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Storie di Matteo Marani su Sky Sport «2003, Giallo Parma»

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Fonte: Digital-News (com.stampa)

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Sky Italia
  venerdì, 13 maggio 2022
06:00

Storie di Matteo Marani su Sky Sport «2003, Giallo Parma»Torna su Sky l’appuntamento con il programma d’inchiesta e approfondimento storico «Storie di Matteo Marani”, con una nuova puntata intitolata «2003, Giallo Parma», in onda da venerdì 13 maggio alle ore 19 su Sky Sport Calcio e in streaming su NOW (disponibile anche on demand). A distanza di quasi vent’anni dal più grande scandalo vissuto dal nostro Paese, la produzione originale di Sky Sport ripercorre - con documenti inediti e nuove immagini - la strana annata del Parma Calcio, colpito ma non affondato dalle indagini principali. Tra i gol di Gilardino e la fierezza dei tifosi, esce il racconto di una stagione difficile e al tempo stesso esaltante.

Quasi vent’anni fa, il 27 dicembre 2003, veniva arrestato a Milano il proprietario della Parmalat e patron del Parma Calcio Calisto Tanzi. Su di lui e sui dirigenti dell’azienda di Collecchio pendeva l’accusa di bancarotta. La magistratura stava portando alla luce il più grande crack nella storia della finanza europea, con un buco stimato di circa 14 miliardi di euro. La stampa anglosassone arriverà a definirlo “il maggiore scandalo economico del Vecchio Continente”. Ma dietro il drammatico tramonto della Parmalat - azienda con 30 società controllate e 37 mila dipendenti - si nascondeva una seconda tragedia, più piccola ma non meno sentita: il Parma Calcio, lasciato senza stipendi e senza soldi per le trasferte. Ma fu in quella stagione complicata, con un club passato sotto il controllo del commissario Enrico Bondi, che nacque una seconda storia sportiva esaltante. Alle difficoltà del quotidiano fecero da contraltare l’attaccamento del gruppo gialloblù, capitanato dall’allenatore Cesare Prandelli, i gol di Adriano e Gilardino, l’orgoglio dei tifosi, bravi nello spingere il Parma a un passo dalla qualificazione in Champions.

“Storie di Matteo Marani” torna su Sky per raccontare tutto di quell’incredibile dicembre 2003 e dei mesi seguenti. L’ansia per gli arresti dei manager Parmalat, ma pure la risposta coinvolgente e immediata dello staff gialloblù, con il centro sportivo di Collecchio divenuto fortino della squadra. E poi il ruolo dei tifosi, pronti a festeggiare con la squadra agli Autogrill, la forza morale di dirigenti e calciatori, la cavalcata sino al duello finale con l’Inter per un posto in Champions. Se il decennio precedente aveva visto il Parma vincere praticamente tutto - fra cui la Coppa delle Coppe, due Coppe Uefa, una Supercoppa Europea e tre Coppe Italia - fu quell’annata sofferta e molto particolare a cementare l’amore tra tifosi e maglia.

Curata da Andrea Parini e Fabio Fiorentino, che hanno messo la loro firma sulla regia, sul ritmo serrato e spettacolare delle immagini, la nuova puntata di “Storie di Matteo Marani” presenta alcune interviste di rilievo: dall’allenatore del Parma 2003/04 Prandelli all’ex degli anni d’oro gialloblù Gigi Buffon, da Arrigo Sacchi ai dirigenti Luca Baraldi e Lorenzo Minotti, talent di Sky, chiudendo con le voci del mondo finanziario come il giornalista dell’Espresso Vittorio Malagutti e l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. “2003, Giallo Parma”, in onda da venerdì 13 maggio alle ore 19 su Sky Sport Calcio e in streaming su NOW (disponibile anche on demand su Sky). 

Ecco la programmazione di "Storie di Matteo Marani – 2003, Giallo Parma" su Sky e in streaming su NOW. Disponibile anche on demand.

Venerdì 13 maggio

  • ore 19: Sky Sport Calcio
  • ore 21: Sky Sport Football
  • ore 22: Sky Sport Arena
  • ore 23: Sky Sport Calcio
  • ore 24: Sky Sport Uno

Sabato 14 maggio

  • ore 12: Sky Sport Uno
  • ore 13: Sky Sport Calcio
  • ore 14: Sky Sport Football
  • ore 16.45: Sky Sport Uno
  • ore 22.15: Sky Sport Uno
  • ore 24: Sky Sport Calcio

