L'immensa sede blu sulla Pontebbana chiuderà definitivamente lunedì prossimo. La 9 ha scelto di dismettere gli studi televisivi di Villorba, licenziare due giornalisti (un terzo è ancora in forse) e trasferire altri sei dipendenti nella sede centrale di Padova. Da Treviso, dove da mesi era stato dislocato tutto il pacchetto dell'informazione, non trasmetterà più. La notizia ha colto i lavoratori di sorpresa: «Non c'erano mai state avvisaglie di crisi, tutto continuava come sempre». Invece il 7 aprile una raccomandata ha annunciato a due giovani il loro licenziamento «per giustificato motivo», spiegato con «l'urgenza di ridurre le perdite».
«Il digitale terrestre ci ha penalizzati enormemente - commenta l'imprenditore Romi Osti -, da quando è stato introdotto abbiamo dovuto lasciare a casa 20 persone su 90. Questo a causa di un piano frequenze assurdo che ci ha consegnato canali disturbati e non visibili in tutte le aree». A rimetterci, spiega, è stato proprio il settore di punta dell'azienda: «Le televendite, unica vera arma di cui disponiamo, non funzionano più perché il pubblico non riesce a vederci. Mi sento tradito dal ministero delle Telecomunicazioni. Prevediamo un calo fra il 60 e il 70%».
La chiusura della sede trevigiana avverrà entro l'inizio dell'estate, ma già dal 18 aprile i giornalisti saranno senza lavoro quando si spegneranno i canali digitali La12 e La13: «Porteremo a Padova tutta la programmazione, compreso il programma dedicato al Treviso Calcio. Io continuerò a fare l'imprenditore televisivo, come faccio da 35 anni». Sui nuovi studi televisivi di Villorba, presentati in pompa magna nell’ottobre del 2009 e costati quattro milioni di euro, si dice disponibile a trattare per la cessione.
Nella raccomandata di licenziamento si parla di giusta causa, ma i sindacati ribattono duramente e sono pronti ad azioni legali a tutela dei lavoratori. «Il gruppo Osti ha scelto di abbandonare l'informazione e di occuparsi solo di televendite - denunciano Maria Grazia Salogni (Slc Cgil) e Daniele Carlon (sindacato dei giornalisti) -. I metodi utilizzati denotano disprezzo per il lavoro dei giornalisti, con contratti pirata, straordinari non pagati, proposte di dimissioni in bianco e la totale mancanza di procedure sindacali per affrontare questo momento, rifiutando ogni incontro. La crisi economica viene tirata in ballo come pretesto per occultare le scelte aziendali». I sindacati chiedono anche l'intervento della politica regionale: «L'azienda riceve i contributi pubblici per l'editoria, ci auguriamo che ora vengano sospesi perché non esisterà più attività giornalistica. La politica scenda in campo per difendere questa voce del territorio che scompare».
Silvia Madiotto e Gianni Favero
per "Corriere.it"