Un «servizio pubblico», come è quello della Rai, deve essere «un servizio al bene comune»: quindi «un servizio alla verità, alla bontà, alla bellezza». E chi ne fa parte è chiamato «a vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione», ed «evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione, la calunnia».
Aggiungendo, come spesso gli capita, parole «a braccio» al testo scritto, papa Francesco ha usato parole intense per richiamare i dirigenti e il personale della Rai alla «responsabilità a cui chi è titolare del servizio pubblico non può per nessun motivo abdicare».
L'occasione, in una Sala Nervi gremita da oltre ottomila tra addetti e dirigenti Rai, loro familiari, rappresentanti delle tv di altri Paesi, era l'udienza per i 90 anni dell'inizio delle trasmissioni radiofoniche e i 60 di quelle televisive. «Una famiglia numerosa!», ha esclamato il Pontefice rivolgendosi alla platea, dopo che un'emozionatissima presidente Anna Maria Tarantola gli aveva presentato la Rai come una «grande famiglia» che «è qui numerosa per stringersi vicino a lei», ricordando anche l'impegno nel perseguire «l'etica nella e della comunicazione».
Ed è proprio su quest'etica, ancora più necessaria trattandosi di servizio pubblico, che Bergoglio si è soffermato nel suo discorso, nel quale ha ricordato positivamente «lo stile della collaborazione» tra Rai e Santa Sede, esortando a «portarlo avanti». «Il popolo italiano - ha detto - ha sempre potuto accedere alle parole e, successivamente, alle immagini del Papa e degli eventi della Chiesa, in Italia, mediante il servizio pubblico della Rai». L'azienda radiotelevisiva, tra l'altro, «è stata testimone dei processi di cambiamento della società italiana nelle sue rapide trasformazioni», e «ha contribuito in maniera speciale al processo di unificazione linguistico-culturale dell'Italia».
Per Bergoglio, però, celebrare il passato «ci chiama a un rinnovato senso di responsabilità per l'oggi e per il domani». «Ricordo che la vostra professione - ha detto -, oltre che informativa, è formativa, è un servizio pubblico, cioè un servizio al bene comune. Un servizio alla verità, un servizio alla bontà e un servizio alla bellezza». «Tutte le professionalità che fanno parte della Rai - ha spiegato -, dirigenti, giornalisti, artisti, impiegati, tecnici e maestranze sanno di appartenere ad un'azienda che produce cultura ed educazione, che offre informazione e spettacolo, raggiungendo in ogni momento della giornata una gran parte di italiani».
Secondo il Pontefice, «la qualità etica della comunicazione» è frutto «di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto di informazione, sia dei destinatari del messaggio». Ciascuno, «nel proprio ruolo e con la propria responsabilità», è chiamato «a vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione, ed evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia». «Mantenere il livello etico», ha ribadito il Papa. Poi strette di mano calorose con tutti, abbracci e baci ai bambini, saluti alle apprezzate coriste Rai che hanno intonato un inno, in un clima di grande festa.
Ecco il testo del discorso che il Presidente della Rai Annamaria Tarantola ha letto questa mattina al Pontefice Papa Francesco, durante l'incontro che si è svolto nella sala Nervi con i dipendenti dell'Ente pubblico in occasione dei 60 anni della televisione.
Beatissimo Padre,
Grazie. Grazie di cuore per l'opportunità che ci ha dato di incontrarLa e di ascoltare la Sua parola. Come vede, la grande famiglia della Rai è qui numerosa, per stringersi vicino a Lei. Sono con noi i vertici dei maggiori servizi pubblici radiotelevisivi e delle principali associazioni professionali della comunicazione euro-mediterranea. Come esiste una grande famiglia della Rai così esiste una grande famiglia dei media che operano al servizio dell'interesse generale.
Questo è per la Rai un momento importante, perché festeggia due anniversari significativi: i 90 anni di radio e i 60 anni di TV ma, anche e soprattutto perché sta affrontando un impegnativo e cruciale processo di cambiamento.
Un cambiamento non dei valori fondanti dell'essere Servizio Pubblico (l'universalità, l'indipendenza, l'eccellenza, la diversità, la capacità di rendere conto del proprio operato e l'innovazione) ma dei linguaggi, degli strumenti, delle piattaforme, dei modelli gestionali organizzativi per essere una media company economicamente solida, ben gestita, con un'offerta di elevata qualità e tecnologicamente all'avanguardia. È un percorso lungo e irto di difficoltà, ma che ci siamo impegnati a perseguire, perché vogliamo essere uno strumento capace di fornire a ciascun cittadino gli elementi necessari a formarsi autonomamente opinioni e idee, e a partecipare in modo attivo e consapevole alla vita del Paese. Un compito che richiede, attraverso programmi di informazione, formazione e divertimento, la capacità di favorire l'apprendimento e lo sviluppo del senso critico, civile ed etico della collettività nazionale, di raggiungere le varie componenti della società, di prestare attenzione alle differenze - generazionali, culturali, religiose, di genere e di censo - e alle minoranze per la affermazione di una società maggiormente inclusiva e tollerante. Insomma vogliamo essere un punto di riferimento dando voce a tutti, rivolgendoci a tutti, rappresentando tutti, favorendo la costruzione di una cultura di legalità, di rispetto della persona e dell'ambiente, di convivenza civile e di forte contrasto ad ogni forma di violenza.
Questo è il nostro compito, questi sono i nostri valori fondanti. Non è sempre stato così, siamo consapevoli che negli ultimi anni la ricerca dell'audience ha influenzato la qualità dei nostri programmi, ma vogliamo cambiare e rilanciare la Rai come vero Servizio Pubblico fornendo informazioni corrette e validate, programmi piacevoli e capaci di divertire in modo sobrio ed equilibrato, perseguendo l'etica della e nella comunicazione.
Oggi si parla molto della società "del fare" contrapposta a quella "del dire", ma io credo molto anche nella necessità di far precedere il pensiero all'azione.
Il pensare, il riflettere, il valutare per ben fare, per migliorare la qualità dei contenuti, per investire in modo consapevole e attento nell'innovazione tecnologica, per creare valore per la società anche nel mondo digitale e on-line.
Dobbiamo farlo per parlare i nuovi linguaggi anche quelli delle giovani generazioni, e per comunicare, attraverso quei linguaggi, i valori che sono alla base del nostro lavoro.
Ricordo quanto ci esortò a fare qualche anno fa il Cardinal Carlo Maria Martini durante un incontro con i dipendenti Rai a Viale Mazzini "Se a tutta la comunicazione pubblica si chiedono livelli adeguati di qualità, intelligenza, eleganza, questi livelli sono tanto più attesi da un servizio pubblico che è anche chiamato a fare da contrappeso a tendenze degradanti. Non c'è infatti solo la banalità del male; c'è pure il male della banalità".
Sentiamo la responsabilità di svolgere il Servizio Pubblico e la necessità di dover operare bene. Sentiamo la responsabilità di essere co-autori nel processo di formazione del capitale culturale, sociale e soprattutto umano della nostra società e sentiamo, nello svolgimento di questi compiti, pur nel pieno rispetto della loro natura laica, la vicinanza - per noi particolarmente preziosa - del Suo magistero e di quello della Chiesa. Per questo, Papa Francesco, siamo qui in tanti ad ascoltare la Sua parola, quelli che appaiono in video, che Lei forse conosce e, i tanti preziosissimi colleghi che operano dietro le quinte.
Grazie. A nome di tutti i presenti Le rinnovo i sensi della nostra viva riconoscenza per questa occasione unica d'incontro.