di ricevere continue minacce di più gravose sanzioni, di doversi giustificare e rivolgere a un legale per la tutela dei propri diritti".
Contro tale pronuncia la Rai si era rivolta alla Suprema Corte, che ha accolto il ricorso e annullato senza rinvio la sentenza del giudice di pace: "nella specie - osservano gli 'ermellini' - non sussiste un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, tantomeno si verte in un'ipotesi di danno patrimoniale, risultando piuttosto, la ritenuta lesione della 'serenita' personale' insuscettibile di essere monetizzata", poiché "inquadrabile in quegli sconvolgimenti della quotidianità - si legge nella sentenza n.12885 - consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e in ogni altro tipo di insoddisfazione (oggetto delle cosiddette liti bagatellari) ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria".