Il Cucuzza furioso: 'Mi criticano e poi mi copiano'
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Libero
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Televisione
Cambiano le stagioni politiche, gli epurati tornano, altri se ne vanno. Ma lui resta sempre lì. Premiato dagli ascolti e dal palinsesto. Michele Cucuzza, da 25 anni nella tv pubblica, prima come inviato delle tre testate giornalistiche, da dove ha seguito i più grandi fatti della cronaca, poi come mezzobusto del Tg2, comincerà fra pochi giorni la decima edizione de "La vita in diretta".
Sopravvissuto all'era Berlusconi e a quella di Prodi. Qual è il segreto?
«Be', qualcosa di più che sopravvissuto, "La vita in diretta" è il primo programma del pomeriggio, malgrado la forte concorrenza di Canale 5 e la tendenza, anche in Rai, a fare cose simili. Forse il segreto è che non si tratta di un programma politico, quindi non ci sono aspettative su di noi».
E non hai mai avuto pressioni?
«Sinceramente no. Mai avuto interferenze: né quando al governo c'era la Cdl, né ora con Prodi».
Lei, comunque, ha un passato di parte: ha militato nel movimento studentesco, è stato socialista...
«Io non rinnego quel passato. Anche se poi, rispetto al movimento studentesco, ho preso le distanze. Come non rinnego di essere stato un giornalista "lottizzato"».
Craxiano, per l'esattezza.
«Sì, è vero. Però già allora, prima di Mani Pulite, io e altri dicemmo pubblicamente che quel metodo era sbagliato. Il discorso era questo: abbiamo fatto parte del meccanismo della lottizzazione, ma ora basta. È sbagliato. Da allora, ho cercato di tener fede a questa idea».
È meglio non schierarsi?
«Chiariamo una cosa: io ho le mie opinioni, le mie simpatie. Ma credo sia giusto, quando si fa il mio mestiere, avere un atteggiamento equidistante».
Berlusconi si è lamentato del fatto che la politica, per colpa della tv, è diventata un teatrino. È d'accordo?
«L'approfondimento politico è importante. E credo che quello fatto in Rai, ma anche a Mediaset, sia fatto bene. Poi ognuno è libero dì dare il giudizio che crede. Ma che ci sia è opportuno».
La Rai, negli ultimi tempi, è stata al centro di svariate bufere. Come vede il 2008 del Servizio pubblico?
«Mi auguro continui a essere un grande centro di comunicazione popolare. Certo, vedere situazioni che mettono a disagio questa azienda mi dispiace...».
Dopo 25 anni in Rai, non le vien voglia di passare alla concorrenza?
«E perché? "La vita in diretta" va bene. Diciamo così: spero che l'azienda pensi che io possa essere ancora utile».
Anche se i contenitori politici vi fanno concorrenza sulla cronaca nera. Le dà fastidio?
«Bruno Vespa, quando è stato ospite da noi, ha dato su questo una risposta che condivido: la cronaca nera è sempre stata in televisione perché suscita l'interesse degli ascoltatori. È vero. Non è un espediente, è una risposta a una domanda».
Nonostante il successo, però, non è indenne dai dispetti di "Striscia la notizia..
«Eh già. Un po' fa parte del gioco. Anche se, francamente, quest'ultima vicenda di Emanuele Filiberto non l'ho proprio capita».
Riassumo: hanno attaccato un servizio de "La vita in diretta" in cui si faceva vedere Emanuele Filiberto a una festa, ma in cui mancavano le immagini di lui ubriaco
«Intanto quel servizio era 'di' due anni fa. Tanto che quando l'abbiamo visto con gli autori, nessuno di noi se lo ricordava. Poi ho chiamato la collega che lo ha fatto e mi ha spiegato di aver preso le immagini da Internet. Ha utilizzato quelle che c'erano e quelle di Emanuele ubriaco non c'erano. Se le avessimo avute, le avremmo messe. Ma non le avevamo. Tutto qui».
Nel 2007 ha scritto il suo secondo libro, "Sotto i 40", storie di 16 giovani di successo. Anche lei è contagiato dal virus del secondo lavoro come scrittore?
«I miei sono libri giornalistici. Il primo, "Ma il cielo è sempre più blu", era un doveroso riconoscimento ai giovani di Locri, a cui dobbiamo molto».
Quest'ultimo, invece, mette il dito nella piaga di questo Paese: il problema del ricambio generazionale che non c'è. Non crede valga anche per la tv?
«Come no. Confesso che quando ho letto che il New York Times, nel famoso reportage, a proposito del fatto che l'Italia è un Paese vecchio diceva "basta guardare i conduttori televisivi", ho pensato: oddio, speriamo non abbia guardato "La vita in diretta"!».
Magari non ce l'aveva con lei, ma non ha tutti i torti..
