Possibile? Certo, se si guarda solo alla posizione di mercato consolidata dalla rete televisiva La 7, con poco più del 2 per cento di ascoltatori, la vicenda Telecom pare avere un risvolto televisivo pressoché trascurabile.
E l'altra rete televisiva del gruppo telefonico, la storica Mtv dei video musicali, che pure produce ancora utili, non è più considerata strategica da nessun osservatore. Anche il resto del pacchetto mediatico targato Telecom, cioè le attività sul digitale terrestre con il canale giovanilistico quale Qoob e altro, nonché l'agenzia di stampa Apcom, non sembra poter essere l'oggetto di grandi appetiti politici o editoriali.
E allora perché invece la vicenda Telecom rischia di essere decisiva per il sistema televisivo e dell'informazione italiani?
Ovvero un mercato su cui l'ipoteca Telecom, con Alice così affermata, appare decisamente non cancellabile. E non è solo una visione da scenaristi, quella di immaginare un futuro abbastanza immediato in cui gli spettatori compreranno i programmi televisivi via Internet.
E' già partita la corsa miliardaria dei grandi gruppi multinazionali verso i vari YouTube, MySpace e quant'altro un domani possa trasformarsi in canale privilegiato per distribuire i cosiddetti «contenuti».
In fondo, la crociera di quest'estate di Tronchetti con il magnate australiano Murdoch, che sembrava poter sbloccare a sorpresa la situazione Telecom, aveva per oggetto esattamente la convergenza possibile tra l'attuale televisione a pagamento, che è concentrata nella piattaforma satellitare di Sky, e quella prossima ventura via Internet.
E' la stessa identica richiesta che fa oggi Mediaset alle banche per entrare nell'azionariato Telecom, e ora con la forza in più che viene dal controllo dei format Endemol.
Insomma, ben aldilà del risvolto patriottico, la mossa di Berlusconi va intesa come in più occasioni i figli Marina e PierSilvio hanno lasciato capire, alludendo a non meglio specificate «sinergie possibili con Mediaset»: l'interesse è sia di partecipare ad un' eventuale futura società delle reti, con tutto l'hardware del sistema dentro, sia soprattutto di mettere il cappello sull' esclusiva della distribuzione di contenuti televisivi via Alice e quindi di rafforzare così in prima battuta la posizione sul mercato degli acquisti dei programmi.
Il primo passaggio riguarderà comunque di certo La 7, Mtv e le altre attività di Telecom Italia Media. Gli spagnoli di Telefonica, dopo la dismissione di Endemol, non hanno più nessun interesse strategico per il mercato televisivo, men che meno per una partita così rischiosa e onerosa come quella del fantomatico terzo polo in Italia.
I conti spaventano un po' tutti quelli che hanno studiato il dossier La 7, che però gode di un indiscusso prestigio, grazie a personaggi del calibro di Giuliano Ferrara, Gad Lerner e Daria Bignardi.
Si sente persino parlare di un clamoroso ritorno al passato, sotto l'egida di un nuovo asse Colaninno-De Agostini, e molti ricordano che la trasformazione in La 7 fu opera proprio della proprietà che, per qualche mese, sotto impulso di Lorenzo Pellicioli, cercò di farsi largo con grandi ambizioni.
In tutti i modi, qualunque sia la soluzione, per La 7 come per la futura distribuzione dei contenuti televisivi via Alice, la vicenda Telecom può riaprire lo scontro politico-imprenditoriale sul sistema dei media, oppure risolversi inevitabilmente con un accordo stile «grosse koalition».
Una sorta di grande spartizione politica, dai risvolti non proprio limpidi sotto il profilo della libertà di concorrenza, ma tutto sommato inattaccabile purché accontenti un po' tutti i grandi attori della scena italiana.
Paolo Martini
per "La Stampa"