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Mentana: 'Vi spiego la differenza tra Matrix e Porta a Porta'

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Fonte: La Repubblica

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Televisione
  sabato, 19 maggio 2007

Il 28 maggio Matrix taglierà il traguardo della centesima puntata stagionale.

Dopo due anni, Enrico Mentana, è arrivato dove voleva?
«Sì. Repubblica recentemente ha pubblicato in prima pagina la lettera di un cittadino che, per provare il proprio livello civile e culturale, si diceva tra l'altro telespettatore di Matrix e Ballarò. Lì mi sono detto: missione compiuta. Certo l'aveva detto anche Bush sull'Iraq: spero di non fare come lui».


Il suo obiettivo non era battere Vespa?
«Era fare un programma che piacesse e non mi pesasse. Se ti diverti, hai stimola e li trasmetti. E poi posso dire che non ho nessuno sopra di me in termini di ascolto».

Bene, si aspetti un comunicato di Vespa. Ma non ha raggiunto il traguardo coi mezzi che aveva previsto.
«I prodotti, quando si affermano, non sono mai come li immaginavi nella premessa. Devi fare i conti con i gusti di chi ti segue. Far incontrare lo stile del mio Tg5 con quello delle Iene era improbo in un programma in onda ogni due giorni».

Alla fine s'è trovato a sfidare Vespa con le stesse armi di Vespa: il picco d'ascolto l'ha fatto con una puntata su Cogne. La quinta da inizio aprile.
«Cogne non è proprietà di Vespa, casomai lo è il plastico. È come dire che una crisi di governo è argomento esclusivo di una testata».

Enrico MentanaQual è, allora, la differenza tra Matrix e Porta a Porta?
«Fare varie puntate su una visione alternativa dell' 11 settembre è nel nostro Dna e non nel loro, per esempio. Così come Miss Italia in quel modo la può fare solo lui. La reale differenza sta nel pubblico: il nostro è più giovane. Anzi, ce n'è un'altra: la politica. Di Matrix non si dirà mai che è la terza Camera del Parlamento italiano».

I politici vengono anche da lei.
«Sì, ma solo quando hanno qualcosa da dire su questioni loro attinenti. Non a parlar d'altro. Sono lieto di non dover pagare quella tassa. Preferisco rilanciare l'inchiesta di Stella e Rizzo sugli sprechi della politica».

A proposito, Fassino è ancora squalificato?
«No, le incazzature del giornalista contano meno dell'interesse dell'opinione pubblica. Se ci sarà motivo, lo inviterò nuovamente, nonostante le considerazioni di partigianeria che espresse su Matrix».

Qual è lo scoop dì cui va più fiero?
«Tanti, ma ne cito uno fatto su un "terreno altrui"; quando Calderoli disse, prima delle elezioni, che la legge elettorale del suo governo era una porcata. E da allora fu ribattezzata porcellum».

E lo smacco che ha sofferto di più?
«Avevo creduto di poter ospitare il faccia a faccia Prodi-Berlusconi e invece l'ho visto in tv. Prodi scelse diversamente».

Ma poi è ritornato da presidente del Consiglio, affondandole gli ascolti.
«È andata male con tutti i politici. È una stagione di scarso appeal; a stento li guardano i loro sostenitori».

È sorpreso dall'immobilismo del governo sulla Rai?
«Mi sorprende che, come l'esecutivo precedente, arrivino tutti all'appuntamento senza una strategia. Sono così tetragoni nel percorso verso la vittoria e poi si annebbiano sui temi fondamentali. Mi ha stupito che Prodi abbia rivendicato da me la candidatura di Minoli: un presidente del Consiglio non avrebbe mai dovuto».

La Rai e la politica.
«Il problema di fondo è che non sanno che fame. Da oltre dieci anni Rai e Mediaset sembrano due claudicanti che si reggono l'un l'altro. Centrosinistra e centrodestra le puntellano. Sarà sempre cosi finché non si vorrà liberare la Rai dai partiti, ma pare un rapporto inestricabile».

La riforma Gentiloni?
«Doveva osare di più. È un po' "barzotta". La legge Gasparri ha indubbiamente favorito Mediaset. Però il digitale terrestre è una realtà e non una finzione- La soluzione non è di volta in volta penalizzare qualcuno. Finché non si starà al di sopra delle parti, non si uscirà da questo status, da così è se vi pare, dove ognuno legge l'Auditel la mattina e canta vittoria. La guerra tra lobby, con l'obiettivo solo di non rimetterci, produrrà sempre lo status quo».

Santoro e Biagi.
«Distinguiamo: il provvedimento più odioso e irresponsabile è stato quello che ha punito Michele. L'unico che faceva del lavoro in Rai la prima attività. È stata una cretinata e un boomerang al posto del signore che ha perso le elezioni per 24 mila voti mi chiederei come sarebbe andata se fossi stato meno bulgaro».

Sì, ma le sono parsi segnati dal lungo esilio?
«Programmi come Anno zero devono ritrovare la fiducia di ospiti e pubblico. A Matrix avevano cantato il de profundis dopo due mesi...».

Rai e Mediaset negli ultimi tempi hanno fatto a gara di fiop: crisi di idee?
«Ci vuol coraggio a lanciare tanti programmi nuovi come quest'anno. Con Ventura e Funari, Del Noce ha provato a svecchiare il pubblico della prima serata Rai con scelte molto rischiose. Quando c'è tanta concorrenza, la dispersione di talenti è fisiologica. In assoluto è perdente l'idea che un conduttore abbia un suo ascolto qualunque cosa faccia. Ma siamo alla vigilia di una nuova fase creativa».

Davvero?
«Per forza. I reality si sfoltiranno e anche le fiction sono troppe, troppo costose e non tutte fortunate. Si apriranno spazi nuovi».

È vero che andrà al Tg2?
«Bah, ne dicono tante... L'unico modo per far bene un programma è pensare che sia per sempre».

Come i matrimoni.
«Si, ogni volta devi farlo con tutti i sentimenti. La maggior parte dei conduttori fa un programma pensando a quello dopo. Io potrei stare a Matrix ancora per un giorno o per altri trent'anni. Penso trenta, ma se arriva un'offerta straordinaria la accetto in un minuto».

Tipo fondare un altro tg?
«Mah, se ci sarà bisogno... Certo, il Tg5 l'ho fondato a 37 anni e ora ne ho 52. Vorrei trovarne un altro che ha fatto quello che abbiamo fatto noi, dal Tg5 a Matrix, essendo contro le guerre in Kosovo e in Iraq. Checché ne dica chi scrive libri per raccontare che sono tutti prezzolati tranne lui, io mi sento la schiena dritta».

Emilio Marrese
per "La Repubblica"

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