Le tv locali sembrano giocare un nuovo ruolo. Non sono più imitazione dei network nazionali, ma si avviano a diventare vere e proprie âcomunità virtualiâ. A sostenerlo è Aldo Grasso, critico televisivo e attento studioso dei media, nellâinchiesta âLa tv del sommerso. Viaggio nellâItalia delle tv localiâ (Mondadori editore, 189 pp., 9,40 euro). âLe tv locali - afferma Grasso - fanno oggi quello che in passato avrebbero dovuto fare le sedi regionali della Rai e che invece non hanno mai fattoâ. Qualche anno fa il destino dellâemittenza locale pareva avviato a un inesorabile declino, a causa dei costi di gestione crescenti, alle scarse entrate pubblicitarie e alle difficoltà nellâacquisire frequenze.
Lâavvento della tv satellitare era vista come la pietra tombale del localismo. Invece, quasi per contrasto, âper una sorta di paura della globalizzazione, le tv locali hanno tratto nuova linfa da questa inaspettata contrapposizioneâ. Anzi, mentre la tv generalista vive una fase di stagnazione, lâemittenza locale ha raddoppiato, in un decennio, il suo fatturato pubblicitario. Il valore in termini di quota dâascolto delle tv locali è intorno al 6,6% nel giorno medio (un milione e mezzo di spettatori in valori assoluti). E ora si apprestano ad affrontare la nuova avventura del digitale terrestre. Come si spiega il prepotente ritorno alla tradizione, al dialetto, alle canzoni popolari, tipico delle tv locali? Una prima ragione è commerciale: câè un pubblico interessato a un simile repertorio. Una seconda e più profonda ragione è che âle tv locali sono la risposta alla paura del globaleâ. Inoltre, la programmazione di feste patronali, sagre, fiere paesane, offrono ricostruzioni fittizie del tempo andato ad uso degli anziani, nelle case di riposo e negli ospedali, e delle persone sole. Da questo punto di vista, osserva Grasso, âsvolgono unâimportante funzione socialeâ. Due i generi dominanti: in prima serata il talk show che affronta grandi temi politici, dopo mezzanotte il pornosoft. I talk show di provincia sono molto frequentati dai politici della zona perché spesso coprono esattamente lâarea del loro collegio elettorale. Lâimmaginario televisivo delle tv locali non teme il ridicolo. Prosperano imbonitori in lotta con la lingua italiana, maghi e indovine che promettono miracoli, cantanti ben oltre il viale del tramonto, danzatrici dallâabbondante cellulite. Il giornalismo locale è la grande occasione mancata. Oggi si tenta con la âstreet tvâ un recupero della dimensione informativa. Povere di mezzi, basate sulla buona volontà , le tv di strada (o tv di quartiere) nascono per rappresentare piccole comunità : ciascun cittadino dovrebbe rivestire un ruolo propositivo e creativo. Una promessa analoga viene dalla tv via internet. Aldo Grasso è graffiante quando rileva che i palinsesti delle tv locali sono affini a quelli dei network nazionali. Il che ovviamente âè occasione di disdoro per Rai e Mediasetâ. E se Mediaset ha la scusante dâessere unâimpresa commerciale; la Rai è ancora un servizio pubblico, âlo strumento attraverso cui uno Stato moderno esprime un progetto editoriale e non rincorre solo il peggio dellâAuditelâ. Lâaffermazione delle tv locali (circa 600 in Italia) si deve ad almeno due ragioni, una sociologica e lâaltra linguistica. La tv locale assicura legami âumaniâ in una società sempre più fluida (ci si riconosce nei protagonisti âdella porta accantoâ, si impara da loro a condividere problemi e a negoziare i confini tra pubblico e privato). Inoltre, grazie al reality show, genere dominante dellâattuale programmazione, âsi cerca di traghettare storie di gente comune dallâanonimato, dove vivacchiano, alla ribalta del video, dove esplodonoâ. Il reality, commenta Grasso, âè un genere âglobalâ che nasce dal basso, cioè dal âlocalâ, e al locale tutto riconduceâ. Per questo, paradossalmente, il satellite e la globalizzazione hanno rimesso in gioco le tv locali: senza il locale non câè il globale. Infatti, molte tv locali puntano ormai sul satellite per conquistare le comunità di emigranti, degli italofoni di seconda e terza generazione.
Pasquale Rotunno
per "Avanti.it"