Domenica 15 maggio

  • ore 10.30: Sky Sport Calcio
  • ore 14: Sky Sport Arena
  • ore 15.30: Sky Sport Calcio
  • ore 19.30: Sky Sport Football
  • ore 21.30: Sky Sport Uno
  • ore 22.45: Sky Sport Arena
  • ore 24.30: Sky Sport Calcio

 #SkyStoriediMatteoMarani - 2003, GIALLO PARMA

Il 27 dicembre 2003, una pioggia incessante cadeva su Milano. Sulle macchine in sosta, sui palazzi, sulle strade del centro. Fu in via Passione che Antonio Martino, maggiore della Guardia di Finanza e capo della sezione giudiziaria della Procura milanese, avvicinò Calisto Tanzi. "Deve seguirci", gli disse. Era lì per arrestarlo. Il proprietario di Parmalat, l’uomo che aveva fatto del latte un impero su cui non tramontava mai il sole – Australia e Cina comprese - tentò di giustificarsi: "Avrò preso 100, al massimo 200mila lire" rispose. Il buco era invece di 28mila miliardi di lire, 14,3 miliardi di euro, il più grande dissesto nella storia della finanza europea.

Mentre usciva dalla caserma di Piazzetta Umanitaria, diretto verso il carcere di San Vittore, Tanzi salutò i giornalisti. Era un gesto ridicolo di fronte alla bancarotta che stava travolgendo la Parmalat, ma per troppi anni Calisto si era abituato a salutare tutti: ministri e cardinali, procuratori di calcio e banchieri. Tanzi si era alimentato in particolare dell’ammirazione di Parma, da lui elevata a capitale sportiva. Aveva vinto la prima Coppa Italia il 14 maggio ’92, esattamente 30 anni fa, sollevata al cielo dal capitano Lorenzo Minotti, seguita la stagione successiva dalla finale di Coppa delle Coppe vinta a Wembley. Erano poi giunte la Supercoppa europea contro il Milan di Capello, febbraio ‘94, e due Coppe Uefa. La prima conquistata nel ’95 contro la Juve, vendicandosi dello scudetto perso per poco, la seconda nel ‘99, firmata a Mosca da Chiesa e Crespo, l’ultimo trionfo di una nostra formazione nella manifestazione divenuta nel frattempo Europa League. Con l’arresto di Tanzi, si chiudevano per sempre gli straordinari Anni 90 del Parma. Escluse Juve, Inter e Milan, ancora oggi nessun club italiano ha vinto di più in Europa. A riprova che la smodata, folle ambizione del Re del latte aveva prodotto da un lato le gravi perdite pagate dai risparmiatori, dall’altro i grandi successi del calcio. È il paradosso di una storia tutta paradossale, in cui il Parma – nell’ora più drammatica – aiutò la Parmalat, e non il contrario come era accaduto sino ad allora.

Quando viene arrestato a Milano, Tanzi ha 64 anni. Da 40 guida l’azienda, presa in mano alla morte del padre Melchiorre. Da azienda di prosciutti e conserve, l’ha trasformata in multinazionale con 30 loghi. Dal ’68 quella azienda si chiama Parmalat. La svolta è avvenuta in quegli anni, grazie a due scoperte decisive. La prima Tanzi l’ha fatta in un  viaggio in Svezia. Ha conosciuto il tetra-pack, la confezione in cartone che permette al latte di viaggiare ovunque e in maniera più sicura rispetto alle vecchie bottiglie di vetro. La seconda è il procedimento UHT. Il latte viene portato sino a 140 gradi per azzerare i microbi. Ciò permette, da ultimo, il mantenimento per mesi. E Tanzi diviene re del latte a lunga conservazione, che a questo punto può essere portato nel mondo. Ma un prodotto nuovo, per diventare di successo, necessita di immagine. E cosa meglio dello sport? Così Tanzi sponsorizza lo slalom parallelo di sci tra Thoeni e Stenmark e mette il suo logo sulla tuta e il cappellino di Niki Lauda, che rende fama planetaria. Quel suggerimento gliel’ha dato Domenico Barili, capo del marketing, ma soprattutto uno di Collecchio.

Tutto ciò che riguarda Parmalat - apice e crollo, trionfo e tonfo - si lega in linea diretta a Collecchio, ai campi verdi e agli allevamenti di animali, i veri pozzi petroliferi dell'Emilia. Siamo a venti minuti di auto da Parma, nella parte sud-ovest della provincia. Vista da qui, la Milano in cui il cavaliere del lavoro Calisto Tanzi è arrestato la sera del 27 dicembre, è un luogo distante. Differenti sono anche i personaggi. Tra i vertici Parmalat, nessuno è laureato in Bocconi, nessuno ha fatto master all’estero. Sono stati dei semplici ragionieri di provincia a raggiungere il listino principale di Piazza Affari e a ingannare le maggiori banche del pianeta.

Qua la chiamano proprio così: la squadra dei ragionieri. Dalla partita doppia alla loro doppia partita. Oltre a Tanzi, all’istituto Melloni – ancora nella sua storica sede, dove si è diplomato ragioniere pure l’attore Franco Nero - ha studiato l’intero gotha aziendale. Per esempio Luciano Silingardi, il commercialista che dall’88 guida la potente Cassa di risparmio di Parma, o il tesoriere Parmalat Franco Gorreri. Soprattutto Fausto Tonna, entrato in azienda nel ‘72. Se Tanzi è il protagonista della maggior tragedia industriale del Paese, un Re Lear padano, Tonna è il cervello. Ha modi bruschi e scontrosi, ma possiede al contempo grande capacità di lavoro e grande astuzia. Su ordine del capo, ha costituito la Parmalat parallela: conti falsi e false società nei paradisi fiscali. Fra pensieri che toglierebbero il sonno a qualsiasi persona, Tonna, consigliere del Parma dal 2002, trova il tempo per rispondere ai calciatori. Lo scoprirà il perito del Tribunale, Stefania Chiaruttini, indagando nella posta del Direttore finanziario.

Il Parma rappresenta per Tanzi il principale strumento di consenso. Proprio Tonna lo spiega bene ai giudici, durante l’interrogatorio che vi mostriamo, ripescato direttamente dal fascicolo d’indagine. "Entrai nel consiglio di amministrazione del Parma calcio su richiesta di Baraldi e Stefano Tanzi nel tentativo, per quanto segnalatomi dai due, di arginare le decisioni di acquisto dei calciatori che il cavalier Tanzi compiva in completa autonomia, pur non avendo alcuna carica e ruolo nel club". In una vita di lavoro e preghiera, da cattolico praticante, il calciomercato è l’unica tentazione del capo. Parmalat fattura 7 miliardi d’euro all’anno, ha 260 società, di cui una trentina sotto diretto controllo, e 36mila dipendenti, ma la popolarità scaturisce dal pallone, indispensabile anche a sedurre la città.

Tra corso della Repubblica e piazza Garibaldi, in cui i tifosi hanno festeggiato la salita in A nel ‘90 e tanto festeggeranno nel decennio, la famiglia regnante è Barilla, sponsor della Roma di Falcao. Tanzi insegue il sorpasso pure sul mercato delle merendine: è Mister Day contro Mulino Bianco. La sfida tra dinastie si gioca pure su Gazzetta di Parma, Banca del Monte, Assindustria. Il collecchiese, dalla sua, ha in più il calcio.

Per questo la notizia che giunge sui giornali sportivi la mattina del 10 dicembre 2003 è qualcosa di inatteso e sconvolgente. "Un mare di debiti per l’impero Tanzi, e il Parma trema" si legge in prima pagina della Gazzetta. È uno shock che getta nel panico lo spogliatoio gialloblù, la città e il mondo. Parmalat ha sponsorizzato Real Madrid, Benfica, Boca Juniors, Penarol, Marsiglia, CSKA Mosca. Nel ’91 ha acquistato il Palmeiras di Roberto Carlos e vanta proprietà dalla Romania al Venezuela. Nel momento del crack, il Parma è quinto, a un punto dalla zona Champions. In campo è guidato dalla potenza del brasiliano Adriano e dall’emergente Gilardino, mentre in panchina siede Cesare Prandelli, tecnico che la stagione precedente ha scelto Parma per intraprendere una carriera che lo porterà sino alla Nazionale. Il contraccolpo per la notizia è forte, ma genera un’immediata alchimia fra Prandelli, il dirigente Lorenzo Minotti – che qui ha trascorso molti momenti gioiosi di calcio e di vita – e il direttore generale Patrick Nebiolo. Il quale rassicura la stampa: "Ci stiamo rendendo autonomi da Parmalat".

Il legame tra casa madre e club è difficile da spezzare. In una conferenza all’Hotel Baglioni, il 17 luglio 1990, Tanzi aveva annunciato di essere salito dal 38% al 92% del club, passando da sponsor a padrone, e indicando nel gentiluomo Giorgio Pedraneschi il nuovo presidente. Quello precedente, Ernesto Ceresini, nel cuore di ogni parmigiano, prima di morire aveva raggiunto la Serie A e aveva battezzato – nel grande calcio – un allenatore destinato a sfondare: Arrigo Sacchi. In questo difficile inverno 2003, Sacchi è rimasto al Parma come consigliere di Tanzi, dopo le clamorose dimissioni dalla panchina gialloblù nel febbraio 2001, causate da stress.

