News Corp cerca nuovi alleati per colonizzare il Web
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: La Repubblica - Affari e Finanza
I
Internet e Tv
Ha perso una battaglia, ma sembra sempre convinto di poter vincere la guerra. Rupert Murdoch, appena reduce dall'acquisizione del Wall Street Journal che tante polemiche ha suscitato (e ha provocato le quasi immediate dimissioni del direttore del quotidiano finanziario), stavolta non è riuscito ad aggiudicarsi un altro importante giornale americano, il popolare Newsday, diffuso a Long Island e (in edizione ridotta gratuita) nel resto dell'area di New York.
Il magnate australiano dell'editoria, sul cui impero dei media non tramonta mai il sole avendo proprietà da Sidney alla Cina, dall'Europa all'America, aveva offerto 580 milioni di dollari, in un braccio di ferro con un altro grande editore, Mortimer Zuckerman. Era una sfida tra due quotidiani tabloid newyorchesi, il New York Post di Murdoch e il Daily News di Zuckerman, per aggiudicarsi il terzo, più piccolo rivale della regione, sfruttando le sinergie che se ne sarebbero ricavate, per ridurre i costi e conquistare il predominio del mercato locale della pubblicità. Ma come talvolta accade, non solo nei proverbi ma pure negli affari, tra i due litiganti ha prevalso alla fine e a sorpresa un terzo offerente, la Cablevision, operatore via cavo con base proprio a Long Island, che ha rilevato Newsday per 650 milioni di dollari promettendo di riunire le attività complementari del gruppo: carta stampata, Internet e televisione via cavo.
Apparentemente sconfitto, Murdoch ha un primo motivo di consolazione, commentano gli addetti ai lavori a New York e a Londra, sedi dei due quartieri generali della News Corporation, il suo multiforme gruppo editoriale: la cosa più importante, per il futuro del New York Post, era che non fosse il Daily News a comprare Newsday, cioè che non si rafforzasse l'avversario diretto. Cablevision, senza esperienza di giornali, non rappresenta una minaccia altrettanto grande. Secondo motivo di consolazione: acquistando Newsday, Murdoch si sarebbe trovato a possedere tre dei dieci maggiori quotidiani degli Usa, il Wall Street Journal (al secondo posto per tiratura), il New York Post (ottavo) e appunto il giornale di Long Island (nono). Ma a questo punto, la Federal Communication Commission, agenzia federale che regolamenta e controlla il settore dei media, vigilando sull'eccessiva concentrazione di testate, avrebbe potuto opporsi all'acquisto; oppure, ancora peggio dal punto di vista di Murdoch, avrebbe potuto non rinnovare a fine anno la licenza per due delle televisioni locali di proprietà di Murdoch nell'area newyorchese.
C'è ancora un altro motivo di consolazione: non essendo riuscito a entrare a Newsday dalla porta, Murdoch potrebbe rientrarci figurativamente dalla finestra. Fonti del settore, citate dal New York Times, affermano che nulla impedisce ora ai nuovi proprietari di Newsday di raggiungere un qualche tipo di intesa con Murdoch o con Zuckerman per condividere costi di stampa, distribuzione, raccolta della pubblicità o altro. Più in generale c'è la considerazione che, nel medio o lungo termine, i giornali regionali come Newsday siano condannati a perire, a meno che non uniscano le forze con giornali più grandi.
Come ha scritto l'Economist in una recente indagine sullo stato della stampa in America, e per estensione anche in Europa e negli altri mercati occidentali, la graduale espansione dei giornali online e di quelli freepress di carta porterà a una divaricazione sempre più netta, con i grandi quotidiani nazionali e i piccoli quotidiani locali che avranno il potenziale per sopravvivere, mentre i giornali di mezzo, non abbastanza grandi e non abbastanza piccoli, sono i più minacciati di soccombere a causa della nuova rivoluzione digitale.
Chernin ha fiducia di potersi rifare con la crescita del giro d'affari su Internet (finora ha speso 1 miliardo e 200 milioni di dollari acquistando siti) del declino dei guadagni nei settori tradizionali, a cominciare da quello dei Dvd. E appare pronto a cooperare con la concorrenza, anziché distruggerla come è stato spesso il metodo di Murdoch. Per esempio quando una mega corporation hollywoodiana entra in conflitto con Google, solitamente la faccenda si risolve a suon di avvocati e tribunali. La Viacom ha denunciato Google, invece quando Chernin si è trovato in una situazione simile, ha invitato a cena a Beverly Hills il Ceo dello stesso gruppo di Mountain View, Eric Schmidt, per discutere di come le due società potrebbero lavorare insieme. «E' difficile non essere affascinati da Chernin - ha detto di lui Schmidt dopo l' incontro - e dalla sua capacità di persuasione».
L'incognita, in questo caso, deriva dal futuro dei rapporti tra Murdoch e il suo vice. Fino ad ora tra i due c'è una sostanziale indipendenza reciproca e parità, perfino nel salario: prendono entrambi 8 milioni di dollari l'anno. Ma il magnate non fa mistero di voler lasciare il suo impero ai figli, e la poltrona di Chernin, quando ciò accadrà, potrebbe traballare. Anche se una clausola speciale gli assegna, in caso di licenziamento o dimissioni, mano libera per produrre film e show dal budget della News Corporation per sei anni. Murdoch ha una sola via d'uscita per annullare la clausola: nominare Chernin numero uno. Suo erede.
