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E in questo la sintonia con quanto appena raccomandato dallâorganismo guidato da Antonio Catricalà è profonda, visto che questâultimo invita a âdestinare una parte significativa dei proventi alle finalità mutualistiche (a vantaggio delle società di Serie A e B e del sistema calcio nel suo insieme)â. Il ddl-delega si discosta invece dallâAntitrust sulla ripartizione del resto delle royalties. Se infatti il Parlamento si sta orientando a privilegiare in seconda battuta le squadre che meglio si comportano sul campo ma anche quelle che godono di un seguito di tifosi (e quindi di telespettatori) più consistente, lâAntitrust prende in considerazione solo il primo dei due criteri; liquidando come improprio il secondo. Esorta infatti ad âattribuire una parte non residuale dei proventi sulla base di criteri meritocratici, prescindendo pertanto dai valori relativi al bacino dâutenza delle singole squadre che nulla hanno a che vedere con il merito sportivoâ. à prevedibile che sarà proprio questo punto a suscitare perplessità e polemiche sia nel mondo del calcio sia in quello della politica. Visto che in pratica disconosce il fatto che, per quanto possa essere collettiva la vendita dei diritti audiovisivi, ad alzare il prezzo che le emittenti sono disposte a pagare è sicuramente il numero di abbonati che queste possono a loro volta racimolare presso grandi club come Milan Juventus, Inter, Roma, Napoli, Lazio etc. Il problema più grosso che incombe però a questo punto sulla legge che sta per arrivare in assemblea a Montecitoio è, come detto, quello della sua stessa natura di atto legislativo.
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A tale proposito infatti l'Antitrust nel momento in cui sottolinea con decisione che la vendita collettiva dei diritti radiotelevisivi âpotrebbe migliorare la situazione di un sistema calcistico vittima di squilibri di tipo economico fra società maggiori e minoriâ, aggiunge però che essa va intesa âcome facoltà e non come obbligoâ. In questa logica lâunica indicazione implicita che arriva sempre dal provvedimento dellâAuthority è quella di affidare alla Federazione italiana gioco calcio il compito di disciplinare la materia. Anche perché a suo avviso âle Leghe, in quanto rappresentative delle società cui devono essere applicate le stesse regole di redistribuzione delle risorse, non sono i soggetti adatti alla definizione di tali regoleâ. Viene in sostanza paventato abbastanza esplicitamente un conflitto di interessi. E viene di conseguenza consigliato di affidare i compiti di ripartizione âa un soggetto terzo, o quantomeno a un organismo indipendente che risponda alla Figc sulla falsariga della Co.Vi.Socâ.