È però Nevio Scala l’uomo che ha davvero illuminato, con la saggezza del buon padre di famiglia, la prima fase del Parma di Tanzi. Il debutto in Serie A nel ’91 si è chiuso con sesto posto e ingresso in Uefa, ma è stata la vittoria in Coppa Italia l’anno dopo a marcare l’avvio di un’autentica epopea. Il Parma si è imposto 2-0 nella finale di ritorno contro la Juve. Hanno segnato l’amatissimo Sandro Melli e Marco Osio, per tutti il sindaco dal giorno in cui qualche tifoso ha scritto il nome al seggio.

D’altronde, è lo spirito goliardico del gruppo: scanzonato, allegro, familiare. Le copertine colorate di Parma Look, mensile rivolto alla tifoseria, che raggiungerà buoni numeri di vendita nel decennio d’oro, certificano il senso di coesione e di amicizia che si respira nello spogliatoio.

Il simbolo è diventato il Tardini, impianto a misura d’uomo dentro la città, dove la gente arriva la domenica a piedi. Più che uno stadio, è un salotto, è qualcosa d’impensabile nelle frenetiche Roma e Milano. E ancora più intima appare la Cittadella, il parco cittadino teatro degli allenamenti dei ragazzi di Scala. Nulla è blindato e nulla è nascosto, al contrario dei centri sportivi del futuro. Alla Cittadella si possono seguire da vicino le esercitazioni di Benarrivo e Di Chiara, di Zoratto e Zola, colpo arrivato dal Napoli. Accanto ai campioni come Taffarel, voluto per lanciare i succhi di frutta in Brasile e primo portiere straniero della Serie A in tempi moderni, compaiono anziani in bicicletta e madri con i passeggini.

In questo luogo capace di trasmettere la giusta serenità all’ambiente è stata costruita la più grande impresa nella prima fase gialloblù: la Coppa delle Coppe. Il Parma si impone sull’Anversa 3-1. Il primo gol lo segna proprio il capitano, Lorenzo Minotti, che corre verso la curva ripiena di tifosi. Sono saliti in oltre 14mila a Wembley, e fra questi c’è un giovanissimo Gigi Buffon, da poco giunto da Carrara. I due restanti gol firmati Melli e Cuoghi consegnano quel 12 maggio ‘93 alla memoria della città e a una storica copertina del Guerin Sportivo, che qui vediamo. È l’apoteosi di Tanzi, al secondo trofeo in un anno, cui si aggiungerà la Supercoppa Europea.

Quei tempi sono purtroppo lontani nel 2003, quando la cronaca nera prende il sopravvento sul resto. Il 23 dicembre, quattro giorni prima dell’arresto di Calisto, si legge: “Perquisiti i Tanzi”. In realtà, nella villa di Alberi di Vigatto, dove il patron sconterà gli arresti domiciliari, e simbolo del potere, non c’è nessuno. Il padrone di casa è in Ecuador, dopo essere passato dal Portogallo. Lui assicura per visitare Fatima e fare una vacanza con la moglie, il giudice milanese Guido Salvini sospetta che quel volo sia servito a sistemare i conti in Sudamerica, nell’altra metà del mondo Parmalat. Mentre a Milano la Procura è attiva da tempo, Parma ha iniziato adesso a indagare sui misteri di Collecchio. In questo palazzo che oggi come allora ospita il Tribunale, si scriverà una storia diversa da quella raccontata dalla stampa amica: 25 anni per Calisto Tanzi fra Milano e Parma, 8 anni e 11 mesi per Fausto Tonna unendo i filoni d’inchiesta, e ben 13 manager Parmalat condannati. Un’ecatombe.

I giudici sono stati allertati dalla Consob, la quale il 16 novembre si è finalmente mossa. Da mesi, infatti, troppi segnali inquietavano il mercato. In febbraio un bond era stato emesso, poi ritirato, poi emesso. Le azioni oscillano, bruciando miliardi. Il record è il 19 dicembre: -66%. Su ogni altra cosa pende una domanda: perché Tanzi non ricopre l’indebitamento – stimato in oltre 10 miliardi di euro - con la liquidità che sostiene di avere? Risposta semplice: quei soldi in cassa non ci sono mai stati.

L’architettura finanziaria messa su da Tanzi e Tonna è difficile persino da descrivere.

Il continuo shopping di aziende nel mondo, dall’America all’Europa, dall’Asia all’Oceania, ha aumentato parallelamente i debiti, ricoperti da nuovi bond e da altri prestiti obbligazionari. I soldi entrano e spariscono nelle tasche della famiglia Tanzi: 800 milioni dal 90 al 2003. Il giochetto è iniziato quando Tanzi ha comprato Odeon tv come favore agli amici politici: le perdite sono state riversate sui titoli Parmalat.

