Martinelli, il regista degli eroi: 'Prima Barbarossa, poi Gli angeli del fango'
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Libero
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Televisione
mercoledì, 13 agosto 2008 | Ore: 00:00

Martinelli, come le è venuta l'idea di fare un film sul Carroccio e Alberto Da Giussano?
«Semplicemente durante una conversazione tra amici, a Milano, vicino all'Arengario, quello che fu distrutto da Barbarossa. Ci siamo detti: nella nostra storia e'è questo avvenimento glorioso della battaglia di Legnano, come mai nessuno ha mai pensato di farci un film sopra...?».
Nessuno ci ha mai fatto un film, però tutti abbiamo letto a scuola la poesia di Carducci. Dove il cattivo della situazione era l'imperatore Federico Barbarossa...
«No, qui Barbarossa non è cattivo, è solo un sovrano che ha una sua idea dell'Europa. Lui vorrebbe ricreare un impero come quello di Carlo Magno. E quindi non riesce a capire lo spirito di libertà e d'indipendenza che anima quel gruppo di province lombarde. La realtà di queste città, che si sono scelte da sole i loro governanti, è qualcosa che lui non potrà mai comprendere. E difatti non la comprende. Dopo Legnano, Federico è un uomo vecchio, distrutto. Non dimentichiamo che al momento della battaglia ha già cinquant'anni, un'età alla quale arrivavano pochi dei suoi contemporanei. Per questo ho scelto Rutger Hauer, che ha quell'aria di sopravissuto...».
Rutger Hauer, va bene, ma l'ex modello Raz Degan nella parte di Alberto da Giussano forse non sarà gradito a qualche leghista...
«Per il ruolo io non potevo scegliere un attore che non sapesse cavalcare, lottare, tirare di scherma. Ma a Degan non ci ho pensato finché non l'ho visto in "Centochiodi", di Olmi. Dove rivela un'interiorità insospettata...».
Che parte ha il premio Oscar Murray Abrahms?
«Abrahms, che è mio grande amico, è l'unico vero "cattivo" della storia. È il siniscalco Barozzi, delegato dell'imperatore a Milano, È un lombardo come Alberto Da Giussano, ma tradirà i suoi compatrioti. Il suo, del resto, non fu un caso raro, a quel tempo. In realtà, la rivolta la fecero in tutto, novecento giovanotti lombardi, quelli che costituirono a Legnano la compagnia della Morte...».
È vero che il film è costato 20 milioni di euro?
«Oh, di più. Finora il budget è arrivato a 30 milioni di dollari».
Chi glieli ha dati, il ministero dello spettacolo?
«Neanche un euro. No, la fetta più grossa l'ha versata Rai Cinema (la Rai, oggi in Italia, è il produttore più danaroso e dispendioso che ci sia). Ma poi hanno hanno contribuito produttori di sei paesi diversi».
Ma lo sapevano i paesi diversi di finanziare un film leghista?
«Ci risiamo col film leghista. Guardi che al di là delle Alpi, il partito di Bossi non sanno nemmeno che esiste».
RaiCinema vuol dire che la destinazione di "Barbarossa" è televisiva?
«Anche. Però il film (che sarà diventato nel frattempo uno sceneggiato a puntate) il pubblico tv lo vedrà solo nel 2010. Prima deve passare al cinema, il prossimo anno».
Come mai tempi così lunghi?
«Il fatto è che avevo a disposizione un cast intemazionale, quindi l'operazione di doppiaggio risulta molto laboriosa. Hauer è olandese, Kasia Smutniak (che fa l'innamorata dì Raz Degan) è polacca. Abrahms è inglese. E Cecile Cassel (cognata di Monica Bellucci), francese, come la sposa-bambina di Barbarossa».
Il film si chiude con la battaglia di Legnano e si apre con la distruzione della città voluta da Barbarossa un anno prima. Perché le scene non le ha girate sui luoghi veri detrazione?
«Perchè i luoghi veri non esistono più da un pezzo. E se esistessero sarebbe stato enormemente più costoso. La Romania, ormai è il posto ideale, non solo per me, ma per chiunque. Pure gli americani, pure Francis Ford Coppola se decide di fare un film in costume, è costretto a trasferirsi a Bucarest».
È vero che il suo prossimo film lo vuole girare a Bucarest anche se non sarà un kolossal?
«Certo, Per "Barbarossa" mi hanno costruito una scena gigantesca, due volte lo stadio di San Siro. Perchè smantellarla? La utilizzerò per ricreare la Firenze del 1966, quella dell'alluvione...».
Un altro film dedicato a una catastrofe, come il suo precedente "Vajont" (la sua cosa migliore). Sarà anche questa un'opera polemica, andrà a scavare sulle responsabilità del disastro?
«No, questo, come "Barbarossa", sarà un film di eroi. Forse lo chiamerò "Gli angeli del fango". Gli angeli sono quelle decine di "capelloni" che arrivarono a Firenze nei "days after" per cercare di salvare i capolavori dell'arte dalla fiumana di fango. Allora i capelloni dalla maggior parte delle persone erano considerati parassiti, perdigiorno, mezzi delinquenti. E invece a Firenze arrivarono per un nobile scopo e senza pretendere una lira di compenso...».
Giorgio Carbone
per "Libero"
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