La tv generalista ha perso le sue ultime carte vincenti e le sue certezze.
I grandi film non sono più garanzia di portare a casa il pieno di audience; i reality sembrano giàmostrare la corda di un’usura rapida della loro formula; reggono solo le fiction, le miniserie nazionali o quelle importate d’oltreoceano.
E il mercato pubblicitario inizia a guardare sempre più al mondo Internet. Ma anche qui ci sono grandi movimenti in corso: alcune delusioni e qualche esplosione inaspettata ancora di difficile valutazione.
L’Iptv sta dando risultati minori del previsto, il Vod, il videoondemand, cresce molto lentamente. In compenso nel giro di pochi mesi si sta registrando la nascita e il boom del fenomeno YouTube e dei cosiddetti Ugc, gli ‘users generated content’, i contenuti autoprodotti dagli utenti stessi della Rete.
«La vera novitàdi questi ultimi mesi è che questo universo dei contenuti autoprodotti sta ormai uscendo dal suo ambito originario di fenomeno sociale, quasi poco più che di costume, e sta cominciando ad assumere i connotati di un mercato vero e proprio», spiega Augusto Preta, direttore generale di ItMedia Consulting che proprio oggi pubblica un rapporto dal significativo titolo ‘The Creative Industry: Iptv, User Generated Content and Social Networks’.
Uno studio che mette assieme i risultati economici raggiunti sul mercato europeo dalle due diverse modalitàdella ‘broadband tv’ la tv che arriva nelle case degli utenti grazie ai nuovi collegamenti Internet a banda larga: la Iptv e la Web Tv.
«Di fatto la banda larga può essere il prossimo ‘mezzo’ di distribuzione dei contenuti video e il crescente interesse degli investitori pubblicitari lo dimostra - continua Preta - noi prevediamo che gli investimenti pubblicitari sul Web del mercato dell’Europa Occidentale passeranno dai 5,9 miliardi di euro del 2006 agli 11,4 del 2010. All’interno di questi valori generali, abbiamo stimato che nel 2006 gli investimenti pubblicitari legati alla Web tv, ossia i portali di distribuzione di contenuti video autoprodotti, tipicamente YouTube, MySpace e gli altri, hanno generato ricavi per 180 milioni di euro, il 3% del totale del mercato Internet. Ma la loro crescita saràmolto più rapida nei prossimi anni. E ci attendiamo che nel 2010 arriveranno a rappresentare ben il 18% del mercato, per un valore stimabile sui 2 miliardi di euro».
Questa crescita tumultuosa degli Ugc crea però un problema al mondo delle telecom, che sta invece puntando con decisione su un modello di business diverso: quello basato non sulla pubblicitàpagata dagli inserzionisti, ma finanziato direttamente dagli utenti o attraverso un abbonamento (è il modello pay tv) o pagando di volta in volta (è il modello della payperview).
Secondo il rapporto di ItMedia, il modello Pay tv continueràa crescere nei prossimi anni.
E i 12,2 miliardi di euro che rappresentano oggi il fatturato totale europeo (Europa Occidentale) diventeranno 22,5 miliardi nel 2010, con una crescita media annua di poco superiore al 16%. Ma la maggior parte di questa crescita avverràancora grazie alla Pay tv ‘tradizionale’: il satellite, il digitale terrestre e via cavo. Il contributo che arriveràdalla broadband tv saràsì crescente, ma alla fine di quei 22,5 miliardi ne porterà2,6, circa un 12%.
Anche dentro la stessa crescita della tv a banda larga ci sono poi velocitàdiverse. La componente più ‘tradizionale’, per così dire, ossia la Iptv propriamente detta (dunque i ricavi da abbonamenti) passeràdai 374 milioni del 2006 ai 1.116 del 2010. In pratica si triplica.
Cresceranno invece più rapidi, quadruplicandosi, i ricavi del videoondemand: dai 292 milioni attuali ai 1.223, diventando la prima voce di entrata in assoluto all’interno della broadband tv.
Insomma, se si guarda alle percentuali, la crescita è tumultuosa, ma se alla fine si fanno le somme degli euro incassati, è parecchio più difficile parlare di un vero boom. E questo è il dato che può indurre i mercati a ripensare il modello di business da costruire attorno alla tv a banda larga.