Nel 1998, nei giorni in cui al Parma approda Alberto Malesani, Tonna e Tanzi hanno dato vita alla più grande truffa mai realizzata in Europa: la Bonlat Financing Corporation. Dovrebbe essere la cassaforte della Parmalat, invece è vuota. È solo una cassetta postale, senza uffici o dipendenti, a Georgetorwn, in mezzo agli atolli e alle barriere coralline. La società asserisce di avere in cassa 3,9 miliardi di euro, sul conto corrente intestato alla Bank of America. Il 19 dicembre 2003, quando manca una settimana all’arresto di Calisto Tanzi, la società di revisione chiede a New York lumi su quel conto. Attimo di pausa: non c’è, quel conto non esiste.

Il tesoretto di Bank of America l’hanno inventato a Collecchio Tonna e i suoi uomini. I conti sono due: 52252 e 85419. Li hanno fabbricati al computer, utilizzando i loghi delle banche e un comune scanner. L’estratto da 14 miliardi di euro non esiste. Pure l’inglese dei documenti è sgrammaticato. Ma nessuno se ne è accorto, nessuno ha esaminato bene. Non il collegio sindacale, non la Consob, non le società di revisione, non Centrale rischi di Banca di Italia, sebbene Parmalat Spa - nel 2003 - sia esposta per 386 milioni con Banca Intesa, per 297 con Sanpaolo, per 196 con Unicredit. E poi ci sono Bank of America e Citigroup, colossi mondiali che hanno inviato uomini in Italia per salvare il salvabile. La spazzatura ricadrà da ultimo sui risparmiatori, ai quali sono stati offerti bond sino alla vigilia immediata del default. Centomila solamente in Italia. Per mesi sfileranno nei tribunali, non ricevendo nulla o quasi indietro.

L’11 dicembre i giornali sportivi sono concentrati sul Parma: “La crisi anticipa i saluti di Adriano”. Il 16 dicembre, lo sfaldamento della rosa gialloblù appare in prima pagina: “Supermercato Parma”. Vendere per sopravvivere. Il primo sacrificio è appunto Adriano, ceduto a gennaio all’Inter, che ne deteneva la metà. La settimana prima, la situazione debitoria di Parmalat è diventata di pubblico dominio. La svolta è datata 6 dicembre. In una drammatica riunione tenuta a Roma con i creditori, un manager emiliano si è fatto sfuggire che Parmalat non ha fondi per pagare il bond da 150 milioni in scadenza due giorni dopo. È la goccia che ha fatto traboccare il vaso di latte.

Per il Parma calcio diventano ore di angoscia e paura. Non ci sono più soldi per stipendi e trasferte. Ma il gruppo si compatta, guidato da ragazzi di personalità: ci sono Frey e Bonera, Marchionni e il bomber Gilardino, bravo a caricarsi l’eredità di Adriano per continuare a segnare. Al termine del campionato saranno 23 gol, secondo al solo Shevchenko tra i marcatori. Il gesto più bello arriva dai tifosi: il 31 dicembre – mentre attorno sta venendo giù l’impero – si presentano in massa al campo di Collecchio con pane, salame e malvasia. È quel bellissimo calore di cui il gruppo aveva bisogno per non sentirsi isolato. Il centro sportivo voluto dalla Parmalat a pochi chilometri dalla storica sede aziendale, diviene dunque un fortino. Il 13 dicembre si è presentato qui un disperato Stefano Tanzi per parlare a Prandelli, alla squadra e ai dirigenti. La sua corsa è finita.

Si procede in autogestione. Il Parma e la sua gente, uniti come mai, hanno capito che la sbornia di investimenti e trionfi del passato sono cessati in questo inverno 2003, scaldato da poco sole. Sono archiviati per sempre i tempi in cui il club acquistava il Pallone d’oro Hristo Stoichkov. L’abbuffata di allora presenta il conto ora, col Parma inserito nell’inchiesta Parmalat. Stefano e Calisto Tanzi patteggeranno pochi mesi per il calcio, in continuazione con gli altri processi, mentre altri dirigenti finiranno a processo per bancarotta, tra cui il legale rappresentante di Parmalat Asia. Nella galassia aziendale, il Parma ha ceduto la gestione decennale del logo alla controllata asiatica. È un raggiro, è l’ennesimo lifting al bilancio: i crediti non sono stati riscossi. La distrazione di denaro è finita, come sempre, a Bonlat. Ecco, in originale, la motivazione della sentenza: "Secondo quanto accertato dagli inquirenti, l’accordo intercorso tra Parma Ac e Parmalat Asia Limited deve considerarsi fittizio e finalizzato alla creazione di una (fittizia) posta di bilancio utile a migliorare la situazione patrimoniale ed economica del Parma risultante dal bilancio relativo all’anno 2002”.

