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Strada in salita sulla concorrenza nella tv digitale

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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Digitale Terrestre
  martedì, 13 febbraio 2007

Liberalizzare il mercato televisivo; il problema sta nella sua unicità. È un mercato, infatti, del tutto particolare, dove alle regole proprie della concorrenza si intrecciano quelle della tutela del pluralismo e, in ultima analisi, del funzionamento del sistema democratico. Il disegno di legge Gentiloni propone alcune misure deconcentrative sia sul fronte delle risorse economiche (tetto del 45% al fatturato pubblicitario televisivo o, in alternativa, riduzione della pubblicità oraria) sia quello delle risorse trasmissive (riassegnazione delle frequenze "liberate " con il trasferimento anticipato in digitale di un palinsesto Rai e uno Mediaset ).

Quello della tv è poi un mercato dove gli scenari cambiano di frequente e, con essi, i confini dei mercati che lo compongono. Alcuni dei quali, come quello della pubblicità televisiva e quello della tv a pagamento, sono caratterizzati da un'elevata concentrazione. Vi è il problema dell'accesso alle reti, a partire da quella a banda larga, affrontato dal Ddl GentiIoni, e quello dell'interoperabilità dei ricevitori, con problemi di standard proprietari e di ricezione "pirata".

L'avvento del digitale, in sé, non consente di liberalizzare il settore perché la transizione dall'attuale sistema analogico - che avviene sulla stessa banda di frequenze - avviene "in salita", a partire dalla mancata pianificazione dell'etere radiotelevisivo.

L'Agcom ha varato, nel marzo 2005, una serie di misure (remedies) nei confronti di Rai e Mediaset, per una posizione «lesiva del pluralismo». Tra queste, la riduzione del tetto orario per i canali digitali terrestri di Mediaset (esclusi quelli ripetuti dall'analogico) e l'accelerazione della conversione degli impianti al digitale. L'Autorità ha poi ravvisato una posizione dorninante congiunta di Rai e Mediaset nel mercato delle reti televisive analogiche terrestri.

Occorre però fare attenzione agli effetti dei "rimedi". La particolarità del nostro sistema televisivo è tale che se Rai e Mediaset convertissero in digitale tutti i loro impianti dall'analogico al digitale, si ritroverebbero con sei-sette reti ciascuna. Questo impedirebbe la riattribuzione di frequenze a nuovi entranti, tramite gara o sentenze della magistratura, l'attuazione del Piano digitale approvato dall'Agcom e da rivedere in base al Piano intemazionale approvato in giugno a Ginevra.

Il digitale terrestre, in realtà, è la prova che quejlo italiano è un sistema "bloccato". La legge prevede lo spegnimento della tv analogica a fine 2008. Il disegno di legge Gentiloni lo sposta al novembre 2012.

Le vicende di Sardegna e Val d'Aosta dimostrano le difficoltà della transizione: ad Aosta mancano solo tremila famiglie alla copertura digitale della popolazione e non si sa quale reti della Rai sarà spenta: Rai1 o Rai2? La Rai ha comunicato alla Val d'Aosta che sarà Rai1, al contrario di Cagliari, ma è possibile che la Regione autonoma, come la Sardegna, chieda un intervento del ministro delle comunicazioni per evitare lo "spegnimento" della prima rete Rai. I principali operatori stanno discutendo la richiesta di passare al digitale nel 2010. Obiettivo quasi impossibile da raggiungere che, però, se accolto, avrebbe un sicuro effetto: depotenziare il trasferimento in digitale di un palinsesto Rai e uno Mediaset intorno al 2009.

Marco Mele
per "Il Sole 24 Ore"

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