I valori odierni scontano la fase di avvio della Iptv, una diffusione non ancora da mercato di massa degli accessi superveloci ad Internet, e soprattutto il fatto che tutti i maggiori protagonisti del settore stanno arrivando solo ora o sono partiti da poco. Telefonica ha lanciato Imagenio, la sua broadband tv formalmente da quasi due anni, ma è ora che sta accelerando. France Telecom è partita circa un anno fa. Deutsche Telekom è ancora in una fase di avvio; Bt Vision è partita a fine dicembre e anche la Alice Home Tv di Telecom Italia non ha ancora alle spalle il suo primo anno di vita completo. Ma se nonostante tutto questo alla fine del 2010, ossia tra quattro anni, la situazione saràquella ipotizzata da It Media, non si potràdire che ci saràstata una rivoluzione.
La rivoluzione potrebbe invece arrivare dalla Web tv e dai contenuti autoprodotti.
La differenza tra Iptv e Web tv, in sintesi, è in questo: la Iptv è un servizio di immagini di tv ad alta qualità, con una connessione a banda larga garantita dall’Internet Provider, che fa arrivare in casa degli utenti un numero di canali ampio ma comunque non illimitato.
E’, in sintesi, la tv di oggi che passa dall’etere al cavo telefonico. Si vede bene perché non si va nel mare aperto di Internet: si resta in una connessione chiusa e protetta (ciascuno con il suo provider) ma proprio per questo di alta qualità.
Si potranno vedere film, spettacoli ed eventi trasmessi da un palinsesto (più o meno come la Sky vista oggi dagli utenti di Fastweb) oppure si potranno scegliere eventi payperview, come le partite di calcio o i concerti. O scegliere contenuti da una ‘library’, così come oggi si noleggia un film dal negozio sotto casa (che è il video on demand propriamente detto).
L’alternativa a tutto questo è andare su Internet e cercare nella vasta offerta di portali video, come YouTube, Google Video, MySpace o Yahoo Video, per vedere cosa offre la Rete o magari proprio per cercare, per esempio, una clip musicale.
La qualitàè bassa, sia per la fattura stessa dei video autoprodotti (ma ci sono sempre più contenuti di origine ‘professionale’, messi in rete dalla pubblicitào da produttori minori e qualche volta anche dalle stesse major) e sia perché andando sulla Grande Internet la qualitàdella connessione peggiora, dipende da dove capita di passare.
Qui però gli utenti non pagano nulla. Ma poiché ognuna di queste grandi raccolte di video viene organizzata da un portale e ogni video è all’interno di una ‘pagina Web’ si può inserire pubblicità.
Senza contare poi le informazioni sui gusti e le scelte di ogni utente che un motore di ricerca come Google può ricavarne per confezionare messaggi pubblicitari personalizzati.
Secondo ItMedia la pubblicitàsu Internet in Europa entro il 2010 saràpoco meno che raddoppiata, dagli attuali 5,9 miliardi ad 11,3.
Nel frattempo la pubblicitàderivante dalla distribuzione di contenuti video attraverso i portali del social networking avràfatto un gigantesco balzo in avanti. Secondo le stime di ItMedia di qui al 2010 si saràquintuplicata a livello mondiale (da 1.192 a 5.841 milioni di euro) ma si saràpiù che moltiplicata per 10 in Europa, che sta partendo in ritardo e passeràpassando dagli attuali 178 milioni ad oltre 2 miliardi.
Un trend di crescita a tre cifre che ricorda quello dei tempi della bolla, ma che, alla fine, porteràla pubblicitàsui portali dei contenuti autoprodotti a valere il 18% del totale del mercato pubblicitario Internet europeo e quindi più o meno ad eguagliare i ricavi della Iptv.
Sono numeri promettenti. E non è un caso che a guardarli siano proprio quei soggetti che hanno costruito i loro business plan sulla pubblicità, ossia i network tv tradizionali. Lo scorso settembre in Germania ProSieben è entrata nel settore prendendo il 30% di MyVideo.de, un portale tedesco di video sharing. In Italia la stessa Mediaset ha annunciato che avvieràun progetto di Web tv il 2007.
Che il modello di business basato sulla pubblicitàsia in questa fase quello più promettente è infine dimostrato anche da un particolare, piccolo ma non secondario. Sta crescendo l’offerta di video-on-demand free, ossia la possibilitàdi scaricare contenuti video di qualitàsenza pagare alcunché ma con all’interno delle inserzioni pubblicitarie.
D’altra parte in Usa la Nielsen ha appena certificato che anche gli utenti che usano TiVo, il videorecorder digitale che permette di vedere i programmi registrati cancellando la pubblicità, non saltano tutti gli spot: ne vedono ben il 30%.
