Povero Dr. House, a forza di curare i suoi pazienti, alla fine si è ammalato anche lui.
Da qualche settimana a questa parte non sembra infatti avere più la forza - mediaticamente parlando - che aveva un tempo: gli ultimi tre episodi inediti trasmessi hanno infatti registrato ascolti di poco superiori al 17% di share sul totale individui (sul target commerciale 15-54 anni la media è invece ancora superiore al 21%), oltre cinque punti percentuali in meno rispetto all'esordio su Canale 5, lo scorso ottobre, quando venne seguito dal 22,9% della platea televisiva.
Il telefilm è insomma tornato ai risultati che otteneva su Italia 1, ottimi per la rete giovane del gruppo Mediaset ma un po' deludenti per l'ammiraglia. Certo, i continui cambi di collocazione non devono aver aiutato - prima andava in onda di mercoledì, poi è stato spostato alla domenica, quindi al martedì, dopodiché è tornato alla domenica per riaffacciarsi infine di martedì - ma è un dato di fatto che il fenomeno House si è sgonfiato.
Ma quale strana sindrome ha colpito il dottore più scorbutico della tv? La stessa, probabilmente, di altre serie americane partite benissimo e andate via via calando. Prendiamo "C.S.I.": al suo debutto, nel 2003, il serial sulle indagini della Scientifica ha fatto registrare su Italia 1 il 14,66% di share media, l'anno successivo è scesa fino al 10,89% per poi risalire nel 2005 al 14,58%, ma da allora in poi il calo è stato inesorabile, dal 13,39% della quarta stagione al 12,18% della quinta, fino all'11,43% della sesta.
Un andamento simile a quello delle "Desperate housewives" di Raidue, partite con il 10,71% e scese poi al 9,47% nella seconda e all'8,93% nella terza. E che dire di "Lost"? Il telefilm sui sopravvissuti all'incidente aereo
fece registrare sulla seconda rete Rai un boom d'ascolti nel 2006 - il 14,84% di share, con un picco del 20% - precipitando però già l'anno dopo all'8,52%, per arrivare negli ultimi mesi al 7,62%. Che in questo caso abbiano contribuito a stancare i telespettatori i troppi enigmi disseminati lungo gli 85 episodi delle quattro stagioni del telefilm?
Non è da escludere, tanto che, stando a quanto rivela il sito Telefilm Cult (https://telefilmcult.blogspot.com/), gli autori stanno pensando ad un maxi-capitolo conclusivo destinato al cinema, che non potrà certo risollevare le sorti della serie ma almeno dovrebbe chiarire qualche mistero.
«Quando si analizzano gli ascolti bisogna considerare sempre la controprogrammazione», fa però notare Leo Damerini, autore con Chiara Poli dell'enciclopedia Garzanti "La vita è un telefilm", da ieri in libreria, «il 17-18% di "Dr. House", che è una serie tra virgolette difficile per il suo linguaggio raffinato, è comunque una scommessa vinta contro una fiction di più facile lettura, fatta apposta per il pubblico più anziano di Raiuno, come "Ho sposato uno sbirro". Negli altri casi ci sono invece state delle stagioni meno fortunate dal punto di vista della qualità, come la seconda delle "Desperate housewives", quindi i riflessi ci sono stati anche sugli ascolti. Infine, bisogna anche tenere presente che molti fan dei telefilm americani, soprattutto i più giovani, si scaricano le puntate da internet, quindi non si può valutare il successo di una serie solo dall'Auditel».
Bene, tutto questo ci rassicura. Vuol dire che la malattia del "Dr. House" non è poi così grave.
Donatella Aragozzini
per "Libero Quotidiano"
(01/5/08)