Una serata assolutamente speciale ha illuminato il Teatro Comunale Verdi di Gorizia, trasformato per un giorno negli studi di Sky TG24. Il vicedirettore di SkyTG24, Omar Schillaci, ha aperto il talk definendola un evento unico, portando sul palco un format di Sky Sport con il «probabilmente più grande storyteller sportivo che abbiamo in Italia» Federico Buffa, e un «pezzo di storia del calcio italiano» originario proprio di quelle terre: il mister Fabio Capello.
Schillaci ha introdotto con entusiasmo il direttore di Sky Sport, Federico Ferri, che a sua volta ha accolto sul palco Federico Buffa e Fabio Capello, salutati da un caloroso applauso. Ferri ha sottolineato come lo sport sia una «lingua universale» che racconta «storie vere» capaci di emozionare e tramandarsi di generazione in generazione. La serata, intitolata «Federico Buffa Talks» in edizione live, ha avuto un significato particolare in quanto inserita nel contesto di Gorizia e Nova Gorica capitali europee della cultura 2025.
Buffa ha subito sottolineato il legame profondo di Capello con la sua terra, Pieris, frazione di San Canzian d’Isonzo, chiedendogli cosa significasse per lui essere «bisiaco» e cosa avesse portato con sé partendo a 15 anni. Capello si è definito orgogliosamente parte del Friuli Venezia Giulia e bisiaco, evidenziando la tenacia e la mentalità di chi non si arrende mai, tipica di quella gente abituata a lavorare la terra e, quando necessario, a emigrare. «Io ho fatto l'immigrante di lusso, voi avete fatto gli immigranti veri, però c'è la radice che ti richiama e siamo tornati in questa terra» ha affermato con un tono che ha toccato il cuore del pubblico.
Il confine, tema centrale per Gorizia, è stato affrontato da Buffa, che ha raccontato episodi toccanti di divisioni territoriali e del desiderio umano di rimanere legati al luogo di nascita. Capello ha condiviso un ricordo personale legato al confine, confessando la paura provata da bambino nel periodo in cui si temeva che Trieste potesse passare alla Jugoslavia. «Questa è una cosa che mi è rimasta dentro, questo timore ogni volta che attraverso Risano e dico sono ancora in Italia» ha rivelato. Nonostante ciò, ha espresso la sua gioia nel tornare in quei luoghi, sentendosi profondamente legato all'Isonzo, «la piscina del paese» della sua infanzia. Il racconto è poi scivolato sull'importanza del calcio a Pieris, un paese che ha prodotto ben quattro nazionali. Capello ha ricordato con affetto suo padre, maestro elementare e appassionato di tecnica calcistica, che gli ha trasmesso preziosi insegnamenti. La sua è stata descritta come una «storia un po' americana» di un uomo partito da un piccolo paese e arrivato sul tetto del mondo del calcio. Capello ha però precisato l'importanza dello zio materno, giocatore in nazionale, come ulteriore figura di riferimento.
Non è mancato un accenno alla «fortuna» negli incontri che hanno segnato la sua carriera, come quello con Gaucci che lo portò a telefonare a Sensi per approdare alla Roma. Tuttavia, Capello ha sottolineato come l'occasione vada sempre sfruttata con «capacità e intuizione», ricordando i suoi «no» all'Inter. Il suo primo vero viaggio legato al calcio fu per andare alla Spal a Ferrara. Capello ha raccontato i suoi inizi, quando i giocatori erano quasi «merci di scambio». Ha ricordato l'interessamento del Milan, svanito per la parola data alla Spal. L'importanza dell'istruzione, voluta fortemente dai suoi genitori maestri, è emersa nel racconto dei suoi primi anni a Ferrara, dove studiava da geometra. Commovente il ricordo della visita del padre a Ferrara e della sua semplice ma potente esortazione: «Fabio provaci». La serata è stata un susseguirsi di aneddoti, come quelli legati ai provini di Paolo Mazza alla Spal, alla sua esperienza come responsabile delle polisportive del Milan volute da Berlusconi, e al corso da dirigente d'azienda che lo stesso Berlusconi gli fece frequentare. Capello ha condiviso i preziosi insegnamenti ricevuti dai suoi maestri, Herrera, Liedholm e Fabri, sottolineando l'importanza della tecnica nel calcio giovanile.
Non poteva mancare un focus sulla sua carriera da allenatore, con Buffa che ha tratteggiato un ritratto di Capello calciatore come un giocatore soprattutto «intelligente» capace di leggere le partite. La differenza tra il Milan di Sacchi e quello di Capello è stata analizzata, con quest'ultimo più attento a non concedere profondità agli avversari. Capello ha ricordato la delusione della finale persa con l'Ajax e la «soddisfazione» provata ad Atene con la vittoria della Champions League.
Tra i momenti più emozionanti, il racconto del gol di Wembley con la maglia azzurra, dedicato ai «20.000 camerieri» italiani emigrati, simbolo di patriottismo e riscatto. Capello ha ammesso di aver avuto spesso l'impressione di essere un «allenatore in campo». L'esperienza alla guida dell'Inghilterra ha offerto spunti sulla sua integrità e autonomia, culminate con le sue dimissioni per non accettare interferenze sulla scelta del capitano. Aneddoti divertenti hanno riguardato le sue esperienze al Real Madrid con giocatori come Ronaldo e Cassano. Parlando del calcio attuale, Capello ha espresso la sua nostalgia per un calcio più spettacolare, criticando l'eccessivo possesso palla.
In chiusura, si è tornati al concetto del «provaci» del padre, non riferito al calcio ma allo studio, come esortazione a dare il massimo nella vita. Per Fabio Capello, «provaci» è stato unito al «rispetto», valore fondamentale che ha sempre preteso da giocatori e staff. La serata si è conclusa con un caloroso applauso per Capello, un figlio di quella terra che, provandoci sempre con rispetto, ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio.
Simone Rossi
per "Digital-News.it"
(twitter: @simone__rossi)
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