La frenesia dell'Auditel?
Una vera follia, soprattutto quando è il servizio pubblico a rincorrere la tv commerciale per qualche spettatore in più.
La fiction?
Non esageriamo, altrimenti la si distrugge.
I personaggi che più ammiro della Mediaset?
Mentana e Gerry Scotti.
Biagio Agnes ex eminenza grigia di viale Mazzini che ha gestito per lunghi anni la Rai negli anni '80, parla a tutto campo non solo della crisi di contenuti in cui versa l'azienda, ma anche di quali, a suo parere, potrebbero essere i metodi per risollevarla dalla crisi in cui versa.
Cominciamo da Raiuno: le sembra giusto che la rete per eccellenza del servizio pubblico debba adeguarsi alle leggi dell'audience a tutti i costi?
«Sono stato io, insieme a Berlusconi, ad ideare le strategie dell'Auditel che avevano un senso in quel determinato momento storico e tenevano sempre presente la qualità dei programmi. Era tuttâaltra cosa dallo sfruttare lâAuditel per realizzare brutti programmi, come invece si fa oggi. Trincerarsi dietro lâAuditel è una vera follia».
Eppure si chiudono trasmissioni dopo una sola puntataâ¦
«Sbagliato. Câè bisogno di nuove idee allâinterno della Rai per riformare un laboratorio creativo. Câè bisogno di cultura, intelligenza e di una buona scuola formativa. Elementi che un tempo esistevano. Soprattutto bisognerebbe eliminare i format che dallâestero vengono adattati per lâItalia».
Compresi i reality show?
«Compresi. Non è bello che la gloriosa cara Rai abbia inseguito Mediaset persino su Il Grande Fratello, oltre che sui peggiori programmi».
C'è però qualcosa della tv commerciale che lei salva.
«Mentana è un ottimo professionista, come Bruno Vespa lo è per la Rai. E Gerry Scotti fa intrattenimento intelligente».
Se potesse li porterebbe via da Mediaset?
«Piuttosto farei ritornare in Rai i personaggi che lâhanno recentemente abbandonata».
Ma qual è la causa della crisi di viale Mazzini?
«Certamente la gestione dei cosiddetti Professori agli inizi degli anni â90. Con tracotanza ed ignoranza, per voglia di demagogia, hanno depauperato lâazienda delle migliori risorse umane innescando un processo di progressivo degrado. Un esempio per tutti: il benservito dato a Tito Stagno. Da allora è successo di tutto».
Câè una speranza di rinascita?
«Sono certo che lâazienda ha ancora la potenzialità di riscuotersi. Se solo la smettesse di inseguire la tv commerciale e chiamasse a raccolta i suoi uomini migliori. Si mettano da parte rancori, diversità e politica e si tenti tutti insieme di superare lo stato di emergenza. Câè bisogno di un nuovo patriottismo Rai».
Ma come si può fare a meno della politica?
«Viale Mazzini ha sempre guardato al Palazzo ma lâazienda non ne è mai stata schiava».
Neanche nel periodo della cosiddetta lottizzazione?
«Neanche. Quella era una lottizzazione scientifica: ci venivano proposti fior di professionisti e noi sceglievamo in base ai meriti. Tutte le persone da me assunte sono diventate punti di riferimento in Rai, anche nellâinformazione».
Oggi si parla addirittura di informazione in ginocchio dinanzi al potere. Che ne pensa?
«Io dirigo la scuola di giornalismo di Salerno e sono il presidente del premio Ischia che ogni anno cerca di individuare le professionalità più attive ed indipendenti in tv e nella carta stampata. Ritengo che oggi rispetto al passato ci sia nei responsabili dellâinformazione una maggiore presa di coscienza e più coraggio. Le svelo poi che secondo me il giornalismo in ginocchio câè sempre stato, ma oggi la pluralità dei mass media ed Internet lo hanno reso molto più difficile».
Ma la Rai è davvero capace di adeguarsi ai tempi?
«Certo. Si dovrebbe però, pensare maggiormente alla formazione del pubblico e non far finta di pensare allâinformazione».
Marida Caterini
per "Il Tempo"