A produrre la trasmissione è la società italiana Buongiorno, nata per creare contenuti per il web e che ora si è diversificata anche nel mobile. Come d'altra parte molte altre aziende che hanno iniziato a vedere nella tv che si porta in tasca un nuovo business, anche se gli interrogativi e i rischi non mancano.
«Il successo di Soccer addicts» dice Stefano Portu, direttore della media unit della Buongiorno, «è legato agli elementi vincenti della nuova tv: in modo particolare la possibilità di far interagire direttamente il pubblico e di creare delle sinergie con altri media». La trasmissione, premiata recentemente al Mipcomm di Cannes quale contributo più innovativo, si basa infatti su una videocommunity.
«Però non tutte le case di produzione tradizionali hanno la sufficiente flessibilità e le adeguate conoscenze tecnologiche per cogliere le possibilità offerte dai nuovi media» avverte Armando Caltabiano, presidente della Simple, un'azienda nata proprio per realizzare progetti originali pensati per essere fruiti da tutti i media possibili: tv mobile, su banda larga, analogica e digitale. «Il mercato offre interessanti opportunità che bisogna saper raccogliere tenendo presente che alla fine è sempre il contenuto a essere rilevante per lo spettatore e non la tecnologia».
Le opportunità per fare business creando contenuti per i telefonini, insomma, non mancano. La Endemol, per esempio, ha reso disponibile per i cellulari tutto il materiale girato dietro le quinte di Big Brother, mentre il regista Peter Young ha girato episodi di un minuto della serie televisiva 24.
«Il business più redditizio è attualmente quello dei fornitori di contenuti tradizionali, perché con costi marginali possono sfruttare la nuova modalità di fruizione offerta dalla tv mobile» sostiene Pietro Candela della società di consulenza Booz Allen Hamilton.
Tuttavia, anche se le prospettive sono interessanti, almeno a guardare l'offerta della tv mobile italiana, si può dire che non sono molti i contenuti dedicati e prodotti espressamente per i cellulari.
Abituati come sono al grande schermo, gli italiani apprezzano soprattutto la possibilità di vedere, ovunque e in qualsiasi momento, i canali tv tradizionali. «Perché la possibilità di scaricare contenuti nati per la tv mobile diventi un fenomeno di massa occorrerà lavorare sui canali esistenti, sui programmi e sui modi di fruire la televisione, utilizzando l'esperienza maturata grazie a internet» prevede Shani Orgad, curatrice di una recente ricerca della London school of economics commissionata dalla Nokia.
In Italia la prima a produrre contenuti è stata la 3, che già nel settembre 2004 lanciò la trasmissione 93esimo minuto. Forte di quell'esperienza l'operatore telefonico del gruppo Hutchison Whampoa ha costituito un vero e proprio centro di produzione televisiva che attualmente conta due canali, La3Live e La3Sport, spendendo solo nel 2006 oltre 50 milioni di euro per sviluppare e realizzare contenuti per la tv mobile.
Diverso è l'approccio della Tim. Puntando sulla convergenza tra internet, tv via cavo e telefonia, la società del gruppo Telecom ha privilegiato la strada dei contenuti più tradizionali stringendo accordi con Mediaset e La7. La Vodafone ha invece firmato con la SkyTv un accordo per produrre contenuti pensati esclusivamente per il cellulare.
Intanto cresce la copertura della rete per la televisione mobile: la 3 e la Tim, attualmente, riescono a irradiare il segnale a circa il 75 per cento della popolazione italiana.
«È presto per sbilanciarsi e dire se la tv mobile sarà un'applicazione davvero importante per le aziende, ma i propositi sono di buon auspicio» sottolinea Pietro Candela. «Al momento il business è più favorevole agli sviluppatori di contenuti rispetto agli operatori telefonici, i quali devono rientrare da significativi investimenti».
In effetti le società devono ancora ammortizzare i costi della costruzione delle reti Umts e delle licenze. A questi si aggiungono quelli inerenti allo sviluppo tecnologico. La 3, per esempio, ha speso 200 milioni di euro per l'acquisto della licenza dell'emittente Canale 7 e per la sua successiva digitalizzazione.
Ma da dove verranno i ricavi per sostenere il business? Sia dalla spesa dei clienti sia dalla pubblicità. «Il video in mobilità potrebbe far risorgere e rendere validi i modelli della pubblicità televisiva interattiva che hanno dimostrato di non funzionare con i vecchi media» sostiene Heidi Lehmann, vicepresidente della società di marketing Strategic alliances di ThirdScreen Media.
Ma i tempi per abituare i consumatori a utilizzare nuovi media sono più lunghi di quelli tecnologici. Per questo il grande interrogativo degli operatori è: quando per i clienti comprare un film o un programma sul cellulare sarà normale come accendere la tv del salotto?