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Non è mai troppo tardi, Claudio Santamaria intepreterà il Maestro Manzi

News inserita da: Simone Rossi (Satred)

Fonte: Ansa

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Televisione

«Un personaggio popolare amatissimo, ma prima di tutto un grande innovatore, che insegnò a leggere e a scrivere a milioni di italiani. Eppure oggi sono solo in pochi a ricordarlo, mentre tra i giovani quasi nessuno lo conosce».

Dopo aver diretto il film Bianca come il latte rossa come il sangue, con ottimi risultati al botteghino, Giacomo Campiotti torna alla regia di una miniserie per la Rai con 'Non è mai troppo tardi', che racconterà la storia di Alberto Manzi, educatore presso una struttura carceraria minorile romana prima di dedicarsi all'insegnamento come maestro elementare, scelto per presentare il programma tv intitolato proprio 'Non è mai troppo tardi', che lo rese famoso.

A prestare il volto al maestro Manzi, 'padre', riconosciuto e studiato anche all'Università di Harvard, dell'insegnamento a distanza, è Claudio Santamaria, interprete di tanti film di successo e già Rino Gaetano nella fiction sul grande cantautore scomparso. La miniserie è in parte ambientata in un riformatorio in cui saranno molti i ragazzi protagonisti reclutati tra i giovani. «Si vede che raccontare un professore mi è congeniale», spiega Campiotti, in questi giorni sul set. «Il ruolo di educatore è fondamentale, delicatissimo e Manzi è il maestro per antonomasia. Fare un film su di lui è molto importante in un momento in cui non si capisce la scuola in quale direzione voglia andare. Una scuola sempre più nozionistica e non di vita. Lo dico da padre che ogni giorno deve confrontarsi con questi problemi. Manzi insegnava ai ragazzi a pensare e per questo è finito più volte volte sotto processo ministeriale».

Insegnante e scrittore, Manzi condusse dal 1960 al 1968 la trasmissione Rai, un programma che riproduceva vere e proprie lezioni di scuola primaria ed era stato concepito per combattere l'analfabetismo dell'epoca. La miniserie sarà ambientata nel secondo dopoguerra, andando a coprire gli anni che vanno dal '46 al '60.

Subito dopo la guerra, Manzi aveva insegnato per un anno nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma, un'esperienza che lo segnò profondamente sul piano pedagogico e poi, dagli anni '50, nelle scuole elementari. La fiction racconterà il secondo periodo post-bellico della storia d'Italia unita, ma anche quella tv ancora agli albori, lontana dalla multipiattaforma digitale alla quale oggi siamo abituati, nella quale un volto come quello di Alberto Manzi è da subito diventato familiare.

Fra gli anni '50 e '70 andò periodicamente anche in America Latina a svolgere un lavoro di alfabetizzazione. Il suo impegno di educatore è la testimonianza di una continua ricerca pedagogica e didattica per migliorare la qualità dell'istruzione a partire dai soggetti più difficili, perchè rimasti lontani dalla scuola o perchè rifiutati dalla scuola.

Non a caso negli scorsi mesi la ricerca degli attori è stata orientata a visi ed espressioni in grado di portarci tra le pieghe dei ricordi in bianco e nero, di un'Italia analfabeta e contadina, e di una televisione ben diversa da quella attuale. Si stima che quasi un milione e mezzo di persone abbiano potuto conseguire la licenza elementare grazie alle sue lezioni.

Dopo la conclusione del programma, e dopo alcune sporadiche apparizioni in radio e tv, sempre su temi legati all'istruzione, Manzi tornò ad occuparsi a tempo pieno dell'insegnamento scolastico. Non abbandonò mai la scuola e continuò ad insegnare fino al 1985, anno in cui andò in pensione. Nel 1981 ricevette una sanzione disciplinare (con sospensione dello stipendio) per essersi rifiutato di compilare i giudizi sulle schede di valutazione.

I temi della libertà e della solidarietà, dell'avversione per ogni forma di violenza e per il razzismo, emergono dalla ricca produzione di libri per ragazzi il più famoso dei quali è Orzowei, dal quale fu tratto un omonimo telefilm per la tv dei ragazzi negli anni '70. Intanto Campiotti sarà presto sul film di unàaltra fiction Rai la trasposizione italiana della serie catalana Pulseras Rojas, tradotta in Braccialetti Rossi (Palomar), che racconterà attraverso gli occhi di alcuni ragazzi ricoverati in un ospedale pediatrico i problemi e le angosce legate alla malattia e al futuro.

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