«Io parlo per me e dico che sono pronto a dare il mio contributo perché ci sia più spazio per i giovani, magari comunicando la mia esperienza. Quanto al ricambio generazionale, credo che la soluzione sia sempre la stessa: servono più concorsi, scuole di formazione. Io, comunque, sono disponibile a dare il mio contributo».
Sopravvissuto all'era Berlusconi e a quella di Prodi. Qual è il segreto?
«Be', qualcosa di più che sopravvissuto, "La vita in diretta" è il primo programma del pomeriggio, malgrado la forte concorrenza di Canale 5 e la tendenza, anche in Rai, a fare cose simili. Forse il segreto è che non si tratta di un programma politico, quindi non ci sono aspettative su di noi».
E non hai mai avuto pressioni?
«Sinceramente no. Mai avuto interferenze: né quando al governo c'era la Cdl, né ora con Prodi».
Lei, comunque, ha un passato di parte: ha militato nel movimento studentesco, è stato socialista...
«Io non rinnego quel passato. Anche se poi, rispetto al movimento studentesco, ho preso le distanze. Come non rinnego di essere stato un giornalista "lottizzato"».
Craxiano, per l'esattezza.
«Sì, è vero. Però già allora, prima di Mani Pulite, io e altri dicemmo pubblicamente che quel metodo era sbagliato. Il discorso era questo: abbiamo fatto parte del meccanismo della lottizzazione, ma ora basta. È sbagliato. Da allora, ho cercato di tener fede a questa idea».
È meglio non schierarsi?
«Chiariamo una cosa: io ho le mie opinioni, le mie simpatie. Ma credo sia giusto, quando si fa il mio mestiere, avere un atteggiamento equidistante».
Berlusconi si è lamentato del fatto che la politica, per colpa della tv, è diventata un teatrino. È d'accordo?
«L'approfondimento politico è importante. E credo che quello fatto in Rai, ma anche a Mediaset, sia fatto bene. Poi ognuno è libero dì dare il giudizio che crede. Ma che ci sia è opportuno».
La Rai, negli ultimi tempi, è stata al centro di svariate bufere. Come vede il 2008 del Servizio pubblico?
«Mi auguro continui a essere un grande centro di comunicazione popolare. Certo, vedere situazioni che mettono a disagio questa azienda mi dispiace...».
Dopo 25 anni in Rai, non le vien voglia di passare alla concorrenza?
«E perché? "La vita in diretta" va bene. Diciamo così: spero che l'azienda pensi che io possa essere ancora utile».
Anche se i contenitori politici vi fanno concorrenza sulla cronaca nera. Le dà fastidio?
«Bruno Vespa, quando è stato ospite da noi, ha dato su questo una risposta che condivido: la cronaca nera è sempre stata in televisione perché suscita l'interesse degli ascoltatori. È vero. Non è un espediente, è una risposta a una domanda».
Nonostante il successo, però, non è indenne dai dispetti di "Striscia la notizia..
«Eh già. Un po' fa parte del gioco. Anche se, francamente, quest'ultima vicenda di Emanuele Filiberto non l'ho proprio capita».
Riassumo: hanno attaccato un servizio de "La vita in diretta" in cui si faceva vedere Emanuele Filiberto a una festa, ma in cui mancavano le immagini di lui ubriaco
«Intanto quel servizio era 'di' due anni fa. Tanto che quando l'abbiamo visto con gli autori, nessuno di noi se lo ricordava. Poi ho chiamato la collega che lo ha fatto e mi ha spiegato di aver preso le immagini da Internet. Ha utilizzato quelle che c'erano e quelle di Emanuele ubriaco non c'erano. Se le avessimo avute, le avremmo messe. Ma non le avevamo. Tutto qui».
Nel 2007 ha scritto il suo secondo libro, "Sotto i 40", storie di 16 giovani di successo. Anche lei è contagiato dal virus del secondo lavoro come scrittore?
«I miei sono libri giornalistici. Il primo, "Ma il cielo è sempre più blu", era un doveroso riconoscimento ai giovani di Locri, a cui dobbiamo molto».
Quest'ultimo, invece, mette il dito nella piaga di questo Paese: il problema del ricambio generazionale che non c'è. Non crede valga anche per la tv?
«Come no. Confesso che quando ho letto che il New York Times, nel famoso reportage, a proposito del fatto che l'Italia è un Paese vecchio diceva "basta guardare i conduttori televisivi", ho pensato: oddio, speriamo non abbia guardato "La vita in diretta"!».
Magari non ce l'aveva con lei, ma non ha tutti i torti..
«Io parlo per me e dico che sono pronto a dare il mio contributo perché ci sia più spazio per i giovani, magari comunicando la mia esperienza. Quanto al ricambio generazionale, credo che la soluzione sia sempre la stessa: servono più concorsi, scuole di formazione. Io, comunque, sono disponibile a dare il mio contributo».
Elisa Calessi
per "Libero"
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