Il magnate australiano dell'editoria, sul cui impero dei media non tramonta mai il sole avendo proprietà da Sidney alla Cina, dall'Europa all'America, aveva offerto 580 milioni di dollari, in un braccio di ferro con un altro grande editore, Mortimer Zuckerman. Era una sfida tra due quotidiani tabloid newyorchesi, il New York Post di Murdoch e il Daily News di Zuckerman, per aggiudicarsi il terzo, più piccolo rivale della regione, sfruttando le sinergie che se ne sarebbero ricavate, per ridurre i costi e conquistare il predominio del mercato locale della pubblicità. Ma come talvolta accade, non solo nei proverbi ma pure negli affari, tra i due litiganti ha prevalso alla fine e a sorpresa un terzo offerente, la Cablevision, operatore via cavo con base proprio a Long Island, che ha rilevato Newsday per 650 milioni di dollari promettendo di riunire le attività complementari del gruppo: carta stampata, Internet e televisione via cavo.
Apparentemente sconfitto, Murdoch ha un primo motivo di consolazione, commentano gli addetti ai lavori a New York e a Londra, sedi dei due quartieri generali della News Corporation, il suo multiforme gruppo editoriale: la cosa più importante, per il futuro del New York Post, era che non fosse il Daily News a comprare Newsday, cioè che non si rafforzasse l'avversario diretto. Cablevision, senza esperienza di giornali, non rappresenta una minaccia altrettanto grande. Secondo motivo di consolazione: acquistando Newsday, Murdoch si sarebbe trovato a possedere tre dei dieci maggiori quotidiani degli Usa, il Wall Street Journal (al secondo posto per tiratura), il New York Post (ottavo) e appunto il giornale di Long Island (nono). Ma a questo punto, la Federal Communication Commission, agenzia federale che regolamenta e controlla il settore dei media, vigilando sull'eccessiva concentrazione di testate, avrebbe potuto opporsi all'acquisto; oppure, ancora peggio dal punto di vista di Murdoch, avrebbe potuto non rinnovare a fine anno la licenza per due delle televisioni locali di proprietà di Murdoch nell'area newyorchese.
C'è ancora un altro motivo di consolazione: non essendo riuscito a entrare a Newsday dalla porta, Murdoch potrebbe rientrarci figurativamente dalla finestra. Fonti del settore, citate dal New York Times, affermano che nulla impedisce ora ai nuovi proprietari di Newsday di raggiungere un qualche tipo di intesa con Murdoch o con Zuckerman per condividere costi di stampa, distribuzione, raccolta della pubblicità o altro. Più in generale c'è la considerazione che, nel medio o lungo termine, i giornali regionali come Newsday siano condannati a perire, a meno che non uniscano le forze con giornali più grandi.
Come ha scritto l'Economist in una recente indagine sullo stato della stampa in America, e per estensione anche in Europa e negli altri mercati occidentali, la graduale espansione dei giornali online e di quelli freepress di carta porterà a una divaricazione sempre più netta, con i grandi quotidiani nazionali e i piccoli quotidiani locali che avranno il potenziale per sopravvivere, mentre i giornali di mezzo, non abbastanza grandi e non abbastanza piccoli, sono i più minacciati di soccombere a causa della nuova rivoluzione digitale.
Un altro motivo di consolazione per Murdoch non viene da New York, ma da Los Angeles, da dove il numero due della News Corporation, Peter Chernin (nella foto insieme a Murdoch), dirige tutte le operazioni non giornalistiche del gruppo, ossia tivù, cinema, web. Considerato uno dei manager più potenti di Hollywood, e uno dei pochi capaci di persuadere con il sorriso anziché con le minacce, il 57enne Chernin ha lanciato una campagna per fare della News Corporation una superpotenza anche su Internet. Ha cominciato nel 2005, acquistando il sito di socializzazione in rete My Space. Ha proseguito creando Hulu, un sito che contiene show televisivi da tutti i network permettendo di guardarli in rete o di scaricarli su un lettore (o sul telefonino). E sembra avere ambizioni ancora più grandi: «Il pubblico vuole contenuti in rete», ha detto recentemente al quindicinale Forbes. «Se non saremo noi a darglieli, glieli darà qualcun altro. Dobbiamo avere il coraggio di rinnovare e anzi rivoluzionare continuamente il nostro modo di lavorare».
Chernin ha fiducia di potersi rifare con la crescita del giro d'affari su Internet (finora ha speso 1 miliardo e 200 milioni di dollari acquistando siti) del declino dei guadagni nei settori tradizionali, a cominciare da quello dei Dvd. E appare pronto a cooperare con la concorrenza, anziché distruggerla come è stato spesso il metodo di Murdoch. Per esempio quando una mega corporation hollywoodiana entra in conflitto con Google, solitamente la faccenda si risolve a suon di avvocati e tribunali. La Viacom ha denunciato Google, invece quando Chernin si è trovato in una situazione simile, ha invitato a cena a Beverly Hills il Ceo dello stesso gruppo di Mountain View, Eric Schmidt, per discutere di come le due società potrebbero lavorare insieme. «E' difficile non essere affascinati da Chernin - ha detto di lui Schmidt dopo l' incontro - e dalla sua capacità di persuasione».
L'incognita, in questo caso, deriva dal futuro dei rapporti tra Murdoch e il suo vice. Fino ad ora tra i due c'è una sostanziale indipendenza reciproca e parità, perfino nel salario: prendono entrambi 8 milioni di dollari l'anno. Ma il magnate non fa mistero di voler lasciare il suo impero ai figli, e la poltrona di Chernin, quando ciò accadrà, potrebbe traballare. Anche se una clausola speciale gli assegna, in caso di licenziamento o dimissioni, mano libera per produrre film e show dal budget della News Corporation per sei anni. Murdoch ha una sola via d'uscita per annullare la clausola: nominare Chernin numero uno. Suo erede.
Enrico Franceschini
per "La Repubblica - Affari e Finanza"
(26/05/08)
per "La Repubblica - Affari e Finanza"
(26/05/08)
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