Al centro della tempesta c’è soprattutto Stefano Tanzi. La gara con l’Inter del 10 gennaio è l’ultima da presidente. “Il saluto di Tanzi jr: state vicini al Parma" recita il Corriere dello Sport. Essere figlio del patron è stato un compito più gravoso che glorioso, all’ombra di un padre troppo ingombrante. Stefano è timido, è schivo, gioca a calcio nella pausa pranzo affinché nessuno lo veda. Se la sorella maggiore Francesca ha avuto il settore del turismo, idrovora che si è mangiata 500 miliardi di lire in 8 anni, e una presenza nella Gea World composta da tanti figli d’arte, al maschio è toccato il Parma, presidente dal ‘96. La figura divide: è rimasto schiacciato da un peso più grande di lui o viceversa merita la condanna decretata dalla magistratura?

Il momento più esaltante nella vita di Stefano Tanzi rimane certamente il 1999, quando il Parma ha vinto Coppa Italia e Coppa Uefa nella stessa stagione, lottando in campionato con le altre grandi. Il trionfo di Mosca, giunto contro l’Olympique Marsiglia, segna lo zenit della seconda fase gialloblù. Per via dell’esito finale - un 3-0 netto e perentorio - per lo spirito spensierato che ha accompagnato la spedizione – e possiamo rivedere le divertenti immagini del viaggio in Russia – per la forza di quel Parma, il più attrezzato di sempre. Molti resteranno i rimpianti per non avere vinto lo scudetto.

In porta compare il migliore portiere italiano e del mondo, Gigi Buffon, in difesa ci sono Thuram - iscritto a bilancio come una partita di latte: questo rivelerà l’inchiesta - e Fabio Cannavaro, che con Buffon conquisterà il Mondiale 2006. A centrocampo brilla la classe magistrale e unica di Sebastian Veron. In attacco, la coppia dei sogni è formata da Enrico Chiesa ed Hernan Crespo. È una corazzata che l’istrionico Malesani, succeduto a Carlo Ancelotti, guida al punto più alto della storia. I successi sono però costati una quantità inaudita di soldi. Tra il ’97 e il ’99, la Parmalat ha dovuto sborsare oltre 250 miliardi di lire per il Parma.

Il 27 dicembre Calisto Tanzi è arrestato. La notizia è sui quotidiani l’indomani. “Al Parma restano 72 ore per salvarsi dal crack”. Non mancano i giochi di parole: “Tanzi da San Siro a San Vittore”. Nelle stesse ore Parmalat è dichiarata insolvente. Al Tardini domina la preoccupazione, ma anche l’orgoglio di chi vi lavora. La speranza si chiama Enrico Bondi, nominato commissario Parmalat. È manager asciutto e spiccio, concentrato sui soli numeri. Anni prima, con il suo metodo, ha risanato il gruppo Ferruzzi. Dal 9 dicembre guida l’ardua risalita per salvare un’azienda piena di debiti, dove ogni mattina ne spuntano di nuovi. Bondi decide di essere commissario del Parma e si mostra anche allo stadio, affidando i conti del club a Luca Baraldi, ex dirigente Parma, impegnato nei precedenti mesi a ristrutturare la Lazio dopo il crack Cirio.

In effetti, è coincidenza incredibile che Tanzi e Cragnotti falliscano nel medesimo momento storico. Nel ‘99, il primo aveva comprato dal secondo la Centrale del Latte di Roma per 700 miliardi di lire, vincendo la lunga concorrenza nel caseario. Ma è rivalità apparente, poiché i due sono soci in affari: Tanzi ha acquisito il 2% della Cragnotti&partners attraverso ITC, la sua prima società nel turismo. Nel calcio, poi, si sono scambiati calciatori e plusvalenze. Veron è sceso a Roma per 55 miliardi di lire, Crespo per 110, segnando un record. E ancora Almeyda, Sensini, Sergio Conceicao. Latticini e affari, passate di pomodoro e campioni. Tanzi e Cragnotti, fratelli di latte, hanno agito indisturbati negli Anni 90, come il resto del calcio e dell’intero sistema economico italiano, contrassegnato dai furbetti del quartierino. La Serie A ne ha ospitati molti, finiti male come gli originali.

Il Parma è una delle 7 sorelle del calcio italiane. Ricche, opulente, spendaccione.

