Cominciamo da Luciano Moggi: comincia come il Grande Burattinaio che ha rovinato il calcio italiano ed è diventato, grazie soprattutto all'appoggio dei tifosi bianconeri (che non sono pochi) il presunto eroe dei perseguitati e offesi, delle vittime dei Poteri Forti. Lui come la Juventus non sono stati puniti per una grave frode sportiva ma solo come vittime di un complotto ordito da forze potenti e oscure. Oggi Lucianone sdottoreggia quasi ogni giorno in tv, viene intervistato a ogni pie' sospinto, regala perle di saggezza, intrattiene pubblici di migliaia di persone, come è successo di recente sulla Riviera romagnola.
Poi c'è l'accoppiata Lele Mora e Fabrizio Corona. Dovrebbero essere i grandi corruttori e i grandi ricattatori, invece Mora è diventato ancora più noto e potente di quanto non fosse, mentre Corona è assurto a simbolo di un'intera generazione: uno che ce l'ha fatta con le armi della furbizia, un bello e impossibile, uno amato e temuto, uno che lancia le mutande dal balcone di casa sua e trova anche qualcuno che le raccoglie. Uno che sfrutta ogni occasione per fare soldi, in barba a precetti morali e buona educazione, uno che riprende di miglior offerente, uno che mesta in un torbido che anche il Mostro della Laguna Nera si troverebbe a disagio. Anche lui, un modello vincente di questi anni Duemila.
Infine Gianpiero Fiorani, il caso più misterioso di tutti. Uno che è stato banchiere, e che banchiere, uno che ha tentato ardite operazioni finanziarie, uno che entrava nei salotti bene della Banca d'Italia, oggi è un satellite del duo Mora-Corona: si fa ospitare nella villa sarda di Lele, si fa fotografare in pose equivoche con Costantino Vitagliano, si esibisce al Billionaire tra danze sfrenate, flash e follie notturne. Verrebbe da chiedersi: perché? E' soltanto una tardiva scoperta della dolce vita o c'è qualcosa di più?
Tutti e quattro questi personaggi hanno in comune il fatto che la magistratura si sia interessata di loro, per reati più o meno gravi. Su tutti il giudizio penale è sospeso: quello morale un po' meno. Eppure per loro è scattata quella solidarietà tutta italiana per i furbi, gli ingegnosi, i dritti, quelli che la mettono in tasca a tutti gli altri. E' il fascino tutto e soltanto nostro per chi è riuscito a fregarci, un'aura di santa impunità che ci fa meravigliare e anche, speriamo, un po' rabbrividire.
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Ormai la società dello spettacolo ingloba, digerisce e ricicla tutto: veline, ex mogli di cantanti, fotografi e ricattatori, ex banchieri e arbitri, giocatori e delinquenti. Tutto finisce nel gran calderone che deve fare spettacolo. Come si è arrivati a tutto questo? Lo abbiamo chiesto a Pippo Baudo, uno che frequenta lo show business da 45 anni e che si visto passare davanti di tutto. «Innanzitutto devo dire che io sinceramente non sono per la legge manzoniana di 'dalli all'untore'. Non voglio emettere sentenze, perché questo lo fa soltanto la magistratura e io le sentenze le rispetto. Dell'aspetto penale non mi preoccupo e per il momento mi sembra che sentenze definitive non ce ne siano. Certo, cambiando prospettiva, non posso non verificare che c'è un totale ribaltamento dei valori: in questi giorni per esempio si discute dei candidati all'Isola dei Famosi come se si trattasse dei candidati a fare il Governatore della Banca d'Italia, o il Presidente della Repubblica, ma andiamo...».
Corona in un caso è già stato assolto dall'accusa di estorsione. Ma dal punto di vista morale è difficile non sentirsi in imbarazzo di fronte ai suoi mercanteggiamenti di foto con persone che erano stata colte in momenti di debolezza...
«Fabrizio lo conosco bene perché era figlio di Vittorio, un giornalista di cui ero grande amico. Certo non è un esempio da additare a tuo figlio, da dirgli: da grande diventa come lui. Però credo che adesso sia vittima di se stesso, del personaggio che si è ritagliato addosso. Sta ricoprendo un ruolo da cui non riesce più a spogliarsi. Come quando va alle inaugurazioni degli shop center e purtroppo è attorniato da stuoli di ragazzine che lo adorano. Si è messo in un angolo da cui non riesce più a uscire».
