Carlo Freccero è forse, in Italia, uno dei pochi "uomini simbolo" della televisione. Ha contribuito a fare, modernizzando entrambe, sia la televisione commerciale sia quella pubblica. E ha fatto televisione anche in Francia.
È per questo che è la persona giusta per approfondire la proposta di Sarkozy di abolire la pubblicità dalla tv di stato, spalmandone i costi sulla raccolta pubblicitaria dei canali commerciali.
«È una proposta a prima vista seducente - spiega l'attuale Presidente di Rai Sat - ma bisogna contestualizzarla alla realtà culturale francese...».
Bene, facciamolo. Cosa significa, in Francia, abolizione della pubblicità?
Per Sarkozy, intanto, ha significato fare una proposta di sicuro effetto mediatico, utilizzando, come è molto bravo a fare, un argomento fondante della cultura politica della sinistra. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che la proposta di eliminare la pubblicità dalla tv pubblica è un vecchio cavallo di battaglia dei socialisti francesi che considerano la tv commerciale opera del diavolo e, da sempre, hanno un'idea pedagogica della tv di Stato.
Una proposta in qualche modo reazionaria, quindi...
Facendo propria l'idea che la sinistra francese ha della televisione moderna, in effetti la proposta di Sarkozy tende a restaurare l'ancien regime in auge prima della nascita della neo-televisione: il servizio pubblico verrebbe confinato in un ghetto elitario che le impedirebbe di parlare alla maggioranza del pubblico, mescolando l'intento educativo con quello dell'intrattenimento. I due obiettivi della comunicazione verrebbero irrimediabilmente separati. Non dobbiamo dimenticarci che la cultura francese ha un'idea vecchia del mezzo televisivo che sconsiglio assolutamente di esportare in Italia.
E come dovrebbe fare, allora, il servizio pubblico per differenziarsi dalla tv commerciale?
Fare tv generalista intelligente creando cerimonie mediatiche. Veri e propri eventi televisivi, legati alla cronaca ma non solo, che possano coinvolgere ogni tipo di pubblico. Riti collettivi, insomma, che parlano alla comunità un discorso comprensibile da tutti: penso alle grandi partite della nazionale ma anche la trasmissione di Benigni che legge Dante. Eventi, quindi, che possano riuscire a ritrasformare i diversi "pubblici" dei canali specializzati in un unico pubblico trasversale. La tv generalista è l'unico spazio sociale collettivo, condiviso e sincronizzato. Per questo è molto interessante capire che cosa può voler dire una tv pubblica liberata dalla logica della tv commerciale. Ma attenzione non intendo una tv aristocratica, ma una tv per tutti...
Tv popolare e di qualità, insomma. Ma come si fa?
L'importante è non cedere e cercare di lavorare sempre sulla qualità: che non significa affatto elitarismo. Comporta però la capacità di parlare un linguaggio complesso che possa avere letture diverse da parte di pubblici diversi.
Qualche esempio?
Sicuramente Fiorello, e poi Fabio Fazio. Alcune fiction... e poi le Iene o Striscia la notizia, trasmissioni che vanno in onda sulla tv commerciale ma che potrebbero essere benissimo "servizio pubblico".
Per essere "servizio pubblico", ci sembra di capire, si è obbligati ad essere "intelligenti"...
È così. Ma attenzione: l'intelligenza non è nei contenuti ma nella complessità. E nella capacità di utilizzare il linguaggio del futuro, parlando ai giovani e ai settori più evolutivi della società senza ridursi a una cultura monotematica che rincorre la facilità invece che la complessità del linguaggio.
Facile a dirsi...
Bisognerebbe fare quello che ha fatto la tv generalista in America che, accettando la sfida con i canali a pagamento, è riuscita a lanciare alcune fiction di un livello eccellente. La tv intelligente è il nuovo serial americano: Lost, 24, Dr. House hanno sceneggiature di una complessità tale che non ha precedenti.
Già. E, come nel caso del Dr. House, la qualità e l'intelligenza del prodotto fa pure alti ascolti. Ma in Italia le fiction sembrano più rivolte al passato...
È una questione di Dna culturale. La produzione di fiction in Italia è incentrata sulla memoria storica, sulla ricerca continua di una identità nazionale. Per questo non utilizzano ancora, ad esempio, gli effetti speciali e il linguaggio visivo più moderno. In America è il contrario: le fiction made in Usa sono incentrate sul futuro, utilizzano un immaginario contemporaneo, cinematografico.
La sfida di costruire una tv generalista e intelligente, insomma, non è persa.
No, affatto.
Filippo Rossi
per "Secolo d'Italia"