News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Il Sole 24 Ore Finanza e Mercati
In silenzio e lontano dai riflettori Europa e America si sono dichiarate guerra. Nei satelliti. In palio c'è il controllo sulle comunicazioni: i ripetitori che stazionano in orbita a 36mila chilometri di altezza sopra la Terra, pur se invisibili all'occhio umano, sono al centro della rivoluzione digitale e della convergenza. Sui loro transponder passa la nuova frontiera della televisione (il digitale, la pay-tv, il video on demand), della telefonia e di internet.
Oggi in orbita ci sono 261 satelliti che l'anno scorso hanno mosso un mercato da 9 miliardi di dollari, secondo le stime di Euroconsult, la più importante società di analisi del settore. La metà di quei soldi è rappresentata dall'affitto di segnale e di banda ai network televisivi (gratuiti e a pagamento). Una cifra notevole che, peraltro, rappresenta solo la parte a valle del business, ossia la gestione delle trasmissioni, e i suoi usi civili (cui si affiancano le applicazioni militari e nella Difesa che però sfuggono a precise classificazioni ufficiali). A monte c'è un'attività altrettanto fiorente, quello dei costruttori (tra cui il colosso aeronautico Boeing): nei soli Stati Uniti, il primo mercato al mondo, quest'anno le commesse governative di nuovi satelliti toccheranno la stratosferica cifra di 15 miliardi di dollari.
In giro per il mondo ci sono 36 compagnie di gestione di satelliti, ma il mercato di fatto se lo spartiscono tre big, l'americana Intelsat più i consorzi europei Eutelsat, una joint venture franco-spagnola, e Ses. Quest'ultima è il numero uno per giro d'affari, 1,5 miliardi di euro, vanta una copertura terrestre del 99% e, grazie alle costellazioni Astra e Sirius (la più grande piattaforma di trasmissioni tv al mondo), raggiunge 115 milioni di case in Europa.
«È un business in mano a joint-venture o enti pubblici» spiega una banca d'affari, dove a un'alta barriera all'ingresso fa da contraltare un business piuttosto redditizio. Un settore che è sostanzialmente oligopolio e con una forte generazione di cassa. I satelliti sono un mercato che fa gola: non a caso il private equity ci si è gettato sopra. Flussi di liquidità elevati e un business da «utility» lo rendono un target ideale per i fondi: Eutelsat, prima di passare alla spagnola Abertis, è stata controllata da Eurazeo. Lo scorso anno Intelsat, che era di proprietà di Apax Partners, è stata comprata da un altro fondo Bc Partners, mentre nel 2004 PanAmSat era stata acquisita da Kkr e poi rivenduta alla stessa Intelsat.
La natura quasi "difensiva" del business ha riparato,in parte, dai crolli di Borsa: Ses ed Eutelsat, quotate, hanno ceduto rispettivamente il 15% e il 12%, un ribasso contenuto rispetto alle cadute verticali di molti comparti. E il 2008 vedrà i bilanci crescere o rimanere stabili, mentre in tanti settori industriali è una raffica di profit warning e revisioni di stime.
«La parte più rischiosa sono i costi del lancio in orbita e quelli di manutenzione, ma ampiamente ripagata dai flussi di cassa e dalla redditività», spiega Giorgio Drago di Palladio Finanziaria, la merchant bank veneta che fino a due anni fa è stata azionista di Eutelsat. Il vero problema, semmai, è che l'"onda" è partita già anni fa e oggi il consolidamento è alle spalle: spazio per nuove aggregazioni o per altri operatori non c'è.
Dai 20-25 satelliti l'anno lanciati nel mondo tra il 1995 e il 2000 si è passati a circa 10-15 negli anni successivi fino al 2005. «Pochi dei satelliti oggi in aria sono full capacity», spiegano gli analisti, tanto che tempo fa alcuni fondi di private equity avevano pure pensato di unirsi per e rilevare tutti i satelliti sotto-utilizzati dagli operatori. Adesso il mercato sconta un'offerta di servizi satellitari che supera la domanda, ma dalla diffusione delle nuove piattaforme tv può arrivare la seconda ondata.
La pay-tv è un mercato in continua crescita: sulla scia di Sky, il network satellitare del magnate Rupert Murdoch che ha dato un forte impulso al diffusione delle parabole nelle case, e dalla trasmissioni tv via satellite verrà la spinta nei prossimi anni. Tra il 2005 e il 2006 si è registrata la più grossa domanda di broadcasting verso singole abitazioni: il grosso si è concentrato nei Paesi Emergenti come Asia e Sud America.
Ma non ci sono gli appetiti del private equtiy e della finanza per i miliardi che il mercato promette. Sulle comunicazioni satellitari si gioca una partita politica delicata, quella del dominio tecnologico sulle comunicazioni dei prossimi decenni. In ballo c'è la supremazia tra Europa-America e la sfida si combatte sul nuovo sistema di posizionamento globale, il Gps. L'Europa sta sviluppando Galileo, un programma da oltre 3 miliardi di euro partito come una joint-venture mista pubblico-privata e poi divenuta tutto pubblica. Gli Stati Uniti stanno lavorando al «loro» Gps e contano di averlo per il 2015. Alle spalle scalpitano i Paesi emergenti: la Cina lavora a un proprio progetto, il Beidou, la Russia al Glonass.
Chi arriverà per primo imporrà il suo standard e dominerà un mercato, ricco sul lato commerciale (come insegna il boom dei navigatori per autoTom Tom e Garmin), ma soprattutto strategico dal punto di vista politico: la sicurezza e la sorveglianza terrestre stanno diventando una priorità tra gli interessi nazionali. Nella partita globale si gioca un ruolo da protagonista anche l'Italia: Telespazio e Thales Alenia Space, due joint-venture di Finmeccanica, sono impegnate nello sviluppo di Galileo e hanno lanciato Cosmo-SkyMed, una costellazione di transponder per l'osservazione del pianeta
Simone Filippetti
per "Il Sole 24 Ore"