Si fanno la guerra in campo e si alleano fuori. È l’epoca dei diritti tv. L’arrivo di Sky nel 2003 riunisce le precedenti Telepiù e Stream, appoggiate dai club del centro e dallo stesso Parma. Tanti, tantissimi soldi piovono sul nostro calcio. Tantissimi ne escono.

Secondo Deloitte, che in quegli anni effettua le ricerche sulla Serie A, gli stipendi della stessa sono passati da 400 miliardi di lire del 1998 ai 1.000 miliardi del 2002, più del doppio. Sono gli anni in cui la Roma si assicura Batistuta, nella quale l’Inter preleva Vieri dalla Lazio per 90 miliardi di lire, in cui il Milan saccheggia in Brasile. Le perdite sono salite da 37 a 280 miliardi.

La sbornia degli Anni 90 presenta il suo conto adesso, quando gli Anni 2000 sono appena iniziati. Falliscono Fiorentina e Napoli, mentre Parma e Lazio vengono salvate dal governo. Il primo con una legge che congelerà i debiti, la seconda attraverso un decreto che permetterà di spalmare in 23 anni i debiti verso il Fisco. Nel giugno 2004, tra pochi mesi rispetto alla nostra storia, arriverà un nuovo presidente. Lo Stato che non ha trattato per Aldo Moro, scrive Roberto Beccantini, ha trattato con Claudio Lotito.

Alla roulette della Serie A i presidenti sono stati disposti ad alzare ogni volta la posta in palio pur di anticipare la concorrenza. Il passapartout sono stati i procuratori, dentro a una loro stagione d’oro. Tanzi ha usato in via preferenziale l’argentino Gustavo Mascardi: sarà l’unico procuratore a rimanere impigliato nella giustizia con un patteggiamento di 2 anni per i 6 milioni di euro depositati in Svizzera.

Per sistemare i conti sballati, il Parma ha fatto di più: ha sottoscritto doppi contratti con i giocatori più rappresentativi. Uno è sportivo, l’altro d’immagine. L’ipotesi è la solita: distrazione di denaro. Dagli atti processuali, vi mostriamo uno degli avvisi di garanzia firmati dalla Procura a carico dei giocatori. Questo secondo foglio, dattiloscritto dalla Guardia di Finanza, contiene invece l’elenco dei nomi, tutti assai celebri. Il giudice riterrà di non procedere, valutando – correttamente – che i soggetti non potevano essere al corrente della finalità ultima dell’operazione.

La distrazione di soldi è il meccanismo che ha portato alla bancarotta Parmalat. Gli ex ragionieri del Melloni hanno aperto finanziarie a Malta, Lussemburgo, Olanda, alle Cayman e alle Isole Vergini, tali solo di nome. Nel Deleware, zona fiscalmente franca degli Stati Uniti, per la società offshore hanno scelto un nome che suona come presa in giro: Buconero. Se non si trattasse di un dramma, si potrebbe riderne. Ma l’espediente più fantasioso ha riguardato Cuba: si è registrata una fornitura di latte in polvere per parecchie tonnellate, peccato che quella spedizione non sia mai giunta nel Paese di Fidel Castro. È solo scrittura, solamente carta.

In queste scatole cinesi che rasentano la paranoia, il Parma si è adeguato. La magistratura stabilirà che 10 milioni di euro sono usciti dalle casse, una parte dei quali per finire alla londinese TDA. Ma il Parma è servito anche per operazioni minori. Ha finanziato il Verona di Giambattista Pastorello, direttore sportivo emiliano ai tempi di Scala, poiché il vero padrone dell’Hellas, come sostengono gli inquirenti, è Tanzi. E la Federazione vieta le doppie proprietà. Ma è un dettaglio di fronte ai 26 milioni di plusvalenze scambiate tra i due club e i 16 milioni di compravendite fittizie del Verona. Per questo, Pastorello patteggerà 1 anno e 6 mesi. 

Gli ultimi a difendere la dignità della piazza, crollata nello sconcerto e nella vergona, sono Prandelli e la squadra, impegnati ad allenarsi a Collecchio. Luca Baraldi, rientrato in carica dopo il consiglio di amministrazione del 14 gennaio e che vedrà tramutato in multa un patteggiamento di 30 giorni, ha imposto con fermezza ai procuratori di ridurre gli stipendi degli assistiti: non c’è altra strada. "Baraldi: il piano salva Parma" titola la solita Gazzetta. L’ultimo esercizio ha segnato una perdita di 77 milioni, che ha richiesto di mettere mano al capitale sociale.

