
Ma è il toto-nomine il giochino che impazza di più in questi giorni nel mondo della televisione. C’è attesa per l’inevitabile valzer delle poltrone alla Rai: oltre alla svolta politica e al nuovo governo, c’è soprattutto la scadenza istituzionale, a giugno, dell’attuale Consiglio d’amministrazione. Seguirà poi il ricambio a cascata, a partire dalla postazione chiave del direttore generale (come ha ricordato anche Gasparri nella polemica su Travaglio, ospite di Fazio). In realtà, il nuovo vertice avrà influenza sulle programmazioni soprattutto del 2009: la stagione autunnale di quest’anno è infatti già ben delineata e non prevede grandi novità, quindi vede un assetto Rai deboluccio. E allora che vogliamo fare? Parlare ancora un po’ di conflitto d’interessi?
Paradossalmente, in questo periodo tra le teste-guida di Rai e di Mediaset si parla tanto della teoria dei vasi comunicanti della tivù generalista. Che è un po’ l’opposto di quello che ci si aspetterebbe sulla carta. Un declino ulteriore della Rai significa accelerare i tempi del tracollo definitivo della tivù generalista (che in Italia si sta rivelando molto più lento rispetto a quel che è successo negli Stati Uniti), magari a tutto vantaggio del terzo incomodo del sistema, ossia Sky di Rupert Murdoch.
A Mediaset non basta la manovra competitiva dei nuovi canali digitali Premium, in fondo serve una Rai forte che illumini di bei programmi, e costantemente, il territorio generalista. Certo, la competizione ha il suo prezzo: lo si è visto, curiosamente, l’altra sera con il flop su Italia 1 di una puntata special-trash del Bivio di Enrico Ruggeri con Fabrizio Corona, distrutta quasi sullo stesso terreno da un Santoro ciceroneggiante contro «La peggio gioventù», con una sorta di AnnoZero versione Lucignolo in salsa sessantottina.
Ma anche se si guarda alla scena politica del centrodestra, si ritrova conferma dell’indizio del paradosso del conflitto d’interessi. Non solo Mediaset ha bisogno di un rilancio della Rai per tenere largo il mercato della tivù generalista: anche gli alleati politici di Berlusconi, se vogliono potere, devono puntare su una tivù di Stato forte. Se Mauro Mazza va al Tg1, Guido Paglia diventa vicedirettore generale, o il nuovo direttore Franco Matteucci prende possesso del marketing, alla fine sono loro i primi interessati a guidare delle Formule Uno, non delle vecchie corriere stravaganti.
Per non parlare della Lega, che ha giocato molte carte sulla rete Due nordista e sul rilancio del centro di Milano. Lunedì viene incardinato pure un nuovo e ben solido responsabile della gestione delle produzioni, Renzo Canciani, anche in vista dell’Expo. Infine, già qualche mese fa Antonio Marano ha chiesto di saltare da Raidue alla guida di RadioRai, che per gli uomini di Bossi vorrebbe dire l’opportunità storica di spostare quello che fu il grande mezzo del centralismo fascista da Roma in via Asiago, al profondo Nord.
Paolo Martini
per "La Stampa"
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