Da qualche mese, è attivo Piracy Shield, un sistema ideato dal Governo e dall'Agcom per contrastare il cosiddetto "pezzotto", ovvero la visione non autorizzata delle partite di calcio della Serie A e altri eventi sportivi in diretta, senza la necessità di sottoscrivere abbonamenti alle piattaforme ufficiali. Ma andiamo per gradi. Chi ha promosso l'implementazione di questo sistema? Chi l'ha sviluppato e come funziona? Ne hanno parlato in una puntata di "Tutto Connesso", un podcast edito dal Politecnico di Milano il conduttore Lorenzo Paletti, Antonio Capone (docente di telecomunicazione al Politecnico di Milano) e Giacomo Verticale (docente di telecomunicazione al Politecnico di Milano)
Il sistema è stato proposto e sviluppato principalmente per iniziativa del Governo, con il supporto dell'Agcom, in risposta alle richieste dei detentori dei diritti di trasmissione, soprattutto della Lega Calcio. L'Agcom ha gestito lo sviluppo del sistema, partendo da una struttura preesistente. Dal punto di vista tecnico, il funzionamento del sistema è abbastanza lineare: i titolari dei diritti identificano i siti che trasmettono illegalmente gli eventi sportivi e li segnalano attraverso una piattaforma dedicata. A questa piattaforma sono iscritti vari operatori delle telecomunicazioni, tra cui gli Internet Service Provider (ISP), i provider di servizi di rete virtuale (VPN) e i motori di ricerca.
Quando viene segnalato un nuovo sito da bloccare, tutti gli operatori iscritti ricevono l'avviso e hanno 30 minuti di tempo per bloccare l'accesso a quel sito dai propri sistemi. Ci sono due tipi di blocchi che possono essere implementati: il primo riguarda i nomi di dominio, cioè gli indirizzi web che digitiamo nella barra del browser, come ad esempio youtube.com o google.com. Questi nomi di dominio sono associati ai siti che offrono illegalmente gli eventi sportivi in streaming.
Il secondo tipo di blocco riguarda gli indirizzi IP, cioè gli identificativi numerici dei server che trasmettono gli eventi. Questo blocco è immediato: una volta che un operatore decide di bloccare un indirizzo IP, la comunicazione con quel server viene interrotta istantaneamente. Questa è la grande innovazione introdotta dalla legge che regola il Piracy Shield.
Va notato che il blocco dei nomi di dominio può richiedere più tempo del previsto a causa delle cache dei DNS, i sistemi che traducono i nomi di dominio negli indirizzi IP. Tuttavia, questo tipo di blocco non interrompe la trasmissione di eventi già in corso, poiché gli utenti possono ancora accedere direttamente agli indirizzi IP dei server di streaming. In conclusione, sebbene il blocco dei nomi di dominio possa essere meno efficace per interrompere le trasmissioni in diretta, l'introduzione del blocco degli indirizzi IP rappresenta un passo significativo nella lotta alla pirateria online.
Il Piracy Shield è un sistema che ha sollevato diverse questioni e dibattiti, in particolare riguardo al coinvolgimento dei fornitori di servizi VPN e ai potenziali rischi di bloccare erroneamente siti non correlati alla pirateria. In effetti, l'intenzione della legge e dell'Agcom è quella di coinvolgere tutti gli operatori che potrebbero essere utilizzati per accedere a contenuti piratati.
Tuttavia, ad oggi, non è chiaro quanti operatori VPN siano effettivamente coinvolti nella piattaforma e se siano disposti ad aderire. Alcuni potrebbero preferire ritirarsi dal mercato italiano piuttosto che conformarsi alle richieste di blocco. Inoltre, è difficile stabilire con certezza quante VPN siano coinvolte poiché l'elenco degli operatori collegati alla piattaforma non è pubblico.
Il Piracy Shield è stato utilizzato per bloccare oltre 3000 indirizzi IP, ma ci sono stati casi in cui siti legittimi sono stati colpiti erroneamente. Questo è dovuto principalmente al fatto che gli indirizzi IP sono risorse limitate e possono essere riutilizzati nel tempo da operatori diversi. Inoltre, alcuni servizi, come i Content Delivery Network, possono far condividere gli indirizzi IP tra più servizi contemporaneamente, aumentando il rischio di blocchi accidentali.
La legge non prevede attualmente la possibilità di sbloccare gli indirizzi IP bloccati, anche se l'errore è stato commesso per motivi legittimi. Questo è un problema sia normativo che tecnico, poiché implementare un sistema di blocco e sblocco automatico richiederebbe investimenti significativi e modifiche strutturali alla rete.
Un'altra critica al Piracy Shield è la sua agnosticità rispetto ai contenuti bloccati, il che potrebbe teoricamente consentire l'abuso del sistema per scopi diversi dalla lotta alla pirateria. Tuttavia, la piattaforma registra tutte le azioni effettuate e i segnalatori sono accreditati, il che consente di individuare eventuali richieste di blocco fraudolente.
In conclusione, il Piracy Shield ha dimostrato efficacia nel bloccare gli indirizzi che erogano attività illecite, ma è ancora presto per valutare il suo impatto nel contrastare il fenomeno della pirateria online nel lungo periodo. Sono ancora necessari miglioramenti e aggiustamenti per affrontare le sfide attuali e future legate alla pirateria online.