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Sulla tv via Internet la prossima battaglia

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Fonte: La Stampa

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Internet e Tv
  mercoledì, 16 maggio 2007
 00:00

Non finisce certo con la questio­ne dei programmi Rai targati Endemol il nuovo «conflittino» d'interessi di Berlusconi jr. Dopo la conquista della casa di produzione multinazionale, la guerra mediatica torna dentro i nostri confini e precisa­mente si allarga di nuovo alla Tele­com.

Possibile? Certo, se si guarda so­lo alla posizione di mercato consolida­ta dalla rete televisiva La 7, con poco più del 2 per cento di ascoltatori, la vi­cenda Telecom pare avere un risvolto televisivo pressoché trascurabile.

E l'al­tra rete televisiva del gruppo telefoni­co, la storica Mtv dei video musicali, che pure produce ancora utili, non è più considerata stra­tegica da nessun osservatore. Anche il resto del pacchetto mediatico targa
to Telecom, cioè le attività sul digita­le terrestre con il canale giovanilistico quale Qoob e altro, nonché l'agenzia di stampa Apcom, non sembra poter es­sere l'oggetto di grandi appetiti politi­ci o editoriali.

E allora perché invece la vicenda Telecom rischia di essere decisiva per il sistema televisivo e dell'informazione italiani?
In ballo ci sono sia la possibilità, con enormi investimenti, di rompere sul breve periodo il duopolio Rai-Mediaset, sia soprattutto la grande parti­ta del futuro della cosiddetta Iptv, la televisione via Internet.

Ovvero un mer­cato su cui l'ipoteca Telecom, con Ali­ce così affermata, appare decisamente non cancellabile. E non è solo una visio­ne da scenaristi, quella di immaginare un futuro abbastanza immediato in cui gli spettatori compreranno i program­mi televisivi via Internet.

E' già partita la corsa miliardaria dei grandi gruppi multinazionali ver­so i vari YouTube, MySpace e quant'altro un domani possa trasformarsi in ca­nale privilegiato per distribuire i cosid­detti «contenuti».

In fondo, la crociera di quest'estate di Tron­chetti con il magna­te australiano Murdoch, che sembrava poter sbloccare a sorpresa la situazio­ne Telecom, aveva per oggetto esatta­mente la convergenza possibile tra l'attuale televisione a pagamento, che è concentrata nella piattaforma satellita­re di Sky, e quella prossima ventura via Internet.
Murdoch, com'è noto, per entrare nella scatola di controllo della società telefonica italiana, chiedeva solo la con­dizione di essere esclusivista dei «con­tenuti» televisivi a pagamento anche su Alice.

E' la stessa identica richiesta che fa oggi Mediaset alle banche per entrare nell'azionariato Telecom, e ora con la forza in più che viene dal controllo dei format Endemol.

Insom­ma, ben aldilà del risvolto patriottico, la mossa di Berlusconi va intesa come in più occasioni i figli Marina e PierSilvio hanno lasciato capire, alludendo a non meglio specificate «sinergie possi­bili con Mediaset»: l'interesse è sia di partecipare ad un' eventuale futura so­cietà delle reti, con tutto l'hardware del sistema dentro, sia soprattutto di mette­re il cappello sull' esclusiva della distri­buzione di contenuti televisivi via Alice e quindi di rafforzare così in prima battuta la posizione sul mer­cato degli acquisti dei programmi.

Il primo passaggio riguarderà comunque di certo La 7, Mtv e le altre at­tività di Telecom Italia Media. Gli spa­gnoli di Telefonica, dopo la dismissione di Endemol, non hanno più nessun interesse strategico per il mercato televisi­vo, men che meno per una partita così rischiosa e onerosa come quella del fan­tomatico terzo polo in Italia.

I conti spaventano un po' tutti quelli che han­no studiato il dossier La 7, che però go­de di un indiscusso prestigio, grazie a personaggi del calibro di Giuliano Fer­rara, Gad Lerner e Daria Bignardi.

Si sente persino parlare di un clamoroso ritorno al passato, sotto l'egida di un nuovo asse Colaninno-De Agostini, e molti ricordano che la trasformazione in La 7 fu opera proprio della proprietà che, per qualche mese, sotto impulso di Lorenzo Pellicioli, cercò di farsi largo con grandi ambizioni.
Ma è più probabile che si profili una soluzione  anomala del caso La 7, con una sorta di affidamento in gestione a un editore terzo del­la rete dalla storia co­sì tormentata, maga­ri alla Rcs-Corriere della Sera, dove si ri­trova peraltro gran parte dello stesso nu­cleo di azionisti italia­ni di Telecom.

In tut­ti i modi, qualunque sia la soluzione, per La 7 come per la futura distribuzio­ne dei contenuti televisivi via Alice, la vicenda Telecom può riaprire lo scon­tro politico-imprenditoriale sul siste­ma dei media, oppure risolversi inevi­tabilmente con un accordo stile «gros­se koalition».

Una sorta di grande spar­tizione politica, dai risvolti non proprio limpidi sotto il profilo della libertà di concorrenza, ma tutto sommato inat­taccabile purché accontenti un po' tut­ti i grandi attori della scena italiana.

Paolo Martini
per "La Stampa"

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