Per fortuna, però, ci pensa il governo a correre in soccorso del Parma. A novembre Tanzi aveva chiesto aiuto a Silvio Berlusconi, ma purtroppo per lui erano finiti i tempi d’oro di De Mita, quando Calisto aveva aperto lo stabilimento di Nusco e aveva finanziato l’Avellino con il marchio Santal. Il presidente del Consiglio Berlusconi – sino ad allora collega di Tanzi nelle assemblee di Lega calcio - interviene nella vicenda Parmalat quando Calisto è già in prigione. Dal 17 febbraio 2004 viene convertito in legge il decreto Marzano, che congela i debiti di Parmalat e salvaguarda la continuità operatività della parte sana.

Il 23 aprile, il ministro Marzano inserisce il Parma nella procedura di amministrazione straordinaria. Intanto, nel girone di ritorno, la squadra continua a stupire: vince a Siena, a Genova contro la Samp, in casa del Chievo. Dopo le trasferte, squadra e tifosi si danno appuntamento ai grill dell’Autostrada per festeggiare assieme. Pare una scolaresca in gita, invece è una squadra in lotta per l’Europa. È una vicinanza non retorica e mai banale.

Il 17 febbraio Stefano Tanzi è stato arrestato, ma la squadra non ha mollato. Il Parma ha fermato al Tardini la Juventus sul 2-2, restando in vantaggio sino al novantesimo. Alla terzultima giornata, dopo aver battuto in casa anche Lecce ed Empoli, la squadra si è liberata dell’Ancona con centri di Gilardino, Benny Carbone e dell’australiano Bresciano. È una vittoria che ha lasciato gli emiliani con un punto di vantaggio sull’Inter allenata in quel momento da Zaccheroni, prima dello scontro diretto fissato per la settimana successiva a San Siro.

Il Parma arriva alla penultima con l’Inter per mettersi alle spalle i mesi terribili. È uno spareggio. Dietro ci sono le ceneri della Parmalat e un vertice interamente decapitato dalla magistratura. Nella sede, i dirigenti hanno preso a martellate i computer per cancellare le ultime prove. Sono mesi che il tritacarte macina documenti compromettenti. Ma non basterà ai manager per salvarsi. Ciò che resta dell’impero Parmalat è soltanto una squadra di calcio che viaggia come un’imbarcazione solitaria nell’Oceano dei debiti. A San Siro si gioca la partita che vale l’accesso in Champions. È una gara intesa, vibrante, dove il Parma cerca di difendere porta e pareggio. Nel secondo tempo entra in campo Adriano, proprio lui, l’ex ceduto per sopravvivere. Si procura una punizione e col sinistro micidiale che al Tardini conoscono bene, decide la gara. L’Inter va in Champions, il Parma esce a testa alta e si qualifica in Coppa Uefa, a incorniciare un’impresa.

Quello di Tanzi era stato un impero fasullo, posto su basi fragili e fallaci. Parmalat aveva prodotto ferite irreparabili fra i risparmiatori, derubati dei loro investimenti e delle loro vite. Al tempo stesso, nel momento più basso della vicenda, un gruppo di calciatori in gamba, un allenatore di spessore e un coraggioso gruppo di dirigenti avevano messo insieme una favola che risuona esaltante ancora adesso per il contesto in cui nacque. Finiti i soldi, dimenticati gli incredibili successi del passato, si trovarono accanto solo i tifosi con il loro pane, salame e malvasia. Gilardino segnò i gol che servirono a non crollare, Prandelli usò le arme tattiche e la sagacia di cui c’era bisogno per non affondare, Minotti, Baraldi e il resto della dirigenza – sotto l’occhio vigile di un uomo di finanza come Enrico Bondi, che si era dovuto occupare anche di pallone – portarono in fondo una stagione assurda, pazzesca. Senza stipendi, senza soldi per viaggiare, guardarono avanti con l’obbligo imposto dalle tragedie, grandi o piccole che siano, di continuare.

Il Parma del dopo crack proseguì, dunque. Non avrebbe mai potuto vincere quanto quello di Tanzi, mecenate che aveva svuotato le casse per la sua mania di grandezza, ma quel secondo Parma aveva riscattato agli occhi di tutti gli errori e gli eccessi di un decennio malato della nostra industria. Quei tifosi che a San Siro non volevano uscire dallo stadio, con le bandiere e le loro sciarpe a sventolare, stavano solo dicendo che il calcio – in fondo a ogni difficoltà – è sempre più forte di tutto, più bello di tutto, più necessario di tutto. Dopo il veleno di quei tremendi mesi finali del 2003, fu come bere un bicchiere di latte finalmente pulito e finalmente genuino.

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