News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Digital-Sat (original)

Dalla ricerca, condotta dal CeRTA (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi) dell'Università Cattolica di Milano, è emerso che esiste una vera e propria crisi del prodotto telefilm con un unico genere "sopravvissuto", quello detto procedural o, più semplicemente, poliziesco. Appartegono infatti a questo genere il 66,7% delle serie trasmesse in Italia in prime time nell'ultima stagione. E anche gli ascolti non fanno ben sperare, con la media di share scesa fin sotto il 10% (9,8%).
Secondo Giorgio Buscaglia la scelta dei telefilm "procedural" è a monte: «Negli USA il filone del crime, quasi tutto targato CBS, è l'unico che soddisfa in pieno le attese, contrariamente a quanto fa invece il comedy, di sponda ABC, che va un po' più a rilento».
A rincarare la dose sulle strategie italiane ci pensa però Carlo Freccero: per il direttore di Rai 4 «le tv generaliste mancano di editorialità, che invece rappresenta la forza dei canali di casa Fox o Mediaset Premium». Non si può infatti confondere, ad esempio, Fox Life con Fox Crime, né è immaginabile che un prodotto seriale possa rimbalzare da una rete all'altra, come invece accade continuamente nei canali generalisti, privi di una identità distintiva: «la colpa è del coordinamento palinsesto che, anziché differenziare, uniforma». Sulla predominanza del genere procedural, Freccero ha efficacemente sintetizzato dicendo che il filone CBS, citato prima da Buscaglia, ha di fatto preso il posto di Derrick sulle generaliste.
Proprio nella via della differenziazione tra canali è il lavoro di Fabrizio Salini del gruppo Fox, che ha di recente dato vita ad un nuovo posizionamento per FX, dove adesso vengono collocate «le serie più sofisticate, differenti e meno viste». Ma ciò non è un problema perché quello che conta per loro non è il mero valore numerico ma la qualità del target.
Diverso il ragionamento di Luca Tiraboschi che ha risposto a Freccero ribadendo che «il coordinamento palinsesti in Mediaset funziona in modo efficace». Sulla crisi del telefilm le cause sarebbero da ricercare nel mutato scenario competitivo, poiché le reti che programmano serialità sono cresciute a dismisura (ancor più con il graduale passaggio al digitale), ma anche dell'usura cui è sottoposto il prodotto, che prima di arrivare alla generalista passa dal pay e dall'home video, e poi anche del download illegale. «Se quei 450-500mila spettatori che scelgono altre vie di visione tornassero alla generalista - riassume Tiraboschi - non parleremmo più di crisi ma anzi di una rinascita». Non esente da colpe anche la qualità stessa dei telefilm più recenti, non più all'altezza delle precedenti stagioni: «oggi sono tanti i titoli che scimmiottano le serie più riusciti, ma non basta essere tutti medici o poliziotti».
Concorde su quest'ultima considerazione si è mostrato Carlo Panzeri, vicedirettore di Rete 4, che ha usato la parola "ciclicità" per descrivere l'andamento del prodotto telefilm: «ci sono anni con tantissime serie interessanti e anni, come l'ultimo, senza titoli di spicco se non i nuovi episodi di serie già consolidate». Gli ascolti seguono questo ciclo, che può essere messo in discussione con la frammentazione del digitale che Panzeri giudica «vantaggiosa».
E un ruolo fondamentale può averlo il web, non solo visto come illegale: così ha parlato Laura Corbetta, intervenuta a nome di Bonsai Tv, rete con una «forte editorialità e legata ad un target ben preciso». Il web - ha ricordato la Corbetta - cambia il modo di fruire i contenuti, permettendo un accesso non lineare, ormai la norma per i più giovani che non aspettano il passaggio in tv ma lo ricercano loro stessi in rete. Sulla stessa linea anche Marco Leonardi, responsabile di Mediaset Premium, che vede gli sviluppo dell'Over The Top Television come il futuro di quella multicanalità messa in atto dal digitale: «la tv tutta sta cambiando e le reti generaliste saranno costrette a ripensare alla loro natura».
A completare il turno degli interventi Alberto Rossini che ha annunciato una piccola rivoluzione per i due canali del gruppo Digicast: «Lei da giugno non avrà più in programmazione telefilm, mentre Jimmy ormai in crisi di contenuti va ripensato in un'ottica basata sulla produzione». La necessità di queste mosse sono da ricercare nella scelta dei grandi gruppi editoriali di investire rispettivamente sulla seralità "femminile" (con la partenza dei nuovi canali La7D e La5) e su quella "vintage" (con la nascita di Fox Retro). Non è però escluso che ci si proietti verso nuovi mercati di serialità come l'Europa, «a meno che Fox non inventi Fox Europe...», ha ironizzato in conclusione Rossini.
Giorgio Scorsone
per "Digital-Sat.it"
Qui di seguito due interviste a Freccero e Tiraboschi
realizzate da Bonsai Tv per il canale Youtube del Telefilm Festival