Il mondo dello spettacolo però è cambiato radicalmente da qualche decennio fa. Pensiamo alla vicenda di Walter Chiari e Lelio Luttazzi: per quanto finita in nulla, li travolse in pieno e li spazzò via dallo spettacolo solo perché la gente non riuscì a perdonarli...
«Ha ragione, soprattutto per quanto riguardava Lelio. Lelio ebbe la vita distrutta da quell'accusa in cui non c'entrava niente. Ha abbandonato le scene, e soprattutto il pianoforte, per 40 anni. Non ha quasi più voluto uscire di casa. Solo di recente siamo riusciti a convincerlo a tornare a esibirsi, ma a più di 80 anni, non dimentichiamoci quello che ha passato, un'esistenza davvero distrutta. E' vero: la sua vita è stata rovinata perché, seppur innocente, c'era l'ignominia della gente, la vergogna, la condanna, una vera e propria morte civile decretata dall'opinione pubblica. Rispetto a oggi una differenza abissale. Per Walter Chiari fu diverso perché lui aveva un animo più ribelle e riuscì a reagire».
Ma in quale momento è cambiato in questo modo così clamoroso il mondo dello spettacolo? Quale è stato il punto in cui i valori si sono rovesciati? In cui i cattivi sono diventati i buoni e i buoni vengono visti come gente un po' scema?
«Secondo me il punto di svolta è stato la proliferazione delle reti televisive. C'è stato bisogno di avere tanto prodotto per attirare tanto pubblico, e poi è stato necessario scuoterlo con spettacoli sempre più forti... è vero, prima c'era il torpore democristiano un po' bacchettone. Ma qui siamo passati dalle calzamaglie imposte alle Kessler al nudo integrale, ed è stata una corsa molto veloce. Il problema è che oggi devi fare venti varietà a settimana e allora scopri che anche la Loredana Lecciso ha delle qualità artistiche, il che mi sembra eccessivo...».
Inviterebbe mai qualcuno di questi personaggi - Giampiero Fiorani, Luciano Moggi, Lele Mora o Fabrizio Corona - in una delle sue trasmissioni?
«Se fosse necessario a raccontare al pubblico le ragioni di un fenomeno oppure le ragioni di un personaggio, allora sì. Certo non dovrebbe essere per assolverli o addirittura per incensarli come purtroppo è accaduto in alcune trasmissioni televisive. Più di tutti, lo confesso, mi incuriosisce la parabola di Fiorani. Non dimentichiamoci che ha tentato la scalata all'Antonveneta e per questo corteggiava Fazio, andava insieme con lui tutte le mattina a Messa, si batteva il petto insieme con lui... perché come sapete Fazio va a Messa tutte le mattine. Ebbene: vedere un tipo così, che frequentava i salotti silenziosi e compassati dell'alta finanza, vedere uno così, dicevo, che ora si scatena al Billionaire, che si fa fotografare con Costantino, che fa strage di cuori... be', la sorpresa è stata davvero grossa. Uno sbracamento del genere era impossibile da immaginare. Mi incuriosisce molto l'aspetto umano e direi psicologico. Non credo che sia una cosa avvenuta così, che sia stata una decisione solo per farsi notare, perché era l'unico modo per sopravvivere, sono convinto che ci deve essere dietro qualcosa di più profondo. Mentre con Corona tutto è più prevedibile, in fondo faceva il fotografo, e per Mora idem, mentre Moggi ha sempre fatto solo e soltanto se stesso, con Fiorani è diverso, con lui il salto della quaglia è stato più clamoroso. Lui lo intervisterei volentieri, però si dovrebbe arrivare a una conclusione, a un senso finale, intervistarlo solo per fare audience non mi interessa, per fortuna posso fare audience anche in modo più dignitoso. In fondo si può continuare a fare della buona tv».
Piero Degli Antoni
per "Nazione-Carlino-Giorno"
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