E le telecom e quanti seguono il modello Iptv dovranno tenerlo ben presente quando si tratteràdi decidere i nuovi investimenti
I grandi film non sono più garanzia di portare a casa il pieno di audience; i reality sembrano giàmostrare la corda di un’usura rapida della loro formula; reggono solo le fiction, le miniserie nazionali o quelle importate d’oltreoceano.
E il mercato pubblicitario inizia a guardare sempre più al mondo Internet. Ma anche qui ci sono grandi movimenti in corso: alcune delusioni e qualche esplosione inaspettata ancora di difficile valutazione.
L’Iptv sta dando risultati minori del previsto, il Vod, il videoondemand, cresce molto lentamente. In compenso nel giro di pochi mesi si sta registrando la nascita e il boom del fenomeno YouTube e dei cosiddetti Ugc, gli ‘users generated content’, i contenuti autoprodotti dagli utenti stessi della Rete.
«La vera novitàdi questi ultimi mesi è che questo universo dei contenuti autoprodotti sta ormai uscendo dal suo ambito originario di fenomeno sociale, quasi poco più che di costume, e sta cominciando ad assumere i connotati di un mercato vero e proprio», spiega Augusto Preta, direttore generale di ItMedia Consulting che proprio oggi pubblica un rapporto dal significativo titolo ‘The Creative Industry: Iptv, User Generated Content and Social Networks’.
Uno studio che mette assieme i risultati economici raggiunti sul mercato europeo dalle due diverse modalitàdella ‘broadband tv’ la tv che arriva nelle case degli utenti grazie ai nuovi collegamenti Internet a banda larga: la Iptv e la Web Tv.
«Di fatto la banda larga può essere il prossimo ‘mezzo’ di distribuzione dei contenuti video e il crescente interesse degli investitori pubblicitari lo dimostra - continua Preta - noi prevediamo che gli investimenti pubblicitari sul Web del mercato dell’Europa Occidentale passeranno dai 5,9 miliardi di euro del 2006 agli 11,4 del 2010. All’interno di questi valori generali, abbiamo stimato che nel 2006 gli investimenti pubblicitari legati alla Web tv, ossia i portali di distribuzione di contenuti video autoprodotti, tipicamente YouTube, MySpace e gli altri, hanno generato ricavi per 180 milioni di euro, il 3% del totale del mercato Internet. Ma la loro crescita saràmolto più rapida nei prossimi anni. E ci attendiamo che nel 2010 arriveranno a rappresentare ben il 18% del mercato, per un valore stimabile sui 2 miliardi di euro».
Questa crescita tumultuosa degli Ugc crea però un problema al mondo delle telecom, che sta invece puntando con decisione su un modello di business diverso: quello basato non sulla pubblicitàpagata dagli inserzionisti, ma finanziato direttamente dagli utenti o attraverso un abbonamento (è il modello pay tv) o pagando di volta in volta (è il modello della payperview).
Secondo il rapporto di ItMedia, il modello Pay tv continueràa crescere nei prossimi anni.
E i 12,2 miliardi di euro che rappresentano oggi il fatturato totale europeo (Europa Occidentale) diventeranno 22,5 miliardi nel 2010, con una crescita media annua di poco superiore al 16%. Ma la maggior parte di questa crescita avverràancora grazie alla Pay tv ‘tradizionale’: il satellite, il digitale terrestre e via cavo. Il contributo che arriveràdalla broadband tv saràsì crescente, ma alla fine di quei 22,5 miliardi ne porterà2,6, circa un 12%.
Anche dentro la stessa crescita della tv a banda larga ci sono poi velocitàdiverse. La componente più ‘tradizionale’, per così dire, ossia la Iptv propriamente detta (dunque i ricavi da abbonamenti) passeràdai 374 milioni del 2006 ai 1.116 del 2010. In pratica si triplica.
Cresceranno invece più rapidi, quadruplicandosi, i ricavi del videoondemand: dai 292 milioni attuali ai 1.223, diventando la prima voce di entrata in assoluto all’interno della broadband tv.
Insomma, se si guarda alle percentuali, la crescita è tumultuosa, ma se alla fine si fanno le somme degli euro incassati, è parecchio più difficile parlare di un vero boom. E questo è il dato che può indurre i mercati a ripensare il modello di business da costruire attorno alla tv a banda larga.
I valori odierni scontano la fase di avvio della Iptv, una diffusione non ancora da mercato di massa degli accessi superveloci ad Internet, e soprattutto il fatto che tutti i maggiori protagonisti del settore stanno arrivando solo ora o sono partiti da poco. Telefonica ha lanciato Imagenio, la sua broadband tv formalmente da quasi due anni, ma è ora che sta accelerando. France Telecom è partita circa un anno fa. Deutsche Telekom è ancora in una fase di avvio; Bt Vision è partita a fine dicembre e anche la Alice Home Tv di Telecom Italia non ha ancora alle spalle il suo primo anno di vita completo. Ma se nonostante tutto questo alla fine del 2010, ossia tra quattro anni, la situazione saràquella ipotizzata da It Media, non si potràdire che ci saràstata una rivoluzione.
La rivoluzione potrebbe invece arrivare dalla Web tv e dai contenuti autoprodotti.
La differenza tra Iptv e Web tv, in sintesi, è in questo: la Iptv è un servizio di immagini di tv ad alta qualità, con una connessione a banda larga garantita dall’Internet Provider, che fa arrivare in casa degli utenti un numero di canali ampio ma comunque non illimitato.
E’, in sintesi, la tv di oggi che passa dall’etere al cavo telefonico. Si vede bene perché non si va nel mare aperto di Internet: si resta in una connessione chiusa e protetta (ciascuno con il suo provider) ma proprio per questo di alta qualità.
Si potranno vedere film, spettacoli ed eventi trasmessi da un palinsesto (più o meno come la Sky vista oggi dagli utenti di Fastweb) oppure si potranno scegliere eventi payperview, come le partite di calcio o i concerti. O scegliere contenuti da una ‘library’, così come oggi si noleggia un film dal negozio sotto casa (che è il video on demand propriamente detto).
L’alternativa a tutto questo è andare su Internet e cercare nella vasta offerta di portali video, come YouTube, Google Video, MySpace o Yahoo Video, per vedere cosa offre la Rete o magari proprio per cercare, per esempio, una clip musicale.
La qualitàè bassa, sia per la fattura stessa dei video autoprodotti (ma ci sono sempre più contenuti di origine ‘professionale’, messi in rete dalla pubblicitào da produttori minori e qualche volta anche dalle stesse major) e sia perché andando sulla Grande Internet la qualitàdella connessione peggiora, dipende da dove capita di passare.
Qui però gli utenti non pagano nulla. Ma poiché ognuna di queste grandi raccolte di video viene organizzata da un portale e ogni video è all’interno di una ‘pagina Web’ si può inserire pubblicità.
Senza contare poi le informazioni sui gusti e le scelte di ogni utente che un motore di ricerca come Google può ricavarne per confezionare messaggi pubblicitari personalizzati.
Secondo ItMedia la pubblicitàsu Internet in Europa entro il 2010 saràpoco meno che raddoppiata, dagli attuali 5,9 miliardi ad 11,3.
Nel frattempo la pubblicitàderivante dalla distribuzione di contenuti video attraverso i portali del social networking avràfatto un gigantesco balzo in avanti. Secondo le stime di ItMedia di qui al 2010 si saràquintuplicata a livello mondiale (da 1.192 a 5.841 milioni di euro) ma si saràpiù che moltiplicata per 10 in Europa, che sta partendo in ritardo e passeràpassando dagli attuali 178 milioni ad oltre 2 miliardi.
Un trend di crescita a tre cifre che ricorda quello dei tempi della bolla, ma che, alla fine, porteràla pubblicitàsui portali dei contenuti autoprodotti a valere il 18% del totale del mercato pubblicitario Internet europeo e quindi più o meno ad eguagliare i ricavi della Iptv.
Sono numeri promettenti. E non è un caso che a guardarli siano proprio quei soggetti che hanno costruito i loro business plan sulla pubblicità, ossia i network tv tradizionali. Lo scorso settembre in Germania ProSieben è entrata nel settore prendendo il 30% di MyVideo.de, un portale tedesco di video sharing. In Italia la stessa Mediaset ha annunciato che avvieràun progetto di Web tv il 2007.
Che il modello di business basato sulla pubblicitàsia in questa fase quello più promettente è infine dimostrato anche da un particolare, piccolo ma non secondario. Sta crescendo l’offerta di video-on-demand free, ossia la possibilitàdi scaricare contenuti video di qualitàsenza pagare alcunché ma con all’interno delle inserzioni pubblicitarie.
D’altra parte in Usa la Nielsen ha appena certificato che anche gli utenti che usano TiVo, il videorecorder digitale che permette di vedere i programmi registrati cancellando la pubblicità, non saltano tutti gli spot: ne vedono ben il 30%.
E le telecom e quanti seguono il modello Iptv dovranno tenerlo ben presente quando si tratteràdi decidere i nuovi investimenti
Stefano Carli
per "La Repubblica - Affari e Finanza"
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