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Dr. House, ti amo bastardo! (contiene spoiler)

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Fonte: lastampa.it

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Televisione
  domenica, 14 gennaio 2007
Non è un mistero che, in un primo momento, Mediaset non abbia dato la giusta attenzione al microcosmo del Princeton-Plainsboro Teaching Hospital, struttura immaginaria nel New Jersey che fa da sfondo a Dr. House. Medical Division. Negli Stati Uniti era partito male e in Italia ci si è comportati di conseguenza. Prima serie trasmessa senza rispettare la cronologia, cambi di palinsesto, episodi censurati perché ritenuti antireligiosi. Ora che i fans sono milioni, per sfruttarne la potenza commerciale la si centellina. E così i 24 episodi inediti della terza serie verranno trasmessi senza fretta, a partire da venerdì 19, una puntata a settimana.

La serie, nata nel 2004, vantava inizialmente come regista Bryan Singer (I soliti sospetti), ora produttore esecutivo. «House era un personaggio molto complesso - ha raccontato l'ideatore David Shore - c’era la possibilità che sullo schermo si vedesse solo una specie di imbecille molto astioso». Molto ha aiutato Hugh Laurie, 48 anni da Oxford, una carriera fin lì spesa in pellicole non indimenticabili (Stuart Little). «Laurie possiede la sgradevolezza necessaria - dice Shore - e al tempo stesso piace. Questo scongiura il rischio che venga fuori una macchietta».

Nell'ultimo episodio della serie precedente, House era stato ferito gravemente da due colpi di pistola. Per due puntate camminerà senza bastone (quello vero è stato venduto a prezzi record su eBay), momentaneo effetto collaterale della ketamina con cui è stato operato per rimuovere le pallottole. La zoppia tornerà nel terzo episodio, rendendo House ancora più intrattabile. Negli Usa si sta girando la quarta serie (Laurie ha firmato un contratto principesco) e il riserbo è massimo. Su internet spopolano gli «spoiler», le anticipazioni. Si sa che comparirà un nemico, Michael Tritter (David Morse). Che comparirà il cantante Dave Matthews. Che House verrà messo in carcere. Che sbaglierà una diagnosi. E che non si legherà a nessuna donna.

Il fascino di Dr. House risiede principalmente nella ostentata spigolosità del protagonista. House dice ciò che pensa, piace alle donne, è geniale. Al tempo stesso è zoppo, incapace di rapporti umani, drogato di Vicodin (un antidolorifico). E' una sorta di versione estremizzata di Gil Grissom, il protagonista di Csi, meno asessuato ma più misantropo. Entrambi vivono di scienza. House non cura i malati: cura la malattia. Si rifiuta di conoscere i pazienti «perché mentono sempre» e perché non potrebbe più permettersi cure drastiche e metodi spicci («Preferisce un medico che le tiene la mano mentre muore o che la ignora mentre migliora?»).

A un impianto narrativo ripetitivo fanno da contraltare dialoghi ottimamente scritti, battute folgoranti, musiche splendide. E se l'elemento attrattivo di un serial ospedaliero è l'effetto esorcizzante (osservare morti e malattie finte per non avere paura di quelle reali), ci si appassiona ad House non perché è un medico ma perché è un perdente, impegnato a sfidare il mondo brandendo il proprio campionario di imperfezioni. Egocentrico, scontroso, cinico: Gregory House vive con rabbia, come nel teatro di John Osborne. E' un balsamo politicamente scorretto, uno Sherlock Holmes incarognito, ostaggio di una drammatica dicotomia: ha un dono nel salvare le vite altrui, ma non sa salvare la propria. Antieroe contraddittorio, curatore malato. Se Grissom scaccia gli incubi stordendosi con le montagne russe di Las Vegas, lui sfreccia con la sua moto parcheggiata nello spazio disabili. Tristi e solitari, necessariamente finali, mai vincenti.

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