Mimun: ''L'informazione in tv? Sia più vicina alla gente''
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Il Messaggero
È un panzer, una corazzata, un gran passista. Ha cominciato, come è giusto cominciare, dal basso e si è cucito sul petto le greche più appetibili e appetitose. Clemente Mimun sa comandare perché ha saputo ubbidire. Il meglio di sé lo dà al timone di un vascello nella tempesta. Non ha mai fatto naufragio perché non ha mai sbagliato rotta. Se sia più invidiato o temuto, non so. E, forse, non lo sa nemmeno lui.
Il tuo debutto nel giornalismo?
Intervistai per l’agenzia Asca lo scienziato Robert White, che sperimentava il trapianto di testa fra scimmie, indignando animalisti e bioetici.
Debuttasti sulle spalle di chi?
Di nessuno. Mi offrì una chance Gianfranco Barberini, il fondatore dell’Asca, dove esordii con ben altre mansioni, e senza contratto. Veniva anche lui dalla gavetta.
Il tuo primo articolo?
Un pezzetto sull’Europeo dedicato ai politici e gli ufo. Interpellai anche Berlinguer, che non ne escluse l’esistenza.
I tuoi maestri?
Sono riconoscente solo alla mia maestra unica alle elementari, Emma Alatri. M’incoraggiò a scrivere quando avevo sei anni. W la maestra unica.
Fosti tu a scoprire la tivù o fu la tivù a scoprire te?
Fu una reciproca attrazione fatale.
Il tuo cursus honorum?
Primo articolo a diciotto anni; giornalista professionista a ventiquattro; capo degli speciali al Tg1 a trentasei; cofondatore e vicedirettore del Tg5 a trentotto; direttore del Tg2 a quarantuno, per otto anni; poi, al Tg1, per quattro anni e mezzo; quindi, a Rai parlamento. E ora rieccomi al Tg5.
Quanti anni hai passato in Rai?
Venti, giorno più, giorno meno.
Quanti in Mediaset?
Complessivamente, cinque.
Da quanto tempo sei al timone del Tg5?
Da quindici mesi. E con grande soddisfazione.
Cosa chiedi ai tuoi redattori?
Ricordo a me stesso e agli altri che siamo fortunati, facciamo un lavoro bellissimo, dobbiamo essere seri, coscienziosi, curiosi.
E i tuoi redattori cosa chiedono a te?
Mi appello alla convenzione di Ginevra… Scherzo, lavoriamo in armonia.
Chi ti mette i bastoni fra le ruote (se qualcuno te li mette)?
A Mediaset nessuno.
E in Rai?
Era un’altra musica.
Com’è cambiato il giornalismo negli ultimi vent’anni?
È cambiato tutto in tutti i campi.
In meglio o in peggio?
C’è ovunque troppa superficialità.
Ti piacciono i nostri telegiornali?
Sono da riformare profondamente. Internet dilaga, si comunica in mille modi, vanno evitati sprechi, occorrono più fantasia ed efficienza.
Come li vorresti i tigì?
Meno autoreferenziali, più proiettati verso gli interessi e i problemi della gente. C’è troppa cronaca nera, l’economia va spiegata meglio, la politica è indigeribile, non si colgono per tempo le nuove tendenze. I giovani si rivolgono altrove e, se non troviamo il modo per attirarli, il futuro sarà buio pesto.
Chi è il grande giornalista?
Quello che consuma le suole, è testimone diretto dei fatti, sa raccontarli in modo brillante.
E il grandissimo?
Chi non si ferma alle notizie, ma cerca, e trova, le storie.
Le star di ieri?
Pansa era un cronista politico fantastico.
E oggi?
È uno storico coraggioso.
Le star contemporanee?
Mi piacciono e, se potessi, li vorrei con me, Gramellini e Mura. Ferrara è fantastico.
E Feltri?
Un rullo compressore.
Quale Tg, oltre al tuo, vedi più spesso e volentieri?
Studio aperto. Poi, per affetto, Tg2 e Tg4.
Santoro: un pubblico ministero o un sanculotto ipertrofico?
Preferisco Minoli.
Assumeresti Floris? Se sì, cosa gli faresti fare?
Con Ruffini, allora direttore del Gr Rai, firmai senza esitare la sua nomina a corrispondente dagli Stati Uniti. Era, ed è, bravo. Gli farei fare inchieste.
Mentana: un cane sciolto o con un invisibile guinzaglio?
Un fuoriclasse sciolto.
Vespa: un persuasore occulto o solo un grande giornalista?
È un signor giornalista. Chi lo critica si vada a rivedere i suoi servizi agli esordi al Tg1.
(...)
C’è libertà oggi in Italia?
Assolutamente sì.
Chi ne abusa?
Molti, ma meglio una libertà esagerata a una qualunque dittatura.
La stampa è sempre il “quarto potere”?
Pensa di esserlo, ma sarà bene che si dia una mossa. Cresce la concorrenza e i giornali invecchiano ogni giorno di più.
Perché tanti conformisti nei mass media?
La parola d’ordine sembra essere “quieta non movere”. Ma, così, presto saremo tutti fuori mercato.
Nella cultura tira ancora aria di sinistra?
Che domanda retorica.
Ti fa gola la direzione della Rai?
Anche la guida della Nazionale.
Rifaresti il giornalista?
Non so fare altro. È ancora un mestiere fantastico. Meglio da inviato che da direttore.
per "Il Messaggero"