La legge Gasparri ha cancellato la normativa sulle reti eccedenti l'antitrust e l'occupazione "di fatto" delle frequenze. Un operatore può avere anche tre o più reti nazionali, purché rispetti il limite del 20% dei programmi analogici e digitali. Europa 7 è priva di qualsiasi titolo che la legittimi ad operare: la sua azione di risarcimento danni è da considerare «inammissibile».
E quanto sostiene, tra l'altro, l'Avvocatura generale dello Stato che r.appresenta oggi il ministero delle Comunicazioni davanti al Consigliò di Stato nella sua memoria. Si tratta dell'udienza sulla causa intentata da Europa 7 contro il ministero e l'Autorità per le comunicazioni, arrivata all'atto finale, dopo che la Corte di giustizia europea ha giudicato contraria alla normativa comunitaria l'allocazione delle frequenze in Italia.
Nella causa interviene con una memoria anche Mediaset, che non è controparte di Europa 7 in questo giudizio ma in quello sulla legittimità dell'abilitazione rilasciata a Rete 4, sempre in discussione davanti al Consiglio di Stato. Le tesi di Mediaset sono le stesse dell'Avvocatura di Stato. Il che può essere una coincidenza. Se non che intere "parti" delle due memorie sono identiche, parola per parola, addirittura per intere pagine.
L'Avvocatura di Stato nega che la legge Gasparri, come sostiene Europa 7, si limiti a prorogare l'esercizio delle reti eccedenti l'antitrust (Rete 4 ed Tele+Nero, oggi D-Free). Non si tratta di «consolidamento dell'esistente bensì di un incentivo alla digitalizzazione delle reti». Le concessioni analogiche rilasciate nel '99 sono state prorogate nel 2005, dopo che l'Autorità per le comunicazioni aveva rilevato positivamente le condizioni prescritte dal decreto emanato dal governo Berlusconi alla vigilia del Natale 2003.
Non è chiaro come l'Autorità potesse "misurare" la copertura delle reti digitali esistenti. Copertura potenziale del segnale, ben diversa dalla sua ricezione effettiva nelle abitazioni. La proroga, allora, per l'Avvocatura di Stato, costituisce «un vero e proprio nuovo titolo abilitativo, interamente funzionale alla transizione al digitale».
Se di questo si tratta, non dev'essere rilasciato in base ai principi delle direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche? Europa 7, che aveva una concessione «senza concreto contenuto», «un titolo preferenziale» - non avendo «occupato» in precedenza le frequenze -non aveva diritto alla proroga della stessa.
La legge (Gasparri) la riserva solo a chi copre il 50% del territorio nazionale con il digitale. Europa 7, si sostiene, poteva acquistare le frequenze attraverso il trading previsto dalla legge 66 e ampliato dalla Gasparri. Si teorizza così un'asimmetria rovesciata: chi entra da zero in un mercato deve sottoporsi a una "tassa di entrata" a vantaggio dei soggetti esistenti, che quelle stesse frequenze avevano occupato senza assegnazione. Legittimo che lo sostenga Mediaset, paradossale che lo sostenga l'Avvocatura dello Stato.
L'occupazione "di fatto", comunque, è un residuo del passato, superata «da numerosi provvedimenti normativi», che hanno legittimato quanto accaduto dopo l'approvazione della legge Mammì, ovvero il Far West televisivo. E «le reti eccedenti hanno cessato di essere tali»: il nuovo limite antitrust è del 20% sul totale dei programmi analogici e televisivi nazionali. In attesa che venga calcolato e aggiornato dall'Agcom.
Al fondo di tutto, il fatto che «la diffusione del sistema digitale è di per sé capace di garantire il livello di pluralismo». Tesi da dimostrare con un'analisi di mercato che valuti il numero delle reti controllate per ciascun soggetto, quello degli impianti convertiti in digitale e i fatturati conseguiti nel digitale da ciascun operatore.
«Considerando il numero delle emittenti locali, il sistema televisivo italiano è senza dubbio uno dei più pluralisti d'Europa» si afferma nella memoria Mediaset. Non andrebbe tenuto conto della ripartizione delle risorse e delle dimensioni delle imprese televisive.
Nella memoria di Mediaset, infine, si ricorda come il Codice della comunicazione elettronica abbia recepito le direttive comunitarie. «I diritti d'uso sono concessi mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie», Quelli che si stanno assegnando in Sardegna a seguito dell'intesa raggiunta al tavolo comune ministero-Agcom-operatori rispettano tali procedure?
Marco Mele
per "Il